VII

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Camminammo per un bel po' di tempo, attraversando corridoi e incontrando persone che, al nostro passaggio, chinarono la testa a mo' di saluto. La strada fu veramente molto lunga, forse perché era da tempo che non percorrevo quelle vie e mi ero dimenticata come era farlo. Sta di fatto che dopo dieci minuti buoni arrivammo davanti ad una porta enorme, alta quasi tre metri e mezzo e completamente fatta di ebano scurissimo. I bordi, intagliati con raffinata precisione, sembravano rilucere ancora di più sotto la luce delle candele.

<<Sei pronta?>>, mi domandò Milsar, che per tutto il tempo era stato paziente con me e mi aveva portata fin qua, evitando di farmi passare proprio per il corridoio dove mia madre aveva trovato la morte.

Stavo tremando. Tutto il mio corpo stava combattendo contro la volontà di scappare via da quel luogo. Avevo paura da morire.

Non era solo il pensiero che Lucifero in persona volesse parlarmi, ma sentivo che l'incontro definito con lui avrebbe segnato il mio ritorno ufficiale. E non sapevo se questo era realmente quello che volevo.

Mi ero costruita una vita fuori da lì, avevo iniziato la scuola, mi ero fatta degli amici. Ma dentro di me sentivo e lo avevo sempre saputo che l'Inferno mi avrebbe richiamata a sé.

La domanda era, allora: dovevo abbandonarmi al destino o dovevo continuare a combattere contro me stessa?

<<Si, sono pronta>>, dissi con voce ferma dopo un momento di esitazione.

Ora o mai più, pensai, osservando con gli occhi sbarrati dal terrore il grande portone che si apriva.

L'enorme ammasso di ebano che ci sbarrava la strada si stava aprendo lentamente, quasi a rallentatore, mentre un rumore sinistro prodotto dai cardini che ruotavano su loro stessi accompagnava il movimento.

Un salone stava apparendo davanti ai miei occhi. Pareti altissime di color vermiglio contornavano un ambiente caldo e intimo, nel quale una lunga tavolata, nera come il portone, occupava il centro.

Alle pareti, in contrasto con la tinta scura, decorazione dorate illuminavano i punti più lontani, facendo però apparire tutto più tetro. Arazzi decoravano le pareti, risaltando grazie alle luci soffuse delle candele.

Quelle stesse candele che cercavano di illuminare il volto del Signore del Male. Lucifero.

Se ne stava seduto sul suo scranno, compostamente seduto con la sua aria di supremazia. I capelli,  di un castano così scuro da sembrare quasi nero, erano in contrasto con le schegge di ghiaccio dentro le iridi.

Il suo portamento, il suo sguardo, il suo completo di alta sartoria, facevano di lui un uomo molto attraente, tanto da essere l'impersonificazione della Tentazione.

Di fianco a lui la regina Lilith, bellissima di fianco al suo re, e mio padre, che mi stava guardando con quella luce paterna nei suoi occhi che, mi accorgevo solamente ora, mi era mancata moltissimo.

Milsar mi teneva ancora a braccetto, invitando a varcare la soglia e ad avvicinarmi a suo padre.

Ripresi coscienza del mio corpo e, lentamente quasi stessi imparando in quel momento a camminare, alzai il piede dentro e mossi il primo passo.

Ad ogni movimento i ricordi, che fino a quel momento avevo cercato di sepellire dentro una parte nascosta della mia mente, ritornavano a galla ad una velocità impressionante, tanto da farmi girare la testa.


<<Ah ah, cosa pensi di fare Lel?>>, mi urla il giovane Milsar. <<Non vorrai mica andartene adesso?>>.

<<Mi dispiace>>, gli rispondo alzando la voce, proprio mentre stavo già andando verso le mie stanze. <<Mia madre vuole che ritorni presto a casa perché mi devo preparare per questa sera>>, conclusi, alzando una mano a mò di saluto e andandomene.

Demon's LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora