Capitolo 2

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Non sapevo nemmeno da quanto tempo mi trovassi lì, se fosse giorno o notte.
In quella stanza così angusta che non avevo il coraggio di lasciare, con quella ragazza seduta nell'angolo buio che mi osservava e delle voci che le bisbigliavano attorno. 
Continuava a ripetermi "Non dovresti essere qui", non potevo nemmeno avvicinarmi. Quegli inquietanti sussurri mi mettevano i brividi. 
Ormai stanco decisi di sedermi sull'orlo del letto.
- Se starai troppo a lungo in un posto, lui  ti scoprirà... - parlò con un filo di voce.
Le fecero eco quei bisbigli:
- Ti vedrà... ti prenderà... ti ucciderà... -.
Prima di dire qualcosa feci un sospiro, per prendere coraggio. Mi trovavo in una camera buia, per niente confortevole e avrei dovuto parlare con una ragazza che dubitavo fosse viva. 
- Sono qui solo per trovare il mio amico - mi decisi. Tenevo lo sguardo fisso su di lei, non sapevo se fidarmi o no.
Quelle voci non cessavano di risuonare nel silenzio. 
- Lui lo ha preso... Lo tiene con sé per nutrirsi del suo essere... lo sta uccidendo lentamente - 
- Che vuoi dire? Dov'è adesso? - 

- Io... non lo so... - 
- Devi aiutarmi. Lo hai fatto prima, puoi farlo anche adesso no? - 
- Io... devo... andare... - sembrava parlasse con fatica, la luce che la circondava era sempre più flebile, si stava spegnendo. Avevo bisogno di un aiuto, provai a supplicarla di darmi almeno un indizio, ma lei sparì lentamente lasciando al suo posto solo oscurità. 
Mi coprii il viso con entrambe le mani e iniziai a temere che forse per me non ci sarebbe stata nessuna speranza, nè di trovare Joel, nè di uscire vivo da quel posto. 
Mi lasciai scivolare sul materasso umido e freddo.
Grazie a quell'ambiente privo di luce, silenzioso, avevo sviluppato il senso dell'udito, dell'olfatto e del tatto. Potevo sentire il mio cuore che batteva e il sangue che scorreva lungo il mio corpo, l'odore di muffa e di intonaco che talvolta si andava sgretolando dalle pareti, e infine riuscii a capire che tipo di ricami c'erano sulla stoffa: fiori, grandi e piccoli. Per la stanchezza mi addormentai dopo pochi minuti. 
<< Un foglio scivolò dall'ombra della ragazza che pian piano si stava dissolvendo, le voci sussurravano di prenderlo, poi entrambi sparirono, nel buio e nella quiete. >>
Mi svegliai improvvisamente dopo quel flashback. 
Andai subito a controllare se realmente in quell'angolo ci fosse il foglio e lo trovai lì per terra. Cercai di farmi luce con il lume sulla sedia e tutto ciò che riuscii a capire dalla frase scritta fu "E' lì che vive: nell'oscurità, nella paura, nella morte. Se ti vedrà, non avrai scampo." 
Dietro la pagina era ripetuto fino alla fine "Yateveo".
Cercai di trovare un nesso logico per tutto, non vedevo come in quelle parole potessi trovare un aiuto. 
Iniziai a camminare per la stanza rileggendo ad alta voce la frase, doveva pur esserci qualcosa come un indizio o... 
Quando passai accanto allo specchio vidi qualcosa correre dietro di me. 
Mi voltai pensando che se non fossi stato ucciso da qualcosa, probabilmente sarei morto ugualmente, di infarto.
Forse era stata la mia immaginazione, avevo visto di tutto nelle ultime ore. 
O giorni. 
Mi guardai intorno un'ultima volta per essere sicuro di non avere compagnia, dopo di che ripresi ad analizzare il messaggio. 
- Tu non immagini neanche in che guaio ti stai cacciando - sobbalzai quando ripassando accanto allo specchio comparve una sagoma. Era scheletrica, con il volto pallido, seguiva i miei movimenti. 
- Devi andartene via subito, prima che sia troppo tardi - 
- Non posso, devo portare con me Joel - dissi cercando di mantenere la calma. 
- Io l'ho visto... lui si sta servendo del suo corpo per rimanere in vita -
- Lui chi? L'essere che ha cercato di uccidermi prima? - 
- Terzo piano, archivi, lettera P, quarto scaffale a destra - 
- Aspetta! - andò via senza darmi neanche il tempo di chiedergli a cosa si stesse riferendo.
Cercai di tenere a mente ciò che aveva detto, ma iniziai a confondermi su quale fosse lo scaffale e il piano, mi serviva qualcosa con cui scrivere. 
Raccolsi un pezzo di intonaco e intinsi la parte appuntita in quel liquido nero che gocciolava dal tetto. 
Segnai sul foglio "3°, P, 4 dx", qualsiasi cosa mi sarebbe stata d'aiuto in quel momento, e per poter salvare Joel dovevo conoscere la cosa con cui avevo a che fare.
Dovevo riuscire ad arrivare al terzo piano, capire quale fosse la stanza degli archivi, e lì trovare la lettera P. 
Mi venne da ridere per il nervoso quando mi resi conto che mille altri nomi potevano esserci con la P, ed io non avrei saputo neanche da dove cominciare.
Nella mia testa mi dicevo che le cose sarebbero andate sempre peggio, che non ero in un film dove il protagonista riusciva a trovare l'amico e insieme si salvavano. Mi trovavo in un incubo,  e negli incubi si sa... non sempre fila tutto liscio. 





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