Can you feel my heart

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a/n: prima di lasciarvi a questo capitolo immenso, preciso due o tre cose:

1. Sono tremendamente dispiaciuta (davvero, non ne avete la più pallida idea) per aver fatto così ritardo nell'aggiornare, ma da Novembre a questa parte sono successe tante cose belle e altrettante meno belle, in più si sono aggiunte le vacanze di Natale e la sessione d'esami (che, tra l'altro, non è ancora finita) e quindi sono stata molto impegnata/stanca/poco ispirata, insomma un po' di tutto. Per cui, davvero, vi chiedo immensamente scusa. Questo capitolo è lunghissimo e pieno di tante gioie, quindi spero che - almeno per questo - riusciate a perdonarmi

2. Una piccola gioia di cui mi sono resa conto soltanto di recente: la storia - incredibile ma vero! - il 16 Novembre 2016 ha compiuto un anno! E' passato già più di un anno dalla pubblicazione del primo capitolo e ad essere sinceri, è meraviglioso pensare di essere ormai giunti alla fine. Non avrei mai pensato che così tante persone apprezzassero questa storia, nata un po' per scherzo, per noia e come esperimento, quindi grazie anche per questo!

3.  Quando ho iniziato a scrivere questo capitolo, volevo seguire una sola linea, con qualche canzone adatta alla trama, diciamo che - visto che ho scritto questo capitolo in un lunghissimo arco di tempo - col il tempo, appunto, sono diventate tante le emozioni e le fonti di ispirazioni (soprattutto, le canzoni), per cui se proprio volete immergervi nella più completa lettura, vi lascio qui le canzoni che più ho ascoltato mentre scrivevo (e ringraziamo Reyna per avermele consigliate!): Dust & Gold degli Arrows To Athens, Let's Hurt Tonight dei OneRepublic, Somebody To Die For degli Hurts, Red di Taylor Swift e Beauty & The Beast (la nuova versione di Ariana Grande e John Legend, per il film omonimo che uscirà a marzo)

4. Il capitolo è ambientato due anni dopo la morte di Erica e Boyd, per cui Emma e Derek hanno rispettivamente 19 e 25 anni

Credo di aver detto tutto (anzi di aver detto fin troppo), per cui vi lascio al capitolo e ci vediamo alla fine, nello spazio autore: buona lettura!

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CAPITOLO DICIANNOVE: CAN YOU FEEL MY HEART

Il desiderio che aveva espresso in occasione del suo diciannovesimo compleanno, festeggiato nemmeno tre mesi prima, si era avverato più velocemente di quanto avesse pensato. Quei due anni, passati lontano da ciò che le aveva restituito un nome, un'identità e le aveva donato una famiglia ed un branco di amici, le erano serviti per fare spazio nella sua vita e capire cosa volesse davvero. I primi mesi erano stati i più duri e, ancora adesso, non ricordava quei tristissimi giorni con piacere: aveva pianto, era rimasta in silenzio ad osservare le gocce di pioggia scorrere pigre sul vetro della finestra della propria camera, oppure si era imbambolata a seguire le ombre degli oggetti che trovava per strada, illuminati dal sole. Quel periodo le era sembrato così lungo, infinito, eterno, che aveva sempre cercato di occupare la mente, di trovare qualcosa da fare pur di non fermarsi a pensare.
Non aveva mai risposto all'ultimo messaggio, arrivato da Beacon Hills: le parole di Isaac ed il suo invito al funerale di Boyd ed Erica ogni tanto le ritornavano in mente, provocandole una sensazione di forte senso di colpa, che però nel corso del tempo era andata attenuandosi, fino a scomparire del tutto. Adesso, passati un paio d'anni, se ripensava ai due amici morti, si sentiva in pace con se stessa. Non perché non gliene importasse niente o si sentisse sollevata per la loro assenza, ma semplicemente aveva imparato a convivere con quella perdita e con la consapevolezza di non essere la responsabile della loro morte. Tutto ciò era successo per opera del piano malsano di un uomo malato, assetato di vendetta, che aveva passato la vita a tramare e progettare qualsiasi tipo di tortura, per soddisfare se stesso e fare giustizia. Era per colpa di Deucalion se i due beta erano morti, era colpa sua se non aveva mai avuto l'occasione di conoscere i suoi veri genitori, se aveva dovuto lasciare Beacon Hills senza guardarsi indietro, se aveva dovuto scappare senza nemmeno lasciare una spiegazione a Derek. Le era mancato tanto in quei due anni, ma alla fine aveva imparato a convivere con la sua assenza: non aspettava più messaggi o telefonate, non collegava a lui canzoni che glielo ricordavano o che avevano ascoltato insieme, non si soffermava più a cercare i suoi occhi o la sua figura tra la gente, non aspettava più che le facesse visita nel bel mezzo della notte, entrando dalla finestra; non si allenava più con lui, non studiava più seduta comodamente sul divano mentre lui girovagava pigramente per il loft. Con il tempo, anche il ricordo di ciò che avevano vissuto insieme aveva cominciato a farsi più sbiadito, ma ciò che aveva sempre continuato a darle sicurezza, a permetterle di vivere la sua vita era stato il suo amore per lui. Nonostante la sua fuga improvvisa, aveva sempre saputo di aver fatto la cosa giusta: Derek aveva bisogno di un nuovo inizio, di essere al sicuro, di qualcuno che non mettesse a rischio la sua vita, di qualcuno che non lo contraddicesse continuamente, di qualcuno che lo amasse.
Lei l'aveva amato, e forse continuava a farlo, ma la sola idea di tornare indietro e pentirsi delle scelte fatte le faceva venire i brividi: era stato il suo primo amore, avrebbe sempre provato qualcosa per lui, ma preferiva saperlo al sicuro e solo, piuttosto che con lei ed in pericolo.
Nonostante questo, il ricordo di Derek, con il tempo, divenne più sopportabile: era piacevole ricordare i bei momenti passati insieme, ma era altrettanto gradevole farsi nuovi amici, uscire con qualche ragazzo senza che la cosa divenisse seria, divertirsi, studiare, tornare alla normalità, tornare a vivere di nuovo.
Emma era felice così, o almeno era quello che aveva sempre creduto in quei due anni.
Fu con questo stato d'animo che, subito dopo il diploma ed in occasione del suo compleanno, decise di tornare a casa dai propri genitori. Suo padre, alla fine, non si era mai trasferito perché non aveva rinunciato alla cattedra fissa di insegnante per tornare ad essere precario ed Emma era contenta per lui, ma le mancavano entrambi terribilmente e, una volta passata la tempesta che irrompeva violentemente nella sua testa, decise che fosse il momento di tornare alle origini.
Scrollò con disinvoltura la testa, ripiombando nella realtà. I suoi occhi fecero velocemente il giro della camera, senza che cercassero effettivamente qualcosa in particolare, per poi fermarsi di nuovo sulla dozzina di fogli appoggiati sulla scrivania. Giocherellò con la matita che aveva tra le mani per poi tornare a concentrarsi sulle parole stampate.
Durante l'ultimo anno di scuola, poco prima del diploma, aveva fatto domanda in alcuni college, senza avere un'idea precisa di dove andare. Adesso che era tornata, non voleva esser costretta di nuovo a partire, ma sapeva che a Beacon Hills nessuno avrebbe mai fondato un'università.
Delle tre domande inviate, aveva ricevuto risposta da parte di una soltanto, ma c'era ancora tempo per decidere e in quel momento, avrebbe solo pensato a godersi le ultime settimane di vacanza, prima di immergersi di nuovo nello studio.
Sbuffò per l'ennesima volta, appoggiando definitivamente la matita sul legno freddo della scrivania e si alzò: il sole tiepido di fine agosto era nascosto da qualche nuvolone scuro, ma nemmeno la pioggia l'avrebbe fermata dal fare una piccola sorpresa a Malia.
Da quando era tornata, circa un paio di giorni prima, non aveva fatto altro che pensare a lei. Sapeva che l'avrebbe trovata diversa, cambiata, ma, nonostante la lontananza, era rimasta l'unica migliore amica che avesse mai avuto in vita sua e aveva davvero voglia di passare un po' di tempo con lei.
Si alzò, recuperando la borsa, appoggiata sul letto, scese velocemente le scale, afferrando le chiavi dell'auto ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
Attraversò il vialetto di fronte a casa sua, salendo in auto e mettendo in moto. Aveva comprato quel mezzo un anno prima, grazie ad un piccolo anticipo donatole da sua nonna, in occasione del suo diciottesimo compleanno e ai soldi che aveva guadagnato lavorando come cameriera in un piccolo e tradizionale ristorante della città, durante i week-end. Non era la migliore auto in circolazione: era piccola, usata, grigia, ma aveva imparato sin da subito a renderla sua, a sentirsi a suo agio ogni volta accendesse il motore e allacciasse la cintura. Alla fine, era riuscita a trasformarla in qualcosa a cui non avrebbe mai rinunciato, un po' come Stiles e la sua jeep azzurra. Sorrise al ricordo e si immise nella strada principale, diretta verso la casa di Malia.
Il sole stava ormai tramontando, nonostante i suoi ultimi raggi fossero oscurati dalle nubi: qualche goccia di pioggia si lasciò andare dal cielo, ricadendo pigra e solitaria sull'asfalto della strada, bagnandolo nel giro di pochi secondi.
Per qualche minuto, guidò tranquilla, senza alcun pensiero, canticchiando una delle tante canzoni che alla radio piaceva far passare in quell'ultimo periodo. In un secondo momento, lentamente, fu costretta a diminuire la velocità, fino a fermarsi completamente dietro ad una fila immensa di automobili e camion.
Sbuffò sonoramente, controllando l'orologio che portava al polso. Aveva programmato una visita veloce, in quanto avrebbe organizzato una vera e propria serata tra ragazze nel week-end, ma se la sua sosta si fosse prolungata, sarebbe stata costretta a tornare a casa, per arrivare in tempo per cena.
Passarono i minuti e allo stesso modo passò la pioggia: una luce rosata si alzò nel cielo, regalandole un bellissimo tramonto, nonostante le ultime nuvole rimaste continuassero a far capolino, sempre pronte a lasciarsi scappare qualche goccia d'acqua.
Gettò di nuovo un'occhiata all'orologio e si accorse che fosse passata mezz'ora: la sua auto non si era mossa di un millimetro ed ormai stanca di aspettare, decise di scendere per capire cosa stesse succedendo.
Si chiuse lo sportello alle spalle e s'incamminò verso la sorgente di quella fila infinita: quando si accorse di quanto fosse veramente lunga, decise di rinunciare e chiedere a qualcuno nei paraggi.
Si avvicinò ad un SUV grigio opaco, enorme e piuttosto alto, con i vetri oscurati ed il motore acceso. Emma inarcò un sopracciglio chiedendosi quanto male avrebbe fatto all'ambiente circostante e giunse alla conclusione che avrebbe potuto comprare un'auto del genere una persona piena di sé, con un ego smisurato ed altamente ambiziosa: il suo esatto contrario, insomma.
Scrollò le spalle, constatando di nuovo di non aver molto tempo, così si affrettò ad alzare una mano e bussare freneticamente al finestrino.
«Mi scusi» iniziò, ancora prima che questo avesse rivelato del tutto il proprietario dell'auto «Sa mica perché siamo bloccati- Derek?!»
Non poteva credere ai suoi occhi. Non riusciva a credere che Derek Hale fosse davvero seduto in quella specie di marchingegno distruttore dell'atmosfera e la stesse guardando con l'espressione più sorpresa e stupita che avesse mai visto in vita sua.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, senza riuscire a spiccicare parola. Azzardò un sorriso imbarazzato, poi spense il motore e scese dall'auto, appoggiandovisi una volta chiuso lo sportello.
«Emma...» la sua voce tremava lievemente, come se fosse emozionato, come se gli fosse appena accaduta la cosa più bella del mondo, come se la sua vita avesse di nuovo senso, avesse di nuovo recuperato il suo iniziale equilibrio. Si sentì sollevato, leggero, come purtroppo non si sentiva da molto tempo. Non credeva l'avrebbe mai più rivista, o almeno, non così presto «Cosa- Cosa ci fai qui?»
La ragazza sorrise, spostandosi i capelli dalle spalle, cercando di far finta di nulla. Sapeva di non poter fingere con lui: per quanto avesse dissimulato di sentirsi completamente a proprio agio in sua presenza, sapeva che anche l'aspetto più innocuo e piccolo della sua persona, come il battito cardiaco, l'avrebbe comunque tradita.
E Derek infatti se n'era accorto e aveva sorriso al ricordo di tutte quelle volte in cui aveva percepito quello che sentisse, semplicemente guardandola e ascoltandola. Però, aveva notato anche quanto fosse cambiata fisicamente, il che era inevitabile: era più alta, i capelli le scendevano più lunghi e luminosi sulle spalle e aveva il corpo di una donna, ma tornando a soffermarsi sul suo viso, il ragazzo potè constatare che quello non fosse cambiato affatto. Aveva sempre la stessa espressione da bambina, sempre gli stessi occhi grandi, azzurri come il mare e profondi come un dirupo; le stesse labbra piene e perfette per essere baciate ed il nasino all'insù. Erano passati due anni, ma Emma era sempre la stessa.
«Sono tornata» rispose infine la ragazza, catturando di nuovo la sua attenzione.
Sorrise, felice «Davvero? Quando?»
«Pochi giorni fa» riprese «Ho pensato di passare le mie ultime settimane qui prima di partire per il college»
Derek annuì, piacevolmente sollevato nel sentire che entrambe le loro vite stavano prendendo la piega giusta, anche senza la presenza dell'altro.
«Tu invece?» domandò Emma.
«Sempre lo stesso» rispose, alzando le spalle e facendola sorridere «Ho trovato un lavoro, ho imparato a cucinare, a sopportare Stiles-»
«Hai cambiato auto» lo interruppe.
«Ho ancora la camaro» affermò, fiero di se stesso.
«Ne hai due?!»
Derek scoppiò a ridere, come mai aveva fatto prima. Emma pensò che tutto quel tempo avesse fatto bene anche a lui: lo trovava cambiato, ovviamente, ma sembrava felice. E questo la riempiva di gioia, perché la sua fuga improvvisa aveva avuto effetto: entrambi si stavano realizzando in ciò che amavano davvero, senza necessariamente fare affidamento sull'altro.
«Mi avresti mai perdonato se l'avessi venduta?» scherzò.
Emma scosse la testa, nascondendo un sorrisino divertito «No, penso proprio di no»
Derek stava per replicare, quando i motori delle auto davanti a loro si riaccesero uno dietro l'altro: i due ragazzi si guardarono per qualche secondo, entrambi con la voglia di dire qualcosa, senza sapere veramente cosa. Avrebbero avuto così tanti argomenti di cui discutere e tanti aneddoti da raccontarsi, ma il solo guardarsi negli occhi senza potersi sfiorare era una tortura, che reprimeva ogni parola.
«Sarà meglio che vada prima che comincino a lamentarsi» parlò infine, Emma.
L'altro accennò un sorriso imbarazzato senza replicare, ma non appena la ragazza si allontanò di qualche passò, la recuperò, afferrandola per un braccio.
«Sto correndo troppo in fretta, lo so» disse «Ma ti andrebbe di uscire uno di questi giorni?»
La ragazza annuì «Certo»
Il volto di Derek si illuminò ed i suoi occhi verde petrolio si riempirono di gioia «Ti chiamo io: hai sempre lo stesso numero?»
«Sempre lo stesso numero» confermò.

The girl who cried wolf | Teen WolfDove le storie prendono vita. Scoprilo ora