Capitolo 46~

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Al termine della lettura, il silenzio era sceso su di loro, leggero come un velo. Era una sensazione strana, quella che stavano condividendo in quel momento. Tristezza, per la sorte della creatura. Leggera irritazione, per l'incapacità di essa di rispondere a ciò che le era successo. E una senso di solidarietà, perché non era semplice perdere la propria casa e la vita di ogni giorno, e tutti e tre ne erano consapevoli.

- Che storia... - commentò Elvia, spezzando quel momento di immobilità che li aveva avvolti.

Chiuse il volume, riponendolo nella pila da cui l'aveva preso, e si alzò in piedi, lo sguardo ancora inchiodato sulla copertina. Gli occhi color del mogano spiccavano dallo sfondo bianco e verde pino e sembravano scrutare la ragazza con insistenza, dandole l'impressione di non essere semplicemente un disegno su carta.

Era stato proprio quel dettaglio a farle sfogliare le poche pagine.

- Ti lascia con un sapore amaro – convenne Krir, che saltò via dalla spalla della giovane e atterrò senza problemi su di esso. – Breve e amaro – ripeté, lanciandogli un'ultima occhiata.

Elvia lo osservò zampettare da una pila di libri all'altra con noncuranza, il muso che puntava da una parte all'altra dello studio e la coda rossiccia che si muoveva lentamente da destra verso sinistra. Era palese che fosse alla ricerca dell'ennesimo libro da analizzare, e la ragazza decise che non sarebbe stata di meno. Con Akemi ancora appollaiato sulla testa, ormai perso tra quali pensieri, l'Allevatrice si avvicinò a uno dei tanti scaffali appoggiati alla parete e si concentrò, alla ricerca di qualche indizio che l'aiutasse. Nel corso dei mesi in cui aveva passato ad allenarsi con Metra e Nija, Elvia aveva affinato la propria abilità in modo da poterla utilizzare a proprio piacimento. Poteva decidere di chiudere ogni percezione intorno a sé, in modo da non venirne sopraffatta, così come aveva fatto fino a quel momento. Solo un'energia enorme, potente come quella che incantava la porta di Iovis glans, era in grado di trapassare il muro invalicabile che aveva posto intorno a lei.

Elvia si voltò nuovamente verso di questa, le mani che stringevano con forza il tessuto dei suoi abiti. Se riusciva a percepirne il calore adesso, con quanta forza l'avrebbe attaccata una volta che avrebbe aperto se stessa a quel posto?

Deglutì, nervosa. Era la prima volta che si trovava di fronte ad un oggetto avvolto da fiamme così accese, e non poté evitare di sentirsi eccitata di fronte a quella nuova sfida, la curiosità che stava lentamente prendendo piede su di lei.

Chiuse gli occhi e, con la mano a racchiudere i ciondoli che portava al collo, si impose la calma. Se Framel La Os aveva costruito quella Biblioteca, se aveva davvero combattuto al fianco di Fawl e aveva condiviso con lei il dolore impartito dal Traditore, allora era possibile che avesse nascosto parte dei suoi scritti. Se per non farli finire in mano sbagliata o semplicemente per non riprovare mai più il sapore del tradimento, Elvia non avrebbe saputo rispondere.

Strinse maggiormente la presa e si concentrò, pronta ad affrontare quella nuova esperienza. Quando Nija le aveva chiesto cosa si provasse ad allargare i sensi dopo un periodo che lei definiva di "chiusura", Elvia non aveva potuto far a meno di pensare a un bozzolo.

In quel momento era come se fosse avvolta da innumerevoli strati di veli che le annebbiavano i sensi, impedendole di osservare chiaramente il mondo esterno; ma quando li toglieva, uno alla volta, un senso di inebriamento prendeva posto, lasciandola quasi senza fiato. Percepì la porta brillare più intensamente, e si sentì quasi sopraffatta dalla forza dei sentimenti che incarnava al suo interno. Non poté fare a meno di chiedersi a chi fossero indirizzati, e perché si trovassero proprio in quel luogo, a decine di metri sottoterra, dove ormai poche persone venivano a far visita. Se ne rattristì, quando colse una nota delle stesse emozioni che Nija aveva riposto nel fermaglio regalatele dall'amato, e si domandò, ancora una volta, perché i destini di così tanti sentimenti puri non fossero stati in grado di intrecciarsi e regalare ai loro proprietari una piccola gioia in tutto quel mare di dolore che li aveva investiti senza pietà.

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