3 - Simon

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Prima di diventare terreno avevo passato l'ultima ora da demone in dolce compagnia. Ripensai con un ghigno all'esile figura di Olimpya. Mi aveva letteralmente fatto a pezzi un orecchio, con la sua mania di usare i denti quando baciava.

Le sue amiche ci avevano guardati tutto il tempo con avidità... o forse, più che a lei, quello sguardo era rivolto a me.

Quando riuscii finalmente a fuggire dalle grinfie di quella demonietta me ne andai nella stanza del passaggio. Nessuno mi seguì o mi disse cosa fare. Sapevo già cosa mi stesse aspettando.

Giunsi in città in tarda mattinata. La porta mi spedì dritto a casa. E che casa!

Ecco da cosa si vede, se sei o no il preferito del capo. Più che casa la mia era una villa mozzafiato.

Posati i piedi al suolo e ritrovatomi finalmente in equilibrio sulle gambe mi guardai intorno.

Mi trovavo in un enorme salotto, divani in pelle morbida e nera, dall'aria invitante, mi circondavano mentre sul fondo della parete vi era un enorme televisore a schermo ultrapiatto. Mi spostai per la stanza e analizzai l'enorme tavolo adornato di frutta finta e candelabri. Uno stereo nero dalle dimensioni gigantesche stava all'altro capo della stanza mentre i due quarti del salotto al posto delle pareti avevano ampie vetrate che rendevano la stanza più luminosa. Guardai il riflesso di una vetrina ricca di utensili e armi d'esposizione di ogni tipo. Mi stupii di vedere il mio viso e il mio corpo terreno specchiarsi contro il vetro.

I miei capelli neri e scompigliati erano sempre gli stessi, come anche il mio viso. Il sorrisino compiaciuto stampato nel mio volto sarebbe stato sempre sottilmente affascinante per qualunque ragazza avessi incrociato per strada. I muscoli erano ben visibili sotto la mia maglietta a manica corta e il mio fisico era magro e scolpito, le labbra pronunciate e rosee e gli occhi neri coronati da ciglia lunghe. Il naso proporzionato e la mia solita espressione sicura in volto concludevano il mio ritratto.

Mi passai la punta della lingua sulle labbra. Sentivo ancora il sapore del lucidalabbra di Olimpya sulla mie.

Le ali naturalmente non le avevo più, erano scomparse e non avrei potuto più affidarmi a loro per poter abbreviare la fatica di un tratto di strada o semplicemente per salire le scale. Cosa alquanto noiosa e che ti fa perdere un sacco di tempo.

Raggiunsi la camera dove avrei dormito, era confortevole e il letto era a due piazze. Sorrisi. Molto spiritoso Tneske. A che pro quel letto se in casa mia non avrei potuto portare nessuno? Sperava forse che ci sarei venuto con l'Alessi dopo che avremmo fatto amicizia, magari? Bella questa!

Mi tuffai sulle coperte, erano morbide e fresche. Erano i primi di settembre quindi ancora faceva molto caldo data la locazione della città.

Sud Italia credo. Piccola cittadina tranquilla. Il posto ideale per accalappiare un prescelto.

Mentre stavo sdraiato silenzioso sul mio letto, mi balenò un pensiero nella mente. Non avrei voluto stare qui con le mani in mano in attesa dell'inizio della scuola, vero? A Kelsan avevo così tante ragazze che mi adulavano, il mio carisma invidiabile avrebbe dato i suoi frutti anche con le ragazze terrene, quindi, l'unico modo per far sì che il tempo passasse più in fretta era quello di fare un giro per la città e dare un'occhiata a locali pubblici e pub del luogo.

Recuperai le energie con una bella dormita.

Quando passi in un corpo umano ogni piccolo sforzo ti comporta una conseguente perdita di energia, e hai bisogno di dormire almeno otto ore al giorno.

Erano le nove di sera quando mi risvegliai. Infilai un paio di jeans a vita bassa e una maglietta e dopo aver localizzato sulla cartina un punto che doveva essere una discoteca, salii sulla mia fantastica decappottabile nera e diedi gas.

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