Lead me out of the dark

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CAPITOLO UNDICI: LEAD ME OUT OF THE DARK

Aprì gli occhi lentamente, facendo cadere con pigrizia il suo sguardo sul gruppo di diciassettenni riuniti intorno al grande tavolo di legno del suo loft, intenti ad osservare e commentare una vecchia cartina di Beacon Hills. Erano passate quarantotto ore, o due giorni – non sapeva quale definizione di tempo fosse peggiore – dalla scomparsa di Emma e ancora non erano riusciti ad identificare il luogo che continuava ad apparire nelle visioni di Lydia. A differenza degli altri, stava perdendo le speranze: da alcune ore, ormai, aveva perso l'odore della ragazza e non conosceva molti altri metodi per poterlo recuperare. Si sentiva terribilmente in colpa: sapeva che prima o poi il branco di Deucalion avrebbe teso loro una trappola, avrebbe fatto del male a qualcuno. Aveva sempre pensato di esser lui la cavia, lui a dover soffrire ed invece gli Alpha avevano puntato direttamente alla preda più umana, semplice, ingenua ed indifesa. Ogni volta che chiudeva gli occhi e pensava ad un possibile nascondiglio, l'immagine terrificante di una Emma ferita, agonizzante o – peggio, ancora – morta faceva capolino nella sua mente e un ringhio trattenuto lasciava le sue labbra per rimbalzare contro le pareti bianche e piene di umido del suo loft. Ogni minuto che passava, per lui, era sempre più difficile credere di poterla ritrovare. Lo voleva, lo voleva disperatamente, ma conosceva la cattiva sorte che lo aveva sempre perseguitato nel corso della sua vita e di nuovo, gli sembrava giusto almeno un po' piangersi addosso e lasciare che il suo cuore si rompesse in mille pezzi, una volta caduto con forza sul pavimento di legno di casa sua.
Tutti la stavano cercando, sebbene senza successo: il branco, la polizia, i suoi stessi genitori – che da quanto aveva sentito da Malia, erano abbastanza scioccati ed impauriti, visto che non avevano la minima idea che qualcuno potesse avercela con la loro figlia, in una piccola e tranquilla cittadina come quella. Lo sceriffo Stilinski lo aveva chiamato immediatamente, una volta saputa la notizia, e gli aveva chiesto un aiuto nelle indagini. Ma Derek sapeva perfettamente che ne la polizia ne i signori Grimes sarebbero riusciti a trovarla: il branco era l'unica ed ultima possibilità, che comunque si stava dimostrando inutile, visto che nemmeno i loro poteri soprannaturali stavano dando loro modo di rintracciare il luogo dove si trovasse.
«Questa è l'unica cosa che ho trovato» la voce di Malia riempì la stanza. Il ragazzo piombò nella realtà ed il suo sguardo si appoggiò indifferente sulla figura della ragazza, che stava rientrando nel loft con il cuscino di Emma tra le mani.
Alla vista di quell'oggetto, gli si formò un groppo in gola: per un momento smise di respirare e gli occhi si riempirono di lacrime, che – come sempre aveva fatto in vita sua – cercò di reprimere e far scomparire del tutto. Quell'oggetto riportò a galla ricordi e dettagli che persino lui aveva temporaneamente dimenticato. Quante mattine aveva passato a guardare Emma appoggiata alla stoffa bianca e soffice del cuscino mentre dormiva tranquilla, quante volte entrambi si erano sdraiati su quell'oggetto, a parlare, a confidarsi pezzi di vita che nessun altro conosceva, fino a che le loro voci si mescolavano e si affievolivano, per poi cadere in un sonno profondo.
Sospirò mettendosi seduto sul divano con le braccia appoggiate alle ginocchia e le mani sotto il mento, per sorreggere la testa. Erano passati solo due giorni, eppure sembrava trascorsa un'eternità. Era stanco, afflitto e completamente nel panico: il suo cervello non riusciva a sbloccarsi e a trovare una soluzione. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era: come avrebbe fatto ad andare avanti con la sua vita, se l'avesse persa?
«Credi che funzionerà?» la voce preoccupata di Kira richiamò la sua attenzione. Guardò quei ragazzini di diciassette anni così forti e coraggiosi e per un momento, seppur piccolo, si sentì al sicuro. Non avevano bisogno di un Alpha per essere un branco e non avevano bisogno di uccidere e fare del male agli altri per essere più forti. Bastava avere fiducia l'uno nell'altro e per quanto, molto spesso, non li sopportasse, sapeva che avrebbe potuto contare su di loro in qualsiasi momento, perché ci sarebbero sempre stati per lui.
«Perché non dovrebbe?» intervenne Stiles sicuro, sebbene la sua voce fosse preoccupata, cercando di convincere più se stesso, che gli altri «Funziona sempre e funzionerà anche questa volta»
«Derek?» Scott lo richiamò.
Si alzò a fatica e con lentezza, rimanendo in completo silenzio mentre tutti gli occhi dei ragazzi si appoggiavano preoccupati sulla sua figura. Si avvicinò alla ragazza e le sfilò dalle mani quell'oggetto, a cui si stava aggrappando con tutta la sua forza per non cadere nel baratro profondo e doloroso della sua mente. Doveva smetterla di pensare, doveva solo agire. Lo strinse tra le dita e guardò come la stoffa si piegava sotto la sua stretta, respirò a fondo tentando di reprimere l'ennesimo ringhio di frustrazione e allentò la presa.
«Deve funzionare» parlò infine, a fil di voce, ma sapeva che lo avrebbero sentito «E' l'ultima possibilità che abbiamo»
Guardò di nuovo il cuscino pallido e morbido come la pelle di Emma, avvicinandolo al viso ed ispirando a fondo il suo odore. Il profumo fresco della ragazza lo colpì come un pugno nello stomaco ed ebbe la tentazione di strapparlo a morsi pur di non doversi trovare in quella situazione, ma continuò comunque ad ispirare. Voleva sentirlo, voleva che il suo profumo gli rimanesse imprigionato nella mente, nel cuore, tra le vene e le ossa per sempre. Sapeva di menta, di eucalipto e di qualcos'altro altrettanto fresco che non riusciva a capire, ma soprattutto sapeva di lei. Ognuno di loro aveva un proprio odore particolare, personale e lui, quello di Emma, sarebbe riuscito a riconoscerlo tra mille.
Appoggiò l'oggetto sul tavolo e guardò gli altri «Ripartiamo da casa sua»
Gli altri annuirono e senza aggiungere altro, si diressero verso il divano dove avevano malamente gettato le giacche. Cercando di fare il minimo rumore, le indossarono e si avviarono all'uscita. Derek rimase fermo dov'era: doveva muoversi, prendere la giacca, le chiavi della macchina, chiudere la porta ed andare, ma tutto ciò che riuscì a fare fu sospirare e appoggiare le mani sul tavolo, per poi chinare la testa verso il basso, per scrutare i suoi piedi. Non l'avrebbero trovata, probabilmente l'avevano già uccisa e tutto quello che stavano facendo era completamente inutile.
«Derek» Scott richiamò la sua attenzione. Il ragazzo si voltò e puntò il suo sguardo indifferente sul viso dell'amico. Indugiò per un po', poi fece un passo verso di lui e gli appoggiò la mano sulla spalla «La troveremo. Viva, la ritroveremo viva. Promesso»
Derek annuì impercettibilmente e alla fine si mosse. Afferrò tutto il necessario senza nemmeno rendersene conto, mentre vide gli altri affrettarsi fuori e dirigersi verso le loro auto. Anche lui fece lo stesso: salì – seguito da Malia e Lydia – mise in moto e seguì la jeep azzurra di Stiles, verso casa di Emma.

The girl who cried wolf | Teen WolfDove le storie prendono vita. Scoprilo ora