Capitolo 4

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Dovevo abituarmi al mio nuovo corpo. 
Le anime non dormono, non possono interagire con nessun oggetto se non hanno abbastanza forza.
Le anime sono esseri deboli, che lentamente si spengono con il passare del tempo. 
Sono delle entità luminose che vagano in cerca del loro corpo perduto.
Alcune si lamentano, altre restano in silenzio.
Io ero un'anima, ma non potevo prendermi il lusso di piangermi addosso, dovevo pensare e piuttosto in fretta. 
- Cos'hai intenzione di fare ora? - chiese Elise avvicinandosi a me. 
Io rimasi a fissare la parete della piccola stanza dietro la crepa, non era semplice trovare una soluzione con tutti quei mormorii. 
- Certo che il mondo dell'al di là non è così tranquillo come tutti si aspettano... - dissi girandomi verso di lei.
Cercavo di stare alla larga dallo specchio, non ero ancora pronto a non vedere la mia immagine riflessa. 
- Quel foglio... - continuai - Il documento, dov'è adesso? - 

Lei stette una attimo in silenzio, poi con uno scatto prese qualcosa da sotto il letto. 

- Questo? - me lo porse e senza pensarci feci per prenderlo, ma quando scivolò a terra cominciai a provare una grande sensazione di vuoto e inutilità. 

Come potevo sconfiggere lo Yateveo se non riuscivo nemmeno a tenere in mano un pezzo di carta? 
- Non preoccuparti, con il tempo imparerai a gestire le tue forze - Elise cercò di darmi una mano, ma avevo perso quasi del tutto la fiducia che avevo nelle mie capacità. 

Mi ero decisamente sopravvalutato, se volevo far funzionare le cose, dovevo ragionare, non agire di impulso. 

- Meno tempo sprechiamo, più possibilità abbiamo di far finire tutto questo - dissi.
Elise raccolse il documento e me lo mostrò.

Cercai di leggere ciò che era rimasto, l'inchiostro in molte parti era sbiadito, ma non così tanto da renderle incomprensibili.
- Albert Preston, ricoverato presso il Whittingham Hospital in data 16 marzo 1978, 47 anni... altezza... peso... segni particolari... - niente di rilevante pensai, passai quindi alle motivazioni, - Il paziente soffre di gravi disturbi psichici, mostra una costante perdita della memoria a breve termine... ricovero forzato per due mesi... non dice niente di utile - sospirai infastidito. 
Avevo perso la mia vita per trovare uno stupido documento uguale a tanti altri.
Le anime avevano messo a disposizione parte della loro energia, per niente. 


- Aspetta - Joel arrivò all'improvviso alle spalle di Elise. 
Avevo avuto l'impressione di non averlo visto da anni, invece eccolo lì... se non avessimo mai varcato la soglia di questo dannato ospedale...
- Gira il foglio, per favore - proseguì. Lo guardai stranito, avevo già letto quella pagina e non avevo notato niente di particolare. 
- In basso, leggi in basso - disse indicando la parte inferiore del documento.
Non vedevo nulla.
- Dai amico, possibile che non ti sei accorto? - mi chiese vedendomi perplesso. 
Guardai meglio.
- Ha ragione - disse Elise - Qui c'è qualcosa - socchiusi gli occhi per cercare di leggere meglio.

- La scrittura è quasi invisibile, troppo piccola - mi arresi. 
Prendemmo tutti un attimo per pensare, non ero solo, almeno. Non quella volta. 

Volevo chiedere scusa a Joel, per non essermi accorto prima della sua scomparsa e per non essere riuscito a salvarlo, avevo molti, troppi pensieri nella mia testa, ma dovevo concentrarmi. 
- Chi ha scritto questo documento è ancora qui? - chiesi quando mi venne un'idea.
 Elise alzò la testa che un momento prima era piagata sul foglio.
- Fammi pensare... non so chi si occupasse delle cartelle cliniche, ma conosco una persona che potrebbe saperlo - prese me e Joel per mano e ci portò di fronte allo specchio.
Non mi fece un bell'effetto vedere che al posto del mio riflesso ci fosse il retro della stanza. 
- June - disse. 
- June, ci serve il tuo aiuto - continuò agitando una mano sul vetro, che al suo tocco assunse la consistenza dell'acqua.
Restammo per tre minuti interi ad aspettare,  ed alla fine comparve la figura sbiadita di una donna. 
Era un po' in carne, sulla sessantina, ben truccata, diversa dagli spiriti visti fino a quel momento.
- Elise? Sei tu? Di cosa hai bisogno? - 

- Sai per caso chi ha scritto questo? - chiese porgendole il documento. 
Io osservavo la scena alquanto stupito, a Joel invece sembrava non importare troppo.
- Fammi dare un occhiata... beh... non ne sono proprio sicura... - rivolse il suo sguardo verso di me, poi smise di parlare. 
- Per favore - la supplicò Elise.
- D'accordo... ecco, quando io lavoravo alla reception, chi si occupava degli archivi era il vecchio custode, Eliott Foster. Un tipo strano, non parlava mai con nessuno, ma sapeva molte cose riguardo questo posto, fu proprio questo a costargli la vita... - disse con sguardo di compassione misto a paura. 
- Sai dirci dove trovarlo? - chiesi cercando di accelerare i tempi.
- L'ultima volta che l'ho visto era nella sua guardiola, ma vi prego, non fategli sapere che sono stata io a dirvelo - sembrava terrorizzata, chissà che uomo inquietante doveva essere.
Sparì immediatamente dopo che la ringraziammo, non ci restava altro che provare a rintracciare questo Eliott Foster. 

The echo of silenceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora