Rusalki

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a/n: mi farebbe molto piacere se, una volta letto il capitolo, vi soffermiate un attimo di più sullo spazio autore, perchè ci sono alcuni chiarimenti riguardo al capitolo
Buona lettura!

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CAPITOLO QUATTORDICI: RUSALKI

I suoi occhi cercavano di seguire gli alberi che si susseguivano velocemente, uno dietro l'altro, lungo il ciglio della strada. La camaro di Derek si muoveva velocemente sull'asfalto, lasciato umido dalla pioggia. Forse troppo velocemente, per i suoi gusti. Da quando erano usciti, in fretta e furia, dal suo loft non si erano scambiati nemmeno una parola. Tutto, intorno a lei, era come se si fosse congelato in quell'unico momento che non avrebbe mai più dimenticato.
Ancora si chiedeva come potesse essere successo: era convinta – anche se aveva avuto bisogno di qualche minuto per accettare la cosa – di esser stata lei a provocare quel serpente d'acqua, ma da quello che ne sapeva, quel potere non si era mai manifestato durante la sua vita e per di più, aveva sempre pensato e saputo di essere completamente umana.
Seguì con lo sguardo una piccola goccia d'acqua correre impaurita lungo il finestrino: si mosse leggermente, appoggiando un dito sul vetro, per seguire la sua scia, finchè non la vide unirsi ad un'altra più grande.
Cercava di trovare qualsiasi cosa da fare, pur di non guardarlo. Non riusciva a parlargli – anche se, avrebbe avuto una marea di cose da dirgli e un milione di domande da fargli – e non riusciva nemmeno ad alzare lo sguardo e fissare i suoi occhi verdi.
L'unica cosa che rientrava nel suo piccolo campo visivo erano le mani di Derek. Grandi come sempre, ma tese, come raramente le aveva viste. Le teneva ben salde sul volante, stringendolo più del dovuto. Non appena sentiva le nocche farsi bianche, lo guardava allentare la presa e prendere un bel respiro, come se avesse vissuto in apnea fino a quel momento.
La verità era che Derek Hale si sentiva tradito e arrabbiato. Ad essere del tutto sinceri, non sapeva nemmeno contro chi avesse tutta questa ostilità – verso se stesso per non essersene accorto prima o verso Emma per avergli mentito? – che lo stava facendo andar fuori di testa.
Forse era stata tutta colpa sua: non avrebbe dovuto dirle di allenarsi, non avrebbe dovuto obbligarla e forzarla in quel modo. Se non l'avesse pressata così tanto, spaventata a morte, forse non sarebbe accaduto nulla di tutto ciò. O forse – pensò, entrando nel parcheggio di fronte alla clinica di Deaton – sarebbe successo ugualmente e lui sarebbe stato costretto a trovare una soluzione.
Lanciò un'occhiata veloce ad Emma, che gli dava le spalle. Il suo volto era completamente rivolto verso il finestrino, ma, nonostante questo, poteva benissimo sentire il suo cuore battere velocemente ed intuire il suo stato d'animo. Trasudava tristezza, rabbia e frustrazione.
Parcheggiò e spense il motore: per un attimo, nel piccolo abitacolo dell'auto, ci fu silenzio. Derek si preoccupò, però, di spezzarlo immediatamente per evitare che diventasse imbarazzante.
«Andiamo» le ordinò, atono, mentre apriva lo sportello e scendeva.
Deaton era la prima persona a cui aveva pensato, per il semplice motivo che conoscesse Emma molto bene e perché fosse l'unico ad intendersi di creature sovrannaturali. Era abbastanza sicuro che avrebbe potuto dare un nome a quello che la ragazza aveva combinato, ma la cosa che lo spaventava maggiormente era la possibilità che Emma potesse improvvisamente trasformarsi in un nemico da tenere alla larga.
Un aggroviglio di pensieri ed emozioni si attorcigliava e diventava sempre più stretto nella sua mente. Era così arrabbiato con Emma per averlo provocato, per non essersi fidata di lui, ma allo stesso tempo riusciva a vedere – mentre la guardava scendere di macchina – quanto si sentisse persa, confusa e piccola in quella felpa, che le andava un po' grande. Per la prima volta, da quando avevano litigato, provò il forte impulso di andare da lei, abbracciarla e dirle che, qualunque cosa fosse successa, sarebbe andato tutto bene. Però, il suo orgoglio lo richiamò e lui non fece niente di ciò che aveva immaginato.
La clinica, fortunatamente, era ancora aperta, così sì avviò spedito verso l'ingresso, spingendo la porta e richiudendosela alle spalle, una volta che anche Emma fu dentro.
Nell'ingresso non c'era nessuno: si guardarono entrambi un po' intorno, facendo comunque attenzione a non far incontrare i loro sguardi. Emma temeva che, se l'avesse guardato e avesse sentito tutta la rabbia che aveva per lei, avrebbe rischiato di rimanere fulminata sul posto. Non era un lupo mannaro e, per quanto ne sapesse, non aveva doti sensoriali ultra sviluppate, ma poteva sentire la frustrazione del ragazzo colpirla come un pugno nello stomaco. Un pugno che si era meritata, ma che faceva male da morire.
Rimasero in silenzio ed in attesa, fino a che la porta della stanza in cui Deaton curava gli animali si aprì all'improvviso e ne uscì una bambina con un cagnolino in braccio, seguita dal proprio padre e dal veterinario.
«... Devi tenere Daisy al caldo e a riposo» le stava dicendo «In pochi giorni, dovrebbe rimettersi, intesi?»
La bambina annuì felice, ferma sulla soglia della porta «Grazie, dottor Deaton»
L'uomo le sorrise e la seguì con lo sguardo fino a che lei ed il padre non furono fuori dall'edificio. In un secondo momento, si avviò verso la porta d'entrata e la chiuse a chiave, convinto che fosse successo qualcosa di serio, viste le espressioni sconvolte che aleggiavano sui volti dei due ragazzi.
Senza dire niente, li fece accomodare dentro la stanza e si chiuse la porta alle spalle. Emma ricordava perfettamente quell'ambiente, ed anche in quel momento, le sembrò così distaccato e formale. Non si era mai sentita a suo agio lì e sapere che Derek l'avesse trascinata lì dentro solo per scoprire di quale bestia si trattasse, non migliorava di certo le cose.
Deaton girò intorno al lettino, su cui fino a due minuti prima aveva curato quella dolce cagnolina, e non appena si rivolse a loro, il suo sguardo cadde perplesso sulla maglietta completamente a brandelli di Emma.
«Perché è strappata?» domandò lentamente, rivolgendo i propri occhi a Derek, il quale sbuffò come se fosse stato scontato che fosse stato lui a ridurla così. Il che era vero, ovviamente, ma gli dava fastidio che il primo pensiero di Deaton fosse stato lui.
Emma rimase in silenzio e abbassò la testa, senza il coraggio di rispondere. Era così difficile spiegare cosa fosse successo, perché nemmeno lei sapeva come aveva potuto tirar fuori un potere così grande da un corpo minuto come il suo.
«Sono stato io» rispose allora il ragazzo, dando sfogo ai suoi pensieri. Aveva una voglia matta di fare a pezzi tutto ciò che aveva intorno, soltanto per liberarsi da quel peso estraneo che sentiva all'altezza del petto. Aveva voglia di ferire, distruggere, uccidere, annientare qualcosa, aveva un bisogno disperato di rilasciare tutta l'ansia che stava trattenendo e che non lo faceva respirare «Ci stavamo allenando-»
«Vi stavate allenando?» lo interruppe Deaton, perplesso, guardando la ragazza «Emma, perché ti alleni?»
«Io... Io-» balbettò, ma Derek fermò quel fluire incerto di parole, per continuare il suo racconto.
«Abbiamo litigato perché sostiene che debba allenarla come faccio con gli altri» raccontò «Non volevo farlo, ma lei mi ha provocato: l'ho bloccata contro la parete con gli artigli che le sfioravano la pelle e ad un certo punto un vortice d'acqua è uscito da un bicchiere e ha quasi bruciato Isaac!»
Le parole uscirono una dopo l'altra, in modo veloce, confuso e talvolta senza senso, ma la sensazione che provò dopo aver dato voce ai propri pensieri lo fece sentire meglio: era come se avesse confidato un segreto a qualcuno di cui si fidasse e non fosse più costretto ad essere l'unico a sapere, a doverlo mantenere.
«Aspetta» disse Deaton, appoggiando le mani sul lettino e sporgendosi verso di loro «Questo vortice d'acqua è uscito da un bicchiere?»
Derek si sentì lievemente infastidito dal tono con cui il dottore si era rivolto a lui, come se non credesse alle sue parole, come se lo stesse prendendo in giro.
«Sì» rispose la voce di Emma. La ragazza incontrò lo sguardo di Deaton ed una lacrima solitaria e pigra le rigò una guancia. Derek serrò gli occhi, reprimendo l'istinto di asciugarle il viso e dirle di stare tranquilla.
L'uomo ricambiò lo sguardo e parve convincersi delle parole del ragazzo, ma, nonostante questo, continuò a rivolgersi ad Emma «Credi di essere stata tu a provocare il vortice d'acqua?»
«Sì» rispose lei «Stavo quasi per uccidere Isaac»
Deaton rimase per un attimo un silenzio: la sua mente stava già lavorando, andando a recuperare nei meandri delle sue conoscenze il famoso bestiario a cui normalmente faceva riferimento quando qualche nuova creatura giungeva più o meno furtivamente a Beacon Hills.
«Come ti sei sentita in quel momento?» chiese allora, cercando già di farsi un'idea e di dare un possibile nome a quel potere.
Emma ci pensò per un po': come si era sentita? Come se fosse stata in trappola, come se ogni convinzione che aveva avuto fino a quel momento fosse stata smentita da Derek e dai suoi occhi color ghiaccio che le chiedevano di arrendersi. Sospirò ed evitò volutamente lo sguardo del ragazzo su di sé, che stava aspettando risposta «Inizialmente, è stata come una combinazione di rabbia, ansia e paura, poi ho sentito come un calore salire su dallo stomaco, verso la gola e fino al cervello. Alla fine, quando ho aperto gli occhi e ho visto quel vortice, ero come paralizzata: tutto ciò che riuscivo a vedere e sentire era lo scroscio dell'acqua. Mi sentivo attratta da quel vortice come se fosse stata una calamita»
Mentre raccontava a voce alta quello che aveva sentito in quel preciso momento, le venne improvvisamente in mente che aveva già sperimentato quella sensazione di attrazione nei confronti dell'acqua, solo che non riusciva a ricordarla.
«E quando hai visto Isaac in quelle condizioni?» azzardò Deaton.
Quella fu la risposta più difficile da dare e per la prima volta, la ragazza si voltò verso Derek e lo guardò negli occhi in cerca di aiuto. Erano a soli dieci centimetri di distanza, eppure sembravano distanti anni luce. Sembravano due estranei, eppure per un motivo a lei sconosciuto, sentiva di aver bisogno di lui in quel momento, perché sapeva che fosse l'unico che potesse capire il suo stato d'animo.
«Mi sono sentita un mostro» rispose, mentre un'altra lacrima lasciava i suoi occhi, che non si staccarono nemmeno per un secondo dal ragazzo.
Quella piccola frase colpì Derek così forte da fargli male e non potè altro che fare un passo verso di lei e stringerla a sé, per tornare finalmente a respirare. Emma circondò la sua vita con le braccia e si strinse a lui come se fosse stata la sua ancora di salvezza.
Il ragazzo interruppe il contatto e la guardò, sorridendo e appoggiandole le mani sulle guance per portare via qualche lacrima. «Emma, non sei un mostro»
«E' la prima volta che succede una cosa del genere?» Deaton riprese a parlare.
Emma deglutì prima di rispondere «No- Cioè sì» affermò, confusa «Non ho mai provocato un vortice d'acqua in vita mia, ma ho già avuto questa sensazione di attrazione nei confronti dell'acqua, ma non ricordo-»
«Il lago» si intromise Derek, guardando entrambi «Quando c'hai raccontato di sognarlo, hai detto che era come se ti chiamasse; e la stessa cosa è accaduta anche quel giorno, quando ce ne stavamo andando da casa mia, che ti sei ritrovata di fronte al lago, senza nemmeno rendertene conto»
La ragazza aggrottò le sopracciglia, pensierosa, mettendo insieme i pezzi di quel puzzle così complicato, che era la sua vita da quando era arrivata in quella cittadina. Ripercorse velocemente gli incubi passati ed il ricordo di cui aveva parlato Derek, per poi rendersi conto che avesse di nuovo ragione. Per quanto considerasse tutto ciò che era accaduto quel giorno strano ed inquietante, fu costretta ad ammettere a se stessa che alcuni sintomi, che avevano portato a quel risultato, avevano sempre fatto parte di lei.
Ricambiò l'occhiata del ragazzo, adesso più preoccupato che mai, e si voltò verso Deaton in attesa di una risposta. Non sapeva se l'uomo sarebbe stato in grado di fornirgliene una, ma era la sua unica ed ultima possibilità. Doveva sapere, altrimenti non sarebbe mai più riuscita a vivere in modo tranquillo ed equilibrato.
L'uomo non rispose subito, ma si prese qualche minuto prima di aprire bocca e parlare. Aveva una vaga idea della risposta da dare: aveva velocemente selezionato alcune creature sovrannaturali e sperava di continuare così – attraverso le rivelazioni della ragazza – e poter giungere con certezza ad una sola.
«Credo di sapere di cosa si tratti» disse infine, parlando lentamente. Gli occhi dei due ragazzi erano fissi sulla sua figura. Era abituato a quelli sguardi fermi, vuoti, immobili, ma curiosi di ricevere comunque una risposta «Le chiamano rusalki»
«Rusalki?» affermò Derek, alzando un sopracciglio, sorpreso.
Emma rimase in silenzio, sconvolta nel profondo da quel nome. Non sapeva di quale creatura si trattasse, eppure i suoni di quella parola erano così duri e distanti da lei, che provò soltanto odio e ribrezzo. Quel nome poteva soltanto predire qualcosa di negativo.
Deaton sospirò, cercando di trovare le parole giuste, visto che nessuna di loro sarebbe stata di conforto «Sono gli spiriti femminili associati ai fiumi e ai laghi della mitologia slava o russa. Se può risultare più semplice, sono la versione slava delle tipiche sirene» iniziò «Nell'antichità, venivano festeggiate durante la primavera, perché potevano influire sulla fertilità delle donne, sui raccolti, sulla pesca, sulla caccia, curare malattie, ma anche causare la morte. È per questo che, nella maggior parte dei casi, vengono considerate come demoni veri e propri» s'interruppe, ma nessuno dei due ragazzi si azzardò ad aprire bocca. Derek era troppo sconcertato anche solo per credere a quelle parole, mentre Emma avrebbe preferito morire «Le rusalki sono in grado di uccidere gli uomini – molto spesso i loro amanti – semplicemente ridendo. Secondo quello che raccontano le varie leggende, custodiscono le anime di giovani donne suicide o morte per annegamento nei pressi di un determinato lago o fiume»
L'uomo si fermò di nuovo, sicuro che questa fosse la storia giusta. Voleva solo aspettare che Emma si rendesse pienamente conto delle sue parole.
«Mia madre è stata annegata in un lago» la voce della ragazza uscì rauca e sconvolta dalla sua bocca «E... Ed era giovane»
«Deaton, non è possibile» s'intromise Derek, cercando di dare una connotazione quantomeno reale a quella storia, avendo già capito come stessero le cose, ma l'uomo non gli rivolse nemmeno uno sguardo, troppo concentrato sulla figura di Emma.
«Custodisco l'anima di mia madre?» chiese, allora, titubante la ragazza ed il dottore fu costretto ad annuire, per poi riprendere il suo racconto.
«Queste creature non sono malvagie, cercano solo giustizia» riprese «Nel momento in cui l'anima della giovane donna rimane a girovagare nel limbo e porta con sé una questione in sospeso, nasce una rusalki, che si prende la briga di riportare quell'anima sulla terra e cercare vendetta»
«Vendetta?» domandò Emma, perplessa.
«Le leggende raccontano che solo quando la rusalki riesce a togliere la vita a chi ha ucciso la giovane donna, allora scompare per sempre»
Emma scattò, facendo un passo indietro, come se si fosse bruciata «Non voglio questo potere, non voglio uccidere nessuno»
«Perché questa...» Derek gesticolò nervoso, indicando Emma «Cosa si è manifestata solo adesso?
«Hai sottoposto Emma ad un alto grado di rabbia, angoscia, rancore e paura: tutto questo ha scaturito la rusalki. Il suo è stato semplicemente un modo per difendersi»
«Allora perché non è successo niente quando è stata rapita?» continuò Derek.
«Perché è stata sedata e questo non le ha dato la forza necessaria per proteggersi»
Ad Emma tutte quelle parole arrivavano ovattate: aveva smesso di ascoltare la conversazione dei due da un bel po', troppo concentrata su tutte quelle storie che Deaton le aveva appena raccontato. Poteva credere ai lupi mannari, alla loro capacità di assorbire il dolore e ai loro sensi ultra sviluppati, ma non poteva credere che l'anima di sua madre – morta ormai da più di quindici anni – fosse all'interno del suo corpo. Non poteva credere una cosa del genere, era troppo surreale per poter essere vera. Eppure, aveva scatenato quel vortice d'acqua, aveva sentito Isaac bruciare ed urlare come se fosse sul punto di morire. Come poteva non vedere come stessero realmente le cose, quando aveva prove così evidenti di fronte ai suoi occhi?
Derek e Deaton stavano ancora parlando, ma non le importava molto. Aveva bisogno di sapere, di trovare risposta a tutte le domande che stavano girando come un vortice, nella sua mente.
«Cosa...» prese un respiro profondo, interrompendo i due «Cosa sono in grado di fare?»
Il veterinario congiunse le mani di fronte al petto «Questa creatura è un demone, Emma, e non sempre è facile controllarlo. Puoi far del male alle altre persone, soprattutto quelle a cui tieni» fece una pausa «Proprio come è successo oggi con Isaac. Ma puoi anche guarire gli altri: di solito, le uniche ferite a cui puoi porre rimedio sono quelle che tu stessa hai causato»
A quelle parole, gli occhi della ragazza cercarono immediatamente la figura di Derek: sapeva che non sarebbe riuscita a tenere sotto controllo il suo potere e che avrebbe finito per fargli del male, e per quanto ancora fosse arrabbiata con lui, non avrebbe voluto nemmeno torcergli un capello.
«Non voglio essere questa cosa» ripetè, stringendosi nelle spalle e trattenendo a stento le lacrime «Non voglio essere un mostro che fa del male agli altri, non-» singhiozzò.
«Ci deve pur essere un modo per eliminare questo demone, no?» l'anticipò Derek, guardandola e sentendo il suo cuore batterle furiosamente nel petto. Quel rumore così martellante lo faceva star male.
«Sì, esiste» rispose tranquillo Deaton, ed in un attimo, le espressioni di Derek ed Emma si riempirono di speranza «Emma deve uccidere chi ha affogato sua madre nel lago»
«Deucalion» sussurrò la ragazza tra sé e sé, sicura che entrambi, comunque, l'avrebbero sentita.
«Esatto» rispose l'uomo «Uccidi Deucalion: la rusalki se ne andrà e tu perderai ogni potere, tornando ad essere una semplice umana»
«Non ucciderò proprio nessuno!» esclamò lei, risentita «Non sono un'assassina, e poi- Poi, non saprei nemmeno come fare! E' un licantropo, è mille volte più forte di me»
Deaton appoggiò le mani sul lettino, che ancora faceva da divisorio tra loro, e si piegò in avanti verso di lei «Sai manipolare l'acqua e renderla bollente: usa questo potere a tuo favore» rispose soddisfatto, sapendo di avere ragione «Devi solo imparare a controllarlo e Derek può aiutarti in questo»

The girl who cried wolf | Teen WolfDove le storie prendono vita. Scoprilo ora