{Capitolo 9}

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Un paio di labbra morbide si poggiano sulla mia guancia per schioccare un bacio facendomi svegliare.

«Svegliati sorellina, devi andare a scuola..» mi sussurra Antony.

«Mhh... Altri cinque minuti ti prego Antony...» mugugno io con la voce impastata dal sonno.

«Forza, in piedi principessa! Farai tardi!» cerca di convincermi lui.

«Ti prego Ant... Solo cinque minuti...» ripeto coprendomi il viso col cuscino.

«E va bene, se con le buone non ci riesco, allora mi tocca usare le cattive maniere!» dice per poi cominciare a farmi il solletico.

Scoppio a ridere e comincio a dimenarmi implorando di farlo smettere.

«No Antony fermo! Smettila ti prego! -urlo ridendo sperando la finisca, ma non ci riesco- E va bene mi alzo!» mi rassegno alla fine.

Le sue mani si fermano immediatamente e le sue braccia mi circondano i fianchi e mi cullano in un dolce abbraccio e io mi godo quell'istante di serenità.

Ci stacchiamo dopo un po' e io mi alzo pigramente dal letto dirigendomi in bagno. Mi faccio la doccia, mi vesto, mi sistemo i capelli in una coda di cavallo molto semplice, mi trucco con fondotinta, una linea sottile di eyeliner nero e un po' di mascara.

Scendo in cucina per fare colazione, bevo il mio solito caffè e dopo aver salutato mio fratello con un bacio sulla guancia mi dirigo alla fermata dell'autobus.

Appena arriva il bus metto la riproduzione casuale e parte "Castle Of Glass" dei Linkin Park, il mio gruppo preferito.

Amo questa canzone, mi dà sempre una carica e una sicurezza in me stessa che non me la so spiegare.

Una volta scesa, mi ritrovo una chioma bionda venirmi incontro con le braccia spalancate e con lo sguardo di una bambina che ha ricevuto il suo pupazzo preferito per Natale.

«Kriii! -strilla lei abbracciandomi, dopo poco si stacca e riprende a parlare sempre con un sorriso a trentadue denti stampato in viso- Ho capito male o tuo fratello è tornato a casa da te?»

«Si è tornato due giorni fa...» la guardo stranita. Sembra quasi posseduta da quanto sorride.

«Quindi non ci sono problemi se oggi dopo la scuola vengo da te per salutarlo, vero?» mi implora lei con uno sguardo da cucciolo abbandonato.

È impossibile dirle di no vista la sua testardaggine, e poi noi tre da piccoli eravamo molto legati tra noi e giocavamo sempre insieme quando i nostri genitori organizzavano i pranzi di famiglia.

E infatti, appena acconsento mi ritrovo nuovamente due braccia stritolarmi il collo e una vocetta stridula vicino all'orecchio, ma per fortuna il fatto che ha sprofondato il viso nel mio giubbotto mi salva dalla perdita dell'udito.

Quella pazza di mia cugina entra a scuola e appena la porta si chiude, la campanella delle otto in punto suona.

Merda, farò tardi a lezione.

Poso in fretta i libri per le ore successive, ma appena svolto nel corridoio due mani mi trascinano nello sgabuzzino della scuola.

Quella poca luce che passa attraverso dei piccoli fori mi permette di identificare quelle due pozze verdi inconfondibili.

«Marton è inutile che mi rapisci e mi rinchiudi in certi posti per cercare di scoparmi perché tanto non ci riuscirai.» sospiro alquanto irritata.

«Come mai sempre questi pensieri sporchi? Ti fidi così poco di me?» dice lui fingendosi offeso.

«Mi fiderei di più del mio ex che di te.» ribatto acida.

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