Ho sentito dire che il cuore spezzato è il più terribile dei dolori. E credetemi, posso confermarlo.

Proprio lui... proprio lui doveva sputarmi addosso quelle parole. Proprio lui...

Rimasi per un tempo incalcolabile seduta su letto, cercando di elaborare una qualche strategia di difesa, ma niente. La mia mente e il mio cuore in questo momento non rispondevano, troppo occupati a stare dietro ai miei sentimenti altalenanti.

Lui, una delle poche persone di cui potevo fidarmi mi si era rivoltata contro, sebbene tutto quello che c'era stato fra di noi... come era possibile? E soprattutto perché?

Era questo che non mi spiegavo: perché? Una notte passata insieme e poi all'improvviso si è trasformato in un mostro. Perché?

Perche?

Perché?

A suon di pensare queste cose, la testa iniziò a dolermi e a girare, facendomi quasi cadere dal letto. Consapevole che da lì a poco mi sarebbe venuta un'emicrania da record, decisi di alzarmi cautamente dal letto per andare in bagno a rinfrescarmi dai sudori che mi stavano prendendo.

Mossa sbagliata: appena misi i piedi a terra, la testa iniziò a girarmi sempre di più, facendomi sbattere letteralmente contro il pavimento.

Con il volto appoggiato sul tappetto, davanti ai miei occhi un susseguirsi di colori accecanti invadevano la mia visuale, non permettendomi di distinguere più ciò che era vero da ciò che era illusione.

A scatti l'ambiente circostante mutava: prima ero nella mia stanza all'Inferno, poi nella Sala del Trono, poi nei giardini... per poi finire davanti ai Cancelli Infernali, l'unica barriera che impediva alle anime di invadere il mondo dei vivi. Ma c'era qualcosa che non andava in essi... qualcosa li rendeva diversi da come ero abituata io a vederli.

Essi si stagliavano alti tant'è che non se ne vedeva la cima, mentre i suoi bordi erano contornati da un nero così luminoso da non sembrare nemmeno vero. Il ferro di cui erano costruiti formava disegni bellissimi e unici nel suo genere. Forse erano essi a rendere diversi quei spaventosi cancelli? O forse era qualcos'altro?

Osservai con più attenzione l'enorme parete di ferro intrecciato che si stagliava davanti di me, senza però capire il vero motivo per il quale essi sembrassero così poco famigliari a me.

Poi capii... intorno ai cancelli, lentamente ma ben visibile, un'edera si stava attorcigliando intorno agli intricati disegni di ferro. Quest'ultimo, al suo passaggio, iniziava ad ossidarsi e a diventare rosso come il cielo del luogo che ci circondava. La trasformazione non si stava rallentando. Anzi, ogni singolo secondo sembrava diventare sempre più veloce come l'edera iniziò a espandersi verso l'alto, verso le cime sconosciute di quel grande cancello.

Non me lo saprei spiegare, ma rimasi per un attimo lì, a fissare quella strabiliante e al contempo paurosa trasformazione, fino a quando qualcosa nel mio animo non si sbloccò. Feci lentamente un passo avanti, avvicinandomi a quella pianta spaventosa che da lì a poco avrebbe arrugginito tutto il cancello, e iniziai a strapparla a mani nude. Ma essa era resistente e tenace e non demordeva dal suo compito.

Ma neanche io. Sebbene l'edera fosse più forte di me, continuai il mio lavoro con insistenza fino a quando non udii dietro di me una voce.

<<Non è così che va fatto.>>

Le mie mani smisero immediatamente di afferrare e strappare quelle impossibili rame di edera per permettere agli occhi di concentrarsi sulla figura che si era presentata alle mie spalle. Dalla voce lo sconosciuto sembrava essere un uomo, ma la sua corporatura esile, nascosta sotto un lurido mantello, metteva in dubbio le mie supposizioni.

<<Cosa hai detto?>>

<<Ho detto, Lelahel, che non è così che va fatto.>> La sua voce, simile a quella di un ragazzo appena diventato uomo, era pacata e lenta, quasi avesse tutto il tempo del mondo. Cosa che però io non avevo.

Senza badare allo sconosciuto mi voltai per ricominciare la mia opera, ma l'edera si era fatta ancora più intricata e inafferrabile, per non dire indistruttibile.

<<Come dove fare allora?>>, domandai, scoprendo una sorprendente nota di isterismo nella mia voce.

<<Non sono io che devo dirtelo.>>

<<E allora chi?>>

Lo sconosciuto alzò lentamente un braccio con il dito puntato verso qualcosa dietro di me ma, controllando, l'unica cosa dietro di me era il cancello. Sebbene fosse incappucciato, ebbi la sensazione che mi stesse sorridendo quando compresi che indicava me.

<<Io non so come fermarla.>>

<<Non ancora.>>

Confusa sempre più dalle parole che quello sconosciuto mi aveva detto, la testa iniziò a girarmi. Questa volta sempre di più e sempre più forte, fino a quando non riuscii più a capire quale fosse la realtà dalla finzione.

I colori intorno a me si mischiavano in tonalità introvabili, cielo e terra di confondevano alla mia vista e il fuoco continuava a regnare su tutti gli altri elementi.

<<Signorina!>>

<<Signorina Lelahel!>>, udii nella mia testa. Di chi erano queste voci, io non le conoscevo.

<<Signorina! Torni da noi!>>

<<Signorina!>>

<<Lel!>>

Lel?!

Sì, riconoscevo quella voce: era quella di mio padre, che mi incitava ad andare da lui. Ma la mente continuava a girarmi e non riuscivo ad orientarmi. Da dove vengono queste voci? E dove mi trovo io? Cosa sta succedendo?

La testa iniziò piano piano a calmarsi permettendo di aprire gli occhi dal luogo in cui mi trovavo. La mia schiena era appoggiata a qualcosa di morbido. No, tutto il mio corpo era appoggiato a qualcosa di morbido.

<<Generale, si sta svegliando!>>, sentii dire una voce stridula.

Subito dopo sentii un calore famigliare afferrarmi la mano, mentre cercavo invano di focalizzare qualcosa con i miei occhi.

<<No, signorina! Non provi ad aprire gli occhi, ok? Devono ancora guarire dall'attacco.>>

Quale attacco? Pensai dentro la mia testa.

Cercai di trasformare i miei pensieri in parole, ma tutto quello che mi usci dalla gola fu solo un rantolio sommesso più simile al guaito di un cane che a un tentativo di parlare.

<<Anche parlare, Lel. È meglio se per il momento riposi. Il tuo corpo deve ancora riprendersi totalmente.>>

Il corpo deve ancora riprendersi? Riprendersi da cosa?!

Il calore della mano di mio padre abbandonò improvvisamente la mia, mentre udivo i suoi passi allontanarsi dal luogo in cui mi trovavo io. Almeno l'udito era ancora funzionante.

<<Si riprenderà?>>, sentii domandare una voce preoccupata, molto diversa dalla solito voce fiera di mio padre.

<<Con un po' di tempo si riprenderà, Generale. Il tempo è il migliore amico delle ferite, e le sue ferite, quelle causate dall'acqua santa guariranno, lentamente ma lo faranno. È forte sua figlia, non di meno ha il suo sangue nelle vene.>>

Acqua santa? Ma... ma l'attacco era avvenuto settimane fa.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 02, 2017 ⏰

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