Capitolo 11 - I was by you're side

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"Perché sei passato ad odiarmi da un giorno all'altro?" Domandai dopo molteplici minuti di silenzio. Non capivo dove fossimo diretti, ma sapevo che la strada che stavamo percorrendo portava al centro di New York.

"Non sono io a dover rispondere alle tue domande, ma tu alle mie" ribatté duro fermandosi ad un semaforo.
Feci finta di non averlo sentito e posai lo sguardo fuori dal finestrino.
Non avrei riposto alle sue domande, non avrei spiegato nulla.

Dentro di me morivo dalla voglia di riavere indietro il mio migliore amico, ma non potevo dopo quello che lui aveva fatto. Sarebbe stato come umiliarmi da sola. In ogni caso le circostanze erano cambiate, prima eravamo dei ragazzini, mentre ora eravamo quasi adulti.

"Allora? Sto aspettando che tu parli" borbottò infastidito accelerando.

"Non ho intenzione di parlare o qualsiasi atra cosa tu voglia" misi in chiaro le cose incrociando le braccia sotto il petto. Volevo solo andare da qualche parte dove i pensieri potesse essere meno assillanti.

"Perché hai ancora il braccialetto?" Diamine era così testardo.

"Perché hai ancora la collana?" so che odiava quando le persone rispondevano con un'altra domanda e non per altro lo feci. Tuttavia sembrò incassare silenziosamente il colpo senza mostrare alcuna emozione.

"Da quant'è che non gareggi più?"  Tremai leggermente chiudendo gli occhi talmente tanto forte da sentire male. Ricordi su ricordi, ecco di che cosa era fatta la mia vita. Era un presente e un futuro prigioniero del passato.


"Davvero pensi di potermi battere? Non sei in te stessa ragazzina, pensavo che la lezione dell'altra volta ti fosse bastata"rise divertito, tutto il contrario di come mi sentivo io. La rabbia mi ribolliva in corpo come mai mi era successo. Non rispondevo delle mie azioni e lui se ne era accorto. "E' stato un bello scontro sai? La macchina ha fatto parecchi metri, esilarante tanto che sarebbe stato da filmare e non per altro...." aggiunse tirando fuori il telefono dalla tasca. Pochi secondi dopo fece partire il video e non ci misi molto a capire che la macchina che filmava era la mia, e che loro ci avevano seguite dall'inizio.  Chiusi gli occhi non appena la macchina di Cole urtò la nostra. Potevo sentire le urla di mia sorella, il rumore della macchina rompersi e il dolore fisico che provavo in quel momento, seguito dalle sirene della polizia.


Il respiro si fece affannoso tant'è che mi ritrovai costretta ad aprire il finestrino sentendo l'aria mancare nell'automobile.

Quella volta gareggiai contro Cole, volevo una rivincita, volevo rivendicare la morte di mia sorella, ma lui mi ingannò e finii nuovamente in ospedale dopo essere stata scaraventate giù da un precipizio. Nessuno era conoscenza di dove mi trovassi, nessuno si era preoccupato di dove fossi, erano solo giunti alla conclusione che fossi andata via per qualche settimana. Certe cose non venivano messe in giro, e molto probabilmente qualcuno aveva pagato affinché non venisse fuori che ero stata vittima di un incidente in gare clandestine.

Quello non era però successo alla morte di mia sorella, secondo la polizia quello era un incidente vero e proprio, colpa mia dato che secondo loro ero passata allo stop senza fermarmi. Dio solo sapeva chi avesse dato quelle informazioni, come Cole avesse convinto due ragazzi a suicidarsi in quel modo.

Erano sicuri che alla guida ci fossi io, Cassandra non lo avrebbe mai fatto, Cassandra non avrebbe mai superato quel limite di velocità, e quando la macchina si era scontrata con quella di Cole, entrambe eravamo sgusciate fuori dalla macchina, mentre quest'ultima rotolava ancora per qualche metro.

Troppo buio. Era troppo buio purché le telecamere distinguessero se la guida c'ero io oppure Cassandra, ma in ogni caso la colpa rimaneva mia, nonostante sapessi come realmente erano andate le cose.

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