All falls down

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CAPITOLO TRE: ALL FALLS DOWN

Sentiva freddo intorno a sé: aveva le mani gelate, gli occhi che pizzicavano e le gambe intorpidite, eppure era convinto di essere disteso e mezzo addormentato nel suo letto. Non che casa sua fosse una fornace, ma non si moriva così di freddo. Sbuffò, infastidito e aprì gli occhi, rimanendo spaesato per qualche secondo. Ciò che aveva di fronte non era la parete mezza intonacata alla destra della grande finestra - ancora doveva finirla, ma non si era deciso a scegliere il colore della tinta - ma la casa dove aveva vissuto prima della morte dei suoi genitori. Non la vedeva da anni ormai, eppure era sempre la stessa: non si era rovinata quasi per niente, aveva ancora quel colorito crema che piaceva tanto a sua madre, le persiane color legno e il tetto rosso mattone. Era esattamente uguale alla casa che aveva lasciato quando venne a conoscenza della tragica notizia. Gli era sempre piaciuto quel posto: era immerso nel bosco, d'estate era illuminato dai raggi del sole che filtravano attraverso i rami degli alberi e lui era libero di girovagare dove volesse, senza mettersi nei guai. Ma tutto ciò che ricordava era solo nella sua mente, perché di fronte a sé, il buio, il freddo ed il silenzio regnavano e la casa sembrava grigia e triste, come una fantasma che si era arreso alla sua condizione e non riusciva a trovare pace. Non sapeva perché fosse lì: un momento prima era nel suo loft e quello successivo di fronte ai suoi ricordi più nascosti. Probabilmente stava solo sognando, ma allora perché non riusciva a svegliarsi? Non era un tipo timido o codardo Derek, ma stare lì non gli piaceva e voleva tornare a casa. Fece qualche passo verso la casa, finchè i suoi piedi non toccarono il primo scalino, dei tre che conducevano al portico. Si fermò di scatto quando sentì una presenza alla sua destra. Alzò lo sguardo e seduta sulla sedia a dondolo, vide sua madre. Sbattè gli occhi più volte per capire se fosse vero, ma quella figura non se ne andava. Si rese conto che non si fosse accorta di lui e che, invece, si stesse rivolgendo a qualcun'altro. Salì i restanti scalini: sua madre era pallida come un fantasma ed era leggermente accucciata verso il basso, per poter parlare ad un bambino. Derek lo osservò per bene: avrà avuto sei anni circa, era corvino con gli occhi chiari e prima ancora che ne avesse piena consapevolezza, si rese conto di star guardando sé stesso da piccolo. Solo che non ricordava quella scena e non capiva cosa sua madre gli stesse sussurrando.
Fece un altro paio di passi verso di loro e si accucciò all'altezza del bambino, seduto a terra con alcuni giocattoli.
«Derek» lo chiamò la voce dolce, ma autorevole di sua madre «Promettimi che te ne occuperai»
«Promesso, mamma» rispose il bambino, senza nemmeno guardarla, troppo impegnato con il suo trenino a vapore. Derek sorrise, intenerito. Nonostante gli anni passati, i ricordi sbiaditi e il dolore che non lo lasciava mai libero, sorrideva ancora al pensiero dei suoi genitori.
«Derek, guardami» lo richiamò; alzò di scatto la testa e rimase ipnotizzato di fronte agli occhi rossi di sua madre. Talia odiava dover ricorrere a quei metodi per ricevere attenzione dai suoi figli, ma in quel caso, fu costretta, vista la situazione «Promettimelo»
Il bambino annuì, serio «Promesso»

The girl who cried wolf | Teen WolfDove le storie prendono vita. Scoprilo ora