Find my way back

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a/n: prima di lasciarvi al capitolo (ebbene sì, l'ultimo capitolo), vi do qualche precisazione per facilitarvi la lettura

1) Le vicende raccontate in questo capitolo si svolgono, nella prima metà, 5 anni dopo il ritorno di Emma a Beacon Hills, mentre nella seconda metà (a grandi linee, ovviamente) circa 8 anni dopo (sempre prendendo come punto di riferimento il ritorno della ragazza a BH), per cui tra la prima parte e la seconda parte ci sono circa 3 anni

2) I salti temporali più lunghi (mesi oppure anni) sono indicati dai tre linee (———) che troverete talvolta tra un paragrafo e l'altro

Credo di aver detto tutto, per cui vi lascio alla lettura e ci vediamo più tardi nello spazio autore!

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CAPITOLO VENTI: FIND MY WAY BACK

Emma alzò finalmente lo sguardo dalle scartoffie appoggiate sul tavolo di fronte a lei. Era una giornata tranquilla, una di quelle che, sin dall'inizio, non mette fretta: il sole pallido di settembre entrava dalla grande finestra del loft, diviso in raggi di luce grandi e larghi, che si riflettevano sul pavimento. La ragazza si guardò intorno rilassata e si crogiolò in quel silenzio, che, molto raramente, aveva l'occasione di vivere.
In quei cinque anni appena trascorsi da quando era tornata a Beacon Hills, c'erano stati ben pochi momenti di tranquillità: erano stati felici, dinamici, movimentati, stressanti, ma mai calmi. O silenziosi.
Si riappropriò della penna, rimasta nascosta sotto un foglio, e riprese a leggere. Per quanto fosse faticoso e, molto spesso, rischioso, le piaceva fare l'avvocato. Non era mai stato il lavoro dei suoi sogni, ma come Derek aveva affermato riguardo all'essere un agente di polizia, anche lei, ad un certo punto, aveva sentito il bisogno di trovare un mestiere che le permettesse di aiutare gli altri.
Così, l'idea di frequentare la facoltà di giurisprudenza era arrivata un po' all'improvviso, come un fulmine a ciel sereno. Ancora ricordava bene quel momento: stava discutendo con Malia riguardo alle domande accolte o meno dalle varie Università, quando il dépliant della facoltà di legge le capitò fra le mani, interessandola fin da subito.
I suoi genitori pensarono sin dal primo momento che fosse un rischio frequentare corsi relativi a materie e argomenti a cui lei non si era mai interessata, ma Derek fu l'unico ad incoraggiarla davvero e a convincere i signori Grimes che fosse la scelta migliore per lei.
Quel pensiero la riportò immediatamente a quando aveva fatto conoscere al ragazzo i suoi genitori: era stato, probabilmente, il momento più imbarazzante della sua vita, visto che Derek non aveva mai conosciuto la famiglia di una delle sue fidanzate e non era certamente abituato ad una situazione del genere. Il tutto, però, era andato a buon fine: sua madre lo adorava essenzialmente perché era un bel ragazzo sia dal punto di vista fisico («Emma, tesoro, adesso tuo padre non mi sembra più così bello come credevo»), che caratteriale; mentre a suo padre piaceva così tanto perché la rendeva felice e la faceva sorridere di continuo. E perché – cosa altrettanto fondamentale – tifavano per la stessa squadra di baseball.
Sorrise al pensiero, scuotendo la testa divertita, mentre sottolineava con un evidenziatore giallo una frase importante riguardo ad un caso su cui stava lavorando.
Alzò la testa di scatto, quando sentì un paio di chiavi girare nella toppa della porta. La prima cosa che vide fu Derek stretto nella sua infallibile giacca di pelle nera, ormai vecchia e rovinata: teneva in una mano le chiavi dell'auto ed il cellulare; nell'altra la piccola mano di Oliver che strascicava dietro di sé, con apparente fatica, un coniglietto azzurro di pezza. Il bambino entrò in casa correndo, non appena vide la madre, e gli mostrò il giocattolo.
«Mamma, guarda!» esclamò, mentre gli occhi verdi come lo smeraldo si illuminavano felici. Emma si accucciò per essere alla sua altezza ed in un secondo momento, lo prese in braccio «La nonna me l'ha aggiustato!»
«Ha fatto davvero un bel lavoro» ammise la ragazza con sincera ammirazione. Guardò il ragazzo divertita e mise giù il bambino, che già stava scalpitando per poter andare a giocare.
«Togliti la giacca, scimmietta» gli ricordò Derek, passandogli una mano tra i capelli corvini «E le scarpe»
Il bambino annuì, perso nelle proprie fantasie ed i due ragazzi lo guardarono allontanarsi, mentre trotterellava e canticchiava, mangiandosi di tanto in tanto le parole, per via del ciuccio che teneva tra i denti.
Emma ridacchiò, divertita per poi rivolgere la sua attenzione a Derek, il quale aveva una strana espressione stampata sul volto. Sembrava stesse cercando la risposta ad un enigma impossibile. Ad un tratto, come se niente fosse, tornò in sé.
«Tutto bene?»
Non si preoccupava più così tanto, come aveva fatto in passato. In quei cinque anni, non si erano presentati problemi catastrofici o creature sovrannaturali di nessun genere, per cui tutto il branco aveva imparato a vivere nella normalità della vita quotidiana. Persino Derek – che non aveva mai vissuto una vita tranquilla – aveva pian piano allentato la tensione, aveva capito come poter vivere normalmente senza esser costretti a restare vigili ventiquattr'ore su ventiquattro. E' vero che, con l'arrivo di Oliver, comportamenti e atteggiamenti vari di preoccupazione ed ansia si erano fatti più forti, ma Emma era convinta che fosse una semplice e naturale reazione all'idea di avere e dover crescere un figlio.
«Sì, è solo che-» Derek sospirò, cercando di concentrarsi. Era tornato in sé, eppure sembrava ancora inseguito da questo dubbio a cui non riusciva a dare risposta «Sento un battito in più»
«Che vuoi dire che senti un battito?» la ragazza corrugò la fronte «Percepisci i nostri: il mio, il tuo e quello di Oliver»
«E un altro» aggiunse.
Emma stava per replicare, quando il bambino entrò nella stanza, correndo verso il centro – stracolmo di giocattoli – per sedersi a terra e riprendere quello che aveva interrotto prima di uscire.
«E' qui, in questa stanza» riprese Derek «Con noi»
«Non è possibile» commentò «Ci siamo solo noi qui»
«Lo so, è che-» s'interruppe, finalmente con la soluzione davanti agli occhi «Oddio
«Che c'è?»
Il volto del ragazzo si aprì in un sorriso troppo felice per essere vero ed i suoi occhi si riempirono di lacrime di gioia, scintillando come diamanti. Emma lo guardò, senza capire, continuando a vagare nella propria ignoranza, chiedendosi cosa stesse succedendo. L'ultima volta che aveva visto Derek in quelle condizioni – seppure più spaventato – era stato quando gli aveva detto di essere incinta di Oliver. Quel momento era ancora impresso nella sua mente: aveva solo ventitré anni, l'università appena finita ed un lavoro da trovare. Era stata per giorni senza dire niente a nessuno, tanto meno a lui, ma alla fine si era fatta coraggio: come avrebbe fatto senza l'aiuto di Derek?
«Emma, sei incinta»
Le parole, stracolme di gioia e stupore, del ragazzo le arrivarono ovattate e rimbombarono in tutta la stanza. Solo Oliver continuò la propria routine di gioco senza minimamente accorgersi di quello che stesse accadendo intorno a lui.
Sul volto della ragazza, comparve un timido sorriso, quasi di incredulità, che in un secondo momento si trasformò in pura e semplice felicità: quei due bambini non erano mai stati programmati, eppure era arrivati lo stesso e avrebbero portato comunque allegria. Saltellò sul posto, come una bambina, nonostante i suoi ventisei anni.
Si lanciò letteralmente verso Derek, abbracciandolo. Il ragazzo scoppiò a ridere, prendendole poi il viso tra le mani per baciarla. Quel bacio era diverso da tutti gli altri: era dolce come il miele, salato come le lacrime che entrambi stavano versando e sapeva di bambino, di tenerezza e amore. Era un bacio unico ed Emma l'avrebbe ricordato per sempre.
Il ragazzo interruppe il contatto e la guardò «Adesso dovremmo dirlo ad Oliver, no?»
Annuì, prendendolo per mano, per avviarsi al centro della stanza: si sedettero a terra vicino al bambino ed Emma lo prese in braccio, stritolandolo in un abbraccio.
«Scimmietta, che dici? Ti piacerebbe avere un fratellino o una sorellina?»
Oliver socchiuse lievemente gli occhi, guardandoli senza capire. Poi si voltò verso sua madre e scosse la testa «No, non lo voglio»
Derek ridacchiò, per niente sorpreso da quella risposta. Era stato l'unico maschio in mezzo ad una marea di donne e per quanto il destino non avesse dato lui la possibilità di crescere con le sue sorelle, ricordava quanto fosse faticoso e per niente divertente passare le giornate con fratelli e sorelle maggiori. Per cui capiva benissimo il bambino, ma se fosse stato per lui, avrebbe voluto avere minimo cinque figli, perché una grande famiglia era quello che aveva sempre desiderato. Aveva impiegato un po' di tempo per capirlo, ma alla fine c'era riuscito.
«Come no?!» esclamò Emma, guardando Oliver che continuava a scuotere la testa contrariato «Immagina se tu avessi una sorellina»
«Mi piacerebbe avere una bambina» se ne uscì Derek «Potremmo chiamarla-»
«Talia» lo interruppe lei.
Il ragazzo rimase per qualche secondo in silenzio, mentre quel nome arrivava alla sua mente e richiamava ricordi ormai lontani e quasi dimenticati. Talia era il nome di sua madre, il nome della famiglia e di quella vita che aveva perso ingiustamente e troppo presto; Talia era il modo più innocente possibile per collegarsi di nuovo al passato, per avere qualcosa da raccontare ai propri figli una volta cresciuti; era ciò che gli aveva regalato Emma e lo aveva reso felice. Era ciò da cui era iniziato tutto.
Di nuovo, le lacrime erano pronte, proprio dietro le ciglia scure e lunghe, a scendere come fiumi sulle sue guance, ma cercò di resistere. Distolse lo sguardo dagli occhi soddisfatti – e sicuri di aver colto nel segno – di Emma e per qualche secondo osservò Oliver giocare con i suoi peluche. Tirò su con il naso e sorrise, scuotendo la testa.
Rivolse di nuovo i suoi occhi alla ragazza e si concentrò qualche secondo sul minuscolo battito cardiaco che proveniva dal suo corpo: sembrava così lento, basso, indifeso, eppure sapeva che sarebbe stato forte, proprio come il fratello.
Pensò di nuovo a sua madre e al fatto che non lo avrebbe mai visto felice, che non avrebbe mai incontrato Emma e mai conosciuto i suoi figli: si sentì strano, come se gli mancasse un pezzo.
Non pensava quasi mai a lei, ma quel nome continuava a rimbombargli nella mente e lo intristì rendersi conto che non sarebbe mai più stata accanto a lui.
La ragazza sembrò accorgersi del suo strano silenzio e gli si avvicinò, appoggiando la propria testa sulla sua spalla e stringendosi a lui. Derek sorrise, abbracciandola a sua volta: tutto era così perfetto da sembrare finto. Se c'era una cosa di cui entrambi avevano paura era che quella loro piccola bolla quotidiana di felicità potesse scoppiare da un momento all'altro, che quel sole che illuminava costantemente le loro giornate potesse esser sostituito da un forte temporale. Si ripetevano continuamente di essere al sicuro – ed effettivamente lo erano – ma la paura rimaneva e, nonostante tutto, ogni tanto si faceva sentire. Come in quel momento, con un altro bambino in arrivo.
Il ragazzo sospirò e lasciò un bacio leggero sulla fronte di Emma «Che Talia sia»

The girl who cried wolf | Teen WolfDove le storie prendono vita. Scoprilo ora