Capitolo 1 III parte

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Non mi era mai capitato prima di allora, di provare quella paura talmente grande, talmente più pesante di me, da togliermi il fiato. Più che paura era consapevolezza che di lì a poco sarei stato scoperto e magari fatto in mille pezzi. Non sapevo di preciso cosa avrebbe potuto farmi se mi avesse trovato.
Niente di buono, questo era certo, ma stranamente avevo smesso di guardarmi intorno per cercare vie di fuga, mi ero rassegnato.
Sentivo ancora i suoi versi, simili a ringhi e gemiti strozzati, uno di quei suoni che la notte rimbombano nelle orecchie quando cerchi di dormire, ma non ci riesci, perchè sai che rimarresti imprigionato in un incubo senza fine. Io mi sentivo incastrato in una realtà che non mi apparteneva.
Ero accovacciato sotto una scrivania, tremavo dal freddo e dalla paura, lottavo contro me stesso per non emettere quel minimo rumore che mi sarebbe costato la vita.
Ad un tratto sentii un tonfo proveniente dall'interno dell'edificio, ma piuttosto lontano.
Sobbalzai.
Il mio cuore non accennava a rallentare, ripresi a respirare lentamente e mi sporsi di poco.
Come immaginavo quella cosa era stata attirata dal rumore ed era corsa via nel corridoio a sinistra, ne approfittai per uscire e mi incamminai a passo svelto verso le scale.
Mi fermai un attimo, esitai a continuare verso quei settori bui, mi girai. Rimasi qualche secondo a guardare la porta di ingresso dalla quale ero entrato con Joel.
Mi venne in mente di uscire, chiedere aiuto, ma chi mi avrebbe creduto? Probabilmente mi avrebbero anche arrestato per violazione di proprietà privata, ma rimanere lì per trovare il mio amico, avrebbe voluto dire vivere nel terrore. Feci un passo, mi convinsi ad andare via quando sentii una voce.
- Vuoi davvero lasciarmi? -
Di nuovo quel vento gelido alle mie spalle.
Sentii un brivido percorrermi sulla schiena, deglutii.
Mi girai, poi ancora, ed ancora.
"Forse sto impazzendo" mi dissi. Ad un certo punto di nuovo quel ringhio, quella cadenza di passi regolare e veloce, era di fronte a me, mi fissava.
Paralizzato dalla paura ordinai alle mie gambe di correre verso uno dei due corridoi ai lati, ma non ottenni risposta. Pensai che fosse giunta la mia ora, che avrei dovuto pensarci prima ad uscire, che non sarei mai dovuto entrare lì dentro. Improvvisamente mi tornò in mente la mia stanza, il disegno... dovevo convincermi che tutto quello che vedevo non era reale.
- Sto impazzendo, ho le allucinazioni, è tutta una finzione - dissi. L'essere avanzava verso di me, io continuavo a ripetere quelle parole, fino a quando non mi trovai faccia a faccia con lui. Chiusi gli occhi, davvero stavo ponendo fine alla mia vita in quel modo? Davvero ero stato così stupido da arrendermi così facilmente?
Mancava poco, sapevo di non poter più fare nulla.
Quando riaprii gli occhi qualcosa mi arrivò addosso correndo, mi teneva per il polso e continuava a sfrecciare tra i corridoi avvolti dall'oscurità. Non capii niente in quella frazione di secondo, tutto quello che feci fu correre e ritenermi vivo per miracolo.
Ancora.
Forse.

Si fece strada attraverso una crepa non troppo larga in una parete e proseguì fino ad arrivare in una stanza.
Quando si fermò si allontanò da me e mi diede il tempo di riprendere fiato.
Mi guardai intorno e notai che c'erano un letto con una sedia accanto, e su di essa un lume, ed uno specchio abbastanza grande da potermi vedere per intero.
Per il resto era vuota.
Dal soffitto gocciolava roba nera, non c'erano finestre nè porte.
- Non dovresti essere qui - disse.
Era di sicuro una ragazza. Sussurrava e sembrava che mentre parlava risuonasse un eco.
Si nascondeva in un angolo, non riuscivo a vederle il viso, ma quando provai ad avvicinarmi lei si ritrasse e iniziò a bisbigliare velocemente. Non riuscivo a capire cosa dicesse e la cosa che più mi inquietò fu che oltre alla sua, sentivo altre voci.
Senza dire nulla feci qualche passo indietro.
Ero al sicuro, o no?




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