Ed ecco che mi ritrovavo davanti alla scuola per la giornata dei professionisti, come avevo detto al preside.
Io che accoglievo la gente, aprivo le porte... non poteva chiedermi cosa peggiore.
Mi avevano fatto indossare una camicia azzurra, che avevo dovuto infilare dentro un paio di pantaloni blu, una cintura color cuoio e, come se non fosse già abbastanza, mia madre mi aveva messa quintali di gel nei capelli per farli rimanere a posto.
Mi sentivo un vero idiota.
Misi le mani in tasca e mi avvicinai ad un ragazzo che stava cercando di accendere una sigaretta. Ma, visto che c'era vento, la cosa risultava un po' difficoltosa.
«Ciao» lo salutai, sorridendo amichevolmente. Avrà avuto pochi anni in più di me. Se dovevo fare questa cosa, almeno, l'avrei fatta bene. «Sei tu Dustin?»
«Si» rispose lui guardandomi.
«Io sono Michael» dissi, mentre toccavo l'etichetta con il mio nome che mi avevano attaccato sul petto «Il tuo referente»
«Ciao» mi salutò, mentre fumava la sua sigaretta.Eravamo tutti nell'aula di arte. Seduti su degli sgabelli.
«Ehm... mi chiamo Dustin Hitt sono uno stud... cioè, ero uno studente proprio qui. Ehm... anch'io seguivo il corso di quel vecchio sempre incazzato» disse, indicando il professor McErloy, che era sul fondo dell'aula. «E sono un artista. Sinceramente non so perché sono qui» ammise giocando con il gessetto che aveva tra le mani.
«Avevo i postumi di una super sbronza quando mi hanno invitato e... gli ho detto di sì... solo per non farla pallosa. Poi cavolo, è arrivato l'invito ufficiale qualche giorno dopo e... è stato un po' imbarazzante»
Io lo guardai, mettendomi a ridere.
«Non sono ancora un artista affermato... o cose del genere. Io... ho fatto la mia prima mostra personale... un anno fa ed è stato uno sballo. Ehm... mi sono comprato il cappotto» disse ridendo.
«Allora, adesso vi faccio vedere le mie opere»
Si mise accanto al televisore, dove si vedeva uno dei suoi quadri, e ricominciò a parlare.
«Io... io non so il perché. Ma tra chi guarda i tuoi lavori c'è... c'è sempre chi li trova interessanti e chi invece dice che fanno schifo. Ed io non... non capisco quale sia la differenza. Ve lo dico sinceramente.
Ehm... perché io, in realtà, dipingo solo per me stesso... almeno penso. Ecco un altro quadro» disse, facendo cambiare l'immagine sul televisore.
«Forza, sparate qualche domanda»
Silenzio.«Neanche una domanda cavolo. Ho fatto così schifo?» mi domandò, lamentandosi.
«Probabilmente sei stato l'unico invitato che ci ha parlato sinceramente» risposi, giocando con una foglia secca.
«Sembrava di essere a Nagasaki dopo lo scoppio» scherzò lui.
«Sei stato grande» ammisi sincero.
«Grazie amico»
Eravamo seduti su una specie di roccia che c'era in un parco dietro la scuola.
Mi passai una mano nei capelli per scombinarli un po'. Non ce la facevo davvero più a vedermi conciato in quel modo.
«Tu dipingi?» mi chiese stringendosi nel suo cappotto, per via del freddo.
«Si... mi piacerebbe, ma non so mai cosa dipingere»
«Si, beh quella è la parte più difficile» rispose, continuando a guardare davanti sè.
«E quindi non sono un pittore» dissi, con il mio caffè tra le mani.
«Il fatto che tu abbia questo problema è un buon segno. Ma come fai a fare il pittore se non dipingi?» mi domandò, facendomi voltare verso di lui.
«Ti trovi bene alla Morgan?»
«Veramente no» risposi, abbassando lo sguardo sulle mie mani «Non so neanche che cosa ci faccio qui»
Dustin scoppiò a ridere per poi dire, scuotendo la testa «Nessuno lo sa Michael. Ma almeno tu lo ammetti. Se ti va puoi venire da me. Nel mio studio di Brooklyn. Così dai un'occhiata ai miei lavori»
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The Art of Getting By| Muke
Fiksi PenggemarMichael è un semplice diciottenne che vive a New York. Lui ritiene che, i compiti e l'impegno nello studio, siano solo delle perdite di tempo. Non immagina che, solo per una semplice sigaretta, la sua vita cambierà radicalmente. Dalla storia: «Prim...