Era una bellissima giornata, solleggiata e fresca, come se qualcuno dall'alto avesse voluto augurarci il buon giorno.

Come ogni mattina mi ero truccata gli occhi, nascondendo le scure occhiaie al di sotto di essi. I capelli, di un rosso acceso, erano sempre stati in contrasto con gli occhi verdi. Cercavo di non truccarmi tanto. Non perché non ne avessi bisogno (ne avevo eccome!), ma perché non dovevo mettermi in mostra.

Era da cinque anni che ero scappata dagli Inferi per rifuggiarmi nel mondo degli umani.

Non era stato facile all'inizio, perché avevo sempre vissuto con quelli della mia specie. Ma avevo seguito i racconti di mia madre. Ero andata in quel luogo, un paese a Nord di Londra che sorgeva sulle rive di un lago.

Mia madre mi raccontava di come, dopo la Caduta per seguire mio padre, le piacesse venire qui a stare sulle rive di quell'acqua cristallina, immaginando un futuro con il suo amato.

All'inizio avevo pensato che fosse una storia romantica. E lo era.

Ma poi tutto era cambiato.

Durante una rivolta negli Inferi, mia madre si ritrovò proprio in mezzo. Alcuni demoni la riconobbero come la compagna di Astaroth, mio padre nonché Generale delle Truppe Infernali e avevano deciso di lasciare come regalino a Lucifero il cadavere dell'amata del suo migliore amico.

Io ne ero rimasta distrutta. Avevo visto il corpo martoriato della donna che più avevo amato nella mia vita, brutalmente attaccato da degli stupidi che si erano ritrovati subito dopo a scontare la stessa sorte da parte del Signore dell'Inferno.

Ma io, sebbene giustizia fosse stata fatta, non riuscivo più a stare in quel luogo. Ad ogni passo, mi sembrava di sentire le urla di tutte le persone che erano morte durante quell'insurrezione, comprese quelle più forti e dolorose di mia madre. Non dormivo la notte e non mangiavo. Lo stesso Lucifero si era presentato alla mia porta ordinandomi di mangiare e, testuali parole, alzare il culo dal letto che la vita andava avanti.

Sapevo che lo aveva detto perché era così di carattere. Conosceva anche lui mia madre, che era stata una delle sue più fidate consigliere dopo mio padre, ma in quel momento non comprendevo niente.

Fino a quando avevo deciso di fare armi e bagagli e andarmene da quel posto fatto di sofferenza.

Così ero arrivata lì.

Avevo dovuto iscrivermi ad una scuola pubblica. Avevo dovuto trovare una casa. Avevo dovuto ricostruirmi una vita, lasciandomi alle spalle tutto quello che era stato prima: mia madre, mio padre, Lucifero, Lilith, Milsar....

Lui era stato uno dei pochi che mi erano veramente mancati durante questi anni. Era stato il mio migliore amico fin da quando ero nata. Ma dalla morte di mia madre qualcosa si era rotto fra di noi.

Durante il mio periodo di solitudine lui non si era mai fatto vivo, non era venuto a vedermi, a chiedermi come stavo, a domandarmi perché non mangiavo ...

Se ne era fregato, come tutti gli altri.

Quindi, in fin dei conti, non avevo perso nessuno di importante.

Ma sebbene tutto ciò, c'era ancora un filo invisibile che mi legava a quel luogo.

Un luogo dove non sarei mai più tornata.

Ormai la mia vita era lì, circondata da persone che mi volevano bene così come ero, sebbene non sapessero chi io fossi veramente.

Finito di pettinarmi i capelli mossi che mi arrivavano fino ai fianchi, mi misi il giubotto e, inforcando lo zaino e "Paradiso perduto" di John Milton, mi diressi verso la porta e mi incamminai verso la scuola.

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