37 - Andrea

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Di serate come quella al pub ne passammo tante. Io del resto, ero sempre più impegnato con la musica. Sembrava che Aurora mi portasse fortuna, con le canzoni dedicate a lei riuscivo ad esprimere me stesso al meglio. Era proprio la mia musa ispiratrice, aveva ragione Arianna.

Quel giorno dovevo andarla a trovare, era domenica, e Agàte mi aveva invitato a pranzo.

Il tempo era soleggiato e luminoso, e nonostante il freddo pungente decisi di tirar fuori la mia moto dal garage, era lucida a puntino e potevo metterla in mostra.

Raccolsi il casco dal sellino e me lo infilai sulla testa, poi indossai il mio giubbotto super corazzato da motociclista e i miei occhiali da sole.

Quando accesi il motore assieme a lui rombò il mio cuore, era musica per le mie orecchie. Adoravo auto e moto, erano la mia passione, dopo la musica ovviamente.

Passai la gamba dalla parte opposta della moto e quando vi fui a cavallo accelerai, richiudendo col telecomandino il garage.

Sentire il vento fresco che mi sferzava quel poco di viso che mi rimaneva scoperto era una goduria. Diedi ancora di più d'acceleratore e decisi che forse quel giorno avrei fatto fare un giro anche ad Aurora. Poi mi allarmai... era così fragile, c'era il rischio che se non l'avessi avvisata prima sarebbe volata perfino dalla moto.

Risi al pensiero di lei, così dolce, così bella ma anche così goffa in certe occasioni.

I suoi occhi blu mi riempirono la visuale non appena ebbi fermato la moto di fronte alla porta di casa sua. Quegli occhi magnetici erano tutto ciò che riuscivo a vedere, non riuscivo a guardare altrove.

Mi corse incontro e mi gettò le braccia al collo.

"Aspetta un secondo...", le dissi ridendo, "lascia almeno che mi tolga il casco".

Me lo sfilai dalla testa e rimasi solo con gli occhiali da sole. Non seppi resistere e le diedi subito un bacio sulle labbra.

"Non mi avevi mai detto che avevi una moto", mi disse lei quando mi puntò di nuovo i suoi azzurrissimi occhi addosso.

"Ora lo sai", le risposi io con un sorriso smagliante. "Bella, no?", continuai.

Lei annuì silenziosa con un sorriso.

In quel momento dalla soglia vidi spuntare Adriano. Qualcosa si contorse nel mio stomaco, quel tipo non prometteva nulla di buono. Mi stava fin troppo antipatico, ed il solo vederlo mi faceva venire voglia di prenderlo a pugni.

"Ancora gli ospiti non hanno fatto le valigie, vedo...", dissi freddo.

Aurora mi fissò perplessa poi capì a chi mi riferivo, sorrise, "Oh, Adriano intendi, dai... non è così antipatico come credi".

Mi feci serio. "Sarà a pranzo con noi oggi?".

Lei sorrise di più, "E certo! Che credi che gli porti il cibo nella cuccia? Dai Andrea, smettila di vederlo come un rivale... c'eri anche tu quando gli abbiamo salvato la vita!".

"Appunto, peccato che credo di essermene pentito... non mi piace...".

"Ma è perché sei geloso?", chiese lei.

Me lo domandai anch'io. Non era per questo, c'era qualcosa che non mi quadrava in lui... era troppo sicuro di sé per essere uno che qualche settimana fa ci stava lasciando le penne. Si era ambientato fin troppo presto.

"No... non solo per questo...", almeno in quel discorso fui sincero.

"Quindi sei comunque geloso...".

Guardian - il fascino del proibitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora