Epilogo

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Samuel e Flora

18 anni dopo...


Sono al buio... non vedo niente, cammino a tentoni nell'oscurità e poi odo una voce... una voce che mi chiama... mi dice: "Ti prego, ricordami... ricordami... ricordami...". Cerco nel vuoto una risposta a quelle parole senza senso, mi muovo per provare a trovare chi le proferisce ma non c'è nessuno, se non me stessa.

"Ricordami... Aurora...",continua a supplicare la voce. Mi riscuoto... Aurora? Quello non è il mio nome... e poi perché quella voce giovane sembra così angosciata quando pronuncia quel nome?

Voglio trovare una risposta alle mie domande, cerco, più in fretta, ma il risultato è lo stesso della scorsa notte o di quella prima ancora... la voce inizia a spegnersi, l'eco si affievolisce e poi... intorno a me resta solo il silenzio... e col silenzio la tristezza di non aver potuto dare un volto alla voce neanche questa volta... chi mi chiamava se n'é andato... non c'è più, e io resto sola ad arrancare nel buio finché un suono mi riempie la testa...

La sveglia suona insistente. Caspita com'è tardi! È il mio primo giorno di scuola dell'ultimo anno delle superiori e io sono ancora a letto a poltrire!

Mi chiamo Flora, ho diciotto anni, vivo nel Sud Italia e sono una delle ragazze più popolari della mia scuola.

Dunque, mi descrivo?

Okay: mi ritengo abbastanza carina: sono bionda, bassina, i miei occhi sono azzurro cielo e il mio viso è sottile e delicato.

Mi alzo dal letto un po' assonnata, mi stropiccio gli occhi e mi fiondo in bagno prima che mia zia mi preceda. Sciacquo il viso con l'acqua fredda e mi sento rinascere.

Non faccio minimamente caso al sogno che ho appena fatto... lo faccio ogni notte, da quando sono una bambina. Quella voce mi perseguita, lo ha sempre fatto. Io e zia Alisa le abbiamo provate tutte per risolvere il problema: psichiatri, dottori, ospedali, perfino cartomanti. Tutti dicono che non c'è niente di strano, e quindi ormai ci abbiamo rinunciato, abbiamo capito che non è nulla di importante e quella voce non mi spaventa più..

Dopo essermi truccata per bene e aver intrecciato i miei capelli in una lunga treccia laterale scendo in cucina per prendere la merenda che mia madre mi ha preparato. Per adesso i miei genitori sono in vacanza e sono venuti a trascorrere le loro ferie a casa di zia Alisa, loro sono manager di professione e durante l'anno li vedo raramente. Trascorro la maggior parte del mio tempo con la mia svampita zia, così, ora che la merenda me l'ha preparata la mamma, mi sento bene mentre raccolgo quel sacchettino con il panino incartato proprio da lei. È qualcosa di cui quasi mai posso godere e può sembrare un gesto stupido, ma per me è importante prendere quel fagottino che la mamma mi porge augurandomi una buona giornata.

Mi accingo a uscire dopo aver preso le chiavi. Ho dato gli esami per la patente da poco, quindi la mia macchinetta è in giardino ad aspettarmi. Accendo la radio e la sintonizzo sulla mia stazione preferita. Adoro la musica in inglese, è magnifica. Preferisco le canzoni straniere a quelle italiane, il novantanove percento dei track che si trovano nel mio smartphone sono straniere o solo strumentali.

Eh già, perché studio pianoforte da quando ero una bambina, sono anche piuttosto brava, e in contemporanea alla scuola frequento il conservatorio della mia città.

"Ciao mamma... a più tardi!", la saluto allegra.

"Ci vediamo a pranzo, tesoro, in bocca al lupo!", mi risponde lei urlandomi dietro. È affacciata alla porta di casa e sorride allegra.

"Crepi!", strillo per scaramanzia.

Raccolgo il mio zainetto e lo getto sui sedili posteriori della mia auto piccola e argentata. È stato un regalo della zia Alisa per i miei diciotto anni.

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