Capitolo 8~

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Un tiepido calore l'avvolgeva e la rendeva tranquilla, rilassata, come non si sentiva da quello che le sembrava un lungo periodo. La morte di Damiana... la morte di Xerxes... la fuga dalla sua casa... il terribile ritorno a Mystrangel... sembrava tutto solo un sogno, un sogno terribile, un incubo...

Quel posto era così caldo... e lei così stanca...

La nebbia e il calore avvolsero la ragazza come una morbida coperta, facendola cadere in un sonno ricco di ricordi e sogni.

Quando aprì gli occhi, non vide nient'altro che nebbia circondarla. Lentamente, questa iniziò a diradarsi, lasciando entrare una figura che si guardava affannosamente intorno. Elvia non riusciva a distinguerla chiaramente a causa della nebbia ancora fitta, ma più la fissava, più quei lunghi capelli neri, quel modo di muoversi, quei vestiti vecchi e consumati le ricordavano qualcuno, qualcuno che doveva aver amato... e lo poteva dire chiaramente dalla strana e dolce nostalgia che l'aveva invasa quando l'aveva scorta, anche se non rammentava più il suo nome, o la sua memoria.

La figura si fermò all'improvviso, iniziando a fissare un punto del vicolo buio e sporco in cui si trovavano. Elvia strinse gli occhi, aspettando che la sua vista si abituasse meglio al buio, e, alla fine, riuscì a distinguere una piccola figura vestita di stracci, rannicchiata dietro un vecchio bidone e scossa da singhiozzi silenziosi.

La giovane donna si avvicinò alla figura della bambina, sul volto un'espressione di sollievo presto sostituita da una di rimprovero. Ora, Elvia riusciva a vedere bene i tratti di un viso dolce e preoccupato, le labbra rosse e morbide strette in una linea sottile, il naso piccolo e grazioso... Era così familiare, ma non riusciva a ricordare; e ciò la esasperava, perché doveva essere stata una persona davvero importante per lei.

La bambina sollevò leggermente il volto, spaventata al pensiero che qualcuno la potesse vedere. Elvia riuscì a distinguere anche alcuni tratti della bambina, come i capelli tutti aggrovigliati, sporchi e rossicci, gli occhi socchiusi di un marrone così chiaro da sembrare come i suoi, d'ambra.

All'Allevatrice ci volle poco per capire, appena il tempo in cui la donna si arrendesse davanti alle lacrime della bambina e si sedesse accanto a lei, e ne pronunciasse il nome...

La nebbia coprì di nuovo tutto ciò che la circondava, nascondendole le due figure femminili che aveva appena riconosciuto...

Con una calma che le trafiggeva il petto ad ogni minuto che passava, la nebbia si diradò un'altra volta, lasciando spazio, nuovamente, a due figure femminili.

Elvia era alle spalle di quella più piccola, mentre quella più alta era davanti a lei.

Il fiato le si mozzò in gola nell'istante in cui riconobbe la donna inginocchiata davanti alla bambina.

I corti capelli bianchi, gli occhi di un verde brillante, il viso ancora pieno di vita e di piccole cicatrici... e la mano, quella mano inevitabilmente tesa verso la bambina magra e sporca davanti a lei.

Elvia si voltò per guardare meglio la bambina che era stata lei. In quel momento, mentre la bambina alzava tremante la sua mano per prendere quella della donna davanti a lei, Elvia capì il motivo per cui Damiana avesse riso per tanto tempo, ricordando quel momento.

Un piccolo sorriso increspò le sue labbra, mentre la nebbia tornava a coprire quella scena che Elvia aveva impresso nel cuore, sin dal giorno che era avvenuta.

Si aspettava un'altra scena tranquilla, un altro di quei ricordi che aveva scolpito nell'anima, o la memoria di persone che erano state protagoniste del suo mondo prima che Damiana arrivasse in quel giorno di primavera inoltrata e la prendesse con sé.

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