IV

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Il mio corpo era scosso da dolori ovunque. Si alternavano il caldo e il freddo, il sudore e i brividi, la coscienza e l'incoscienza.

L'unica cosa che riuscivo a capire nei pochi e brevi momenti di chiarezza era l'indimenticabile sensazione del duro dell'asfalto che avevo incontrato al momento dell'impatto nella caduta, il bagnato di quella strana pioggia che continuava a cadere sopra di me, le urla silenziose del mio corpo, il quale mi implorava di spostarmi da quel luogo.

Cosa sta succedendo?

Già, cosa stava succedendo?

Cercai di muovermi, anche sono per autosostenermi con il braccio destro, ma questo non volle sapere di obbedire. Il mio corpo venne scosso da brividi, come se ghiaccio pure fosse entrato in contatto con la mia pelle surriscaldata.

Cos'era questa pioggia?

Non vi erano dubbi che fosse quella la causa di tutto quello che stava accadendo.

Venni invasa, però, dalla consapevolezza che non ero l'unica a trovarmi sotto quella minaccia.

Cercai di voltare lo sguardo, in modo da potermi guardare indietro e vedere dove fosse Milsar, ma l'unica cosa che ottenni fu una fitta così forte all'interno del mio cranio da riportarmi subito ad uno stato di incoscienza.

Rinvenni dopo quelli che mi parvero minuti. Cercai un'altra volta di voltare lo sguardo, questa volta più lentamente. L'agonia fu straziante, ma riuscii almeno a girarmi quel tanto da vedere Milsar riverso sulla strada, svenuto.

Mi venne un colpo al cuore, ma non potevo fare niente. Se non riuscivo ad aiutare me stessa, come potevo aiutare anche lui? Mi abbandonai al dolore che mi stava macellando da dentro, appoggiando la testa sull'asfalto prima ancora di batterla un'altra volta.

Nessuno, nemmeno gli stessi commensali con i quali eravamo stati nello stesso salone non ci vennero a soccorrere. La pioggia si era infittita, tanto che, quando cercai di riaprire gli occhi, non riuscii a vedere il fondo della strada.

Gli occhi, a contatto con la pioggia, iniziarono a bruciare sempre di più, tanto mi parve che si stessero sciogliendo. Soffrii in silenzio come mio padre mi aveva sempre insegnato, cercando di pensare a cosa fare.

Tra la pioggia fitta e la mia vista che se ne stava andando, scorsi due luci in fondo alla strada, probabilmente di una macchina che si stava avvicinando. Non riflettei nemmeno sul fatto che ero in mezzo alla strada e che, sicuramente, mi avrebbe investita. Rimasi lì, immobile, aspettanto che tutto quel dolore finisse. Le forze mi stavano abbandonando sempre di più, mentre ripensavo a tutto quello che avevo fatto. La morte di mia madre, la fuga, Milsar e ora la mia morte.

L'unica cosa che rimpiangevo era di non aver potuto salutare per l'ultima volta mio padre.

Chiusi gli occhi, abbandonandomi finalmente all' incoscienza.

***

La mia testa era appoggiata su qualcosa di morbido. No, non era morbido. Era solido E caldo.

Qualcuno mi stava accarezzando il volto, spostandomi qualcosa di fastidioso e fino dagli occhi. Cercai di aprirli, ma non vi riuscii, poiché ero ancora bloccata. Mi godetti quella carezza, sicuramente prodotta dalle mani dell'angelo che era venuto a prendermi.

Aspetta! Sono un demone, dopo la morte non vado in Paradiso! E nemmeno all'Inferno!

Venni assalita da un attacco di panico.

Chi era che mi stava accarezzando? Perché lo stava facendo?

<<Come stanno?>>, domandò una voce maschile molto familiare alla mia destra.

Demon's LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora