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CAPITOLO DUE: MIDDLE OF NOWHERE
La campanella suonò fastidiosamente riportandola alla realtà: chiuse di scatto l'armadietto, seccata da tutto quel baccano che la circondava e che certamente non era il massimo di prima mattina.
Il solito incubo si era presentato tutte le notti ed era abbastanza convinta che avrebbe continuato. Non aveva dormito molto bene ed era nervosa, quindi qualsiasi cosa succedesse intorno a lei la rendeva ancor più irritabile.
Anche la seconda settimana di scuola si era quasi conclusa e ancora non era riuscita a farsi nessuno amico. Aveva conosciuto qualche studente durante le lezioni, ma nessuno ancora l'aveva invitata a sedersi a pranzo e, proprio come il primo giorno, aveva passato quelle prime due settimane in biblioteca con un libro in una mano e un panino nell'altra. Scosse la testa, ripiombando nella realtà, avviandosi in classe: la prima lezione sarebbe stata quella di chimica: si alzava più volentieri la mattina al solo pensiero di poter partecipare a quella lezione, oppure a biologia o matematica. Le piaceva tutte ciò che avesse a che fare con la scienza e poteva ritenersi anche abbastanza brava.
Nonostante questo, non era mai stata un tipo competitivo e nemmeno una di quelle persone che avrebbe fatto del male a chiunque pur di emergere e raggiungere il proprio scopo.
Con questi pensieri nella mente, entrò finalmente in classe e si sedette in uno degli ultimi posti - visto che quelli in prima fila erano stati occupati - vicino ad un ragazzo, che se ne stava appoggiato con la testa sul banco e sembrava che dormisse.
«E' libero?» chiese.
Lui aprì di scatto gli occhi e annuì, passandosi una mano sul viso sperando di portare via la stanchezza che lo attanagliava e non gli permetteva nemmeno di tenere gli occhi aperti. Emma si sedette, tirò fuori il materiale e sperò che almeno quel giorno il professore le avrebbe fatto fare qualche vero e proprio esperimento.
Quando, distrattamente, alzò lo sguardo in direzione della porta d'ingresso, vide entrare Lydia Martin. Non la conosceva personalmente, ma aveva sentito parlare molto di lei: alcuni dicevano che fosse una sensitiva, ma guardandola bene, Emma constatò che fossero solo voci di corridoio. Come poteva una ragazza del genere, bella, popolare, alla moda essere una sensitiva? Mentre altri dicevano soltanto che fosse un piccolo genio in chimica. E questo poteva anche essere credibile. Non le staccò gli occhi di dosso finchè non si mise seduta e tirò fuori il proprio quaderno. Poi entrò un altro ragazzo che le si sedette vicino e la salutò con un sorriso. Era poco più alto di Lydia e aveva i capelli scuri e la pelle olivastra.
«Buongiorno!» la voce squillante del professore la costrinse a spostare lo sguardo di fronte a sé. L'uomo sistemò il materiale sulla cattedra e vi si appoggiò pronto a parlare «Oggi lavorerete a coppie per portare a termine un piccolo e semplice esperimento»
Afferrò l'elenco dei suoi alunni e cominciò a formare qualche coppia. Quando Emma sentì pronunciare il proprio nome, istintivamente trattenne il respiro e si preparò al peggio.
«Grimes» la voce del professore riecheggiò per tutta la stanza. Il resto della classe guardò nella sua direzione, ma Emma cercò di non farci caso. Quella situazione si ripeteva ormai da due settimane: essendo quella nuova, ogni volta che qualcuno chiamava il suo nome, tutti si giravano a guardarla, come se fosse stata un extraterrestre «Potresti lavorare con Lahey»
La ragazza si guardò un po' intorno, cercando il suo compagno, mentre il professore riprendeva a scorrere l'elenco dei nomi. Nessuno aveva alzato la mano, nessuno si era fatto avanti: forse era semplicemente assente, o forse...
«Sono io» parlò il ragazzo seduto vicino a lei, ancora mal disteso sul banco con gli occhi chiusi, interrompendo i suoi pensieri. Li aprì lentamente e si tirò su, sorridendole. Era davvero carino e, Emma potè constatare, molto più alto di lei: aveva i capelli scuri e gli occhi azzurri «Ma ti avverto: non sono per niente bravo in chimica»
Ridacchiò, scuotendo la testa: per lo meno era simpatico. Da quando frequentava quella scuola, non aveva conosciuto molte persone e quelle poche con cui aveva parlato non erano state per nulla simpatiche.
«Sono Isaac, comunque» continuò lui, afferrando qualche strumento per l'esperimento da compiere.
«Emma» rispose allungando la mano verso di lui e stringendo la sua che sembrava molto più grande. Non l'aveva mai detto a nessuno, perché la metteva in imbarazzo, ma i ragazzi con le mani grandi erano sempre stati una sua debolezza.
Quelle due ore di lezione passarono velocemente: non riuscirono a concludere l'esperimento perché troppo impegnati a parlare del più e del meno. Non avevano affrontato argomenti importanti, ma Isaac le aveva raccontato qualcosa di se stesso e di Beacon Hills. La campanella suonò e nessuno dei due se ne accorse. Si resero conto della fine della lezione, quando metà classe era corsa via per non far tardi per pranzo ed anche il professore aveva lasciato l'aula. Così, accecati dalla fame per l'ora tarda, riposero le loro cose velocemente negli zaini, e si diressero verso l'uscita.
«Ti va di mangiare insieme?» le chiese Isaac.
La verità era che a lui era subito piaciuta: aveva dormito per i primi quindici minuti di lezione perché gli allenamenti di Derek lo uccidevano. Il giorno seguente aveva sempre sonno e i muscoli gli facevano male. Però si era accorto di Emma, con quei capelli scuri, gli occhi azzurri e le labbra rosee; si era accorto che fosse timida, che non parlasse molto e che mangiasse ogni giorno chiusa in biblioteca. Non la stava invitando per pietà, ma perché credeva che fosse simpatica e, dopo le due ore passate insieme, ne era del tutto convinto.
«Dici davvero?» chiese la ragazza sorpresa, facendolo ridere. Poi si rese conto della risposta stupida e cercò di rimediare «Sì, scusa, mi- Sì, mi piacerebbe»
Isaac annuì serio e si avviarono insieme alla mensa: quando entrarono, il ragazzo si incamminò sicuro verso un tavolo in particolare e quando Emma vide chi vi fosse seduto, trasalì: aveva capito che avrebbero mangiato insieme. Loro due. Da soli. Ma, chiaramente, aveva frainteso. Non che fosse un problema, ma per lei era già difficile relazionarsi con una persona alla volta, farlo con un intero gruppo le era praticamente impossibile.
Lo seguì, finchè non si fermò di fronte al gruppo. Stiles la vide e alzò una mano per salutarla e sorrise, cercando di masticare tutto quello che aveva in bocca. Emma lo trovava adorabile e buffo allo stesso tempo. Ecco perché le era piaciuto sin dall'inizio, anche se aveva parlato con lui solo il primo giorno di scuola.
«Ciao ragazzi» disse Isaac; Emma si sedette in mezzo tra lui ed una ragazza dai capelli biondo cenere «Lei è Emma»
Tutti, ad eccezione di Isaac e Stiles, la scrutarono per qualche secondo, rendendo la situazione abbastanza imbarazzante. Lo sguardo del ragazzo che durante chimica si era seduto vicino a Lydia la stava trapassando e fu costretta a distogliere il proprio per paura di rimanerne pietrificata da un momento all'altro. Sembrava che un paio d'occhi così potessero uccidere.
«Lui è Scott» Isaac ruppe il silenzio, un po' infastidito. Sapeva che volessero capire se Emma fosse un lupo mannaro od una semplice umana, ma stavano esagerando e la stavano chiaramente spaventando. Già lui stesso, in classe, aveva appurato che si trattasse di una normalissima ragazza, ma ovviamente non ne fece parola con nessuno «Poi ci sono Malia,» continuò indicando la ragazza seduta accanto ad Emma «E poi Lydia, Kira, Boyd ed Erica»
Emma gli sorrise riconoscente e in men che non si dica, la situazione intorno a sé cambiò. Quel momento imbarazzante in cui aveva avuto gli occhi dell'intero gruppo su di sé si era finalmente concluso e tutti ripresero a parlare, passando dal cibo scadente della mensa, al test di matematica della settimana seguente, alla partita di lacrosse di quel sabato.
«A proposito,» cominciò Malia, voltandosi verso di lei «Ti va di venire?»
La ragazza rimase ferma immobile con la forchetta a mezz'aria e gli occhi spalancati. Le stavano davvero chiedendo di vedere la partita di lacrosse insieme sabato sera? Le scappò un sorriso: non poteva crederci. Nel giro di qualche ora si era fatta qualche nuovo amico e aveva una partita a cui partecipare quello stesso weekend.
«Si, è divertente» esclamò Lydia «Io, tu, Malia e Kira possiamo vederci nel pomeriggio e andare insieme alla partita, che ne dici?»
Emma era sempre più sbalordita: aveva pensato - e ne era convinta - che quella ragazza non le avrebbe mai rivolto la parola, perché troppo impegnata a mantenere la sua facciata da ragazza bella e popolare che non si abbassa a parlare con gli alunni che nessuno conosce e che frequentano quella scuola da sole due settimane. Invece, fu costretta a ricredersi: era stata davvero gentile.
«Davvero?» ripeté, incredula.
Malia annuì sorridendo, per poi ricordarsi di un'imminente lezione di matematica. Dopo aver insistentemente pregato Stiles di non farla andare, recuperò lo zaino e qualche libro e si allontanò con un'espressione imbronciata, facendo ridere l'intero gruppo.
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The girl who cried wolf | Teen Wolf
Hayran KurguDerek Hale x Original Female Character | «Dove hai preso quella collana?» chiese, guardandola dritta negli occhi. «Non lo so... Forse me l'ha data mia madre, prima che morisse» rispose Emma, con incertezza «Ce l'ho sempre avuta» Derek respirò profo...