Capitolo 8

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Non si era accorta dei due ragazzi. Aveva la testa altrove, i pensieri su quell'assurdo pomeriggio le si accavallavano dentro come onde in tempesta, uno sull'altro, uno dentro l'altro.
Aveva camminato in automatico e le gambe l'avevano riportata nel posto in cui aveva parcheggiato il Vespone. quell'angolo di strada era deserto, si vedeva il traffico scorrere sulla via principale, verso il mare, e nient'altro.
Mentre toglieva la catena, chinata sulla ruota, udì il rumore di passi.
••Ti ricordi di noi,scarafaggio?
Bianca si raddrizzò di scatto e riconobbe all'istante i ragazzi del vicolo. L'avevano seguita di nuovo. E stavolta in giro non c'era nessuno che potesse aiutarla.
Erano alti, piazzati, sicuri. Uno dei due indicò il Vespone disse:••Dacci le chiavi.
Lei lì per lì non capire cosa stesse succedendo, ma senza il mazzo di chiavi più forti, d'istinto. Allora il ragazzo sfilò una mano dalla tasca dei jeans e le mostrò un coltello.
••Sei sorda?••chiese. ••Ci devi dare le chiavi. Il tuo motorino cambia proprietario.
L'amico rise e aggiunse:••E anche la roba che hai nello zaino. Soldi, cellulare, iPod.
Lei tirò fuori il portafogli e lo consegnò con la mano che le tremava. ••Non ho nient'altro.
I due si guardarono. ••L'unica persona senza cellulare l'hai beccata tu.
••Secondo me racconta balle•• ribatte l'altro e le strappo lo zaino di mano. Problemi fetali interno, buttando a terra le cose inutili come l'astuccio il blocco da disegno. Bianche intanto era arretrata verso il muro, il Vespone, cercava con lo sguardo una via di fuga, qualcuno a cui chiedere aiuto. Ma anche le persiane delle case erano serrate, come occhi che non vogliono vedere.
••Niente••sbraitò il ragazzo, gettando via lo zaino con noncuranza. ••Dammi le chiavi•• ripete con rabbia.
Bianca scosse la testa, con le lacrime agli occhi.••Non potete prendervi il Vespone. É di Daniele.
••Sai quanto me ne frega di chi é••replicò quello, avvicinandosi col coltello sollevato. ••Ti faccio un ricamo lungo un metro se non mi dai quelle chiavi, hai capito?
Bianca si sentì morire. Se le prendevano il Vespone, non le sarebbe rimasto niente. Nascose la mano dietro la schiena, decisa a combattere.
••Non avete il diritto di prenderlo.
••Tienila••ordinò uno dei ragazzi all'altro.
In un instante le furono addosso e Bianca si mise finalmente a urlare con quanto fiato aveva in gola. La strattonarono per impadronirsi delle chiavi ma lei sembrava indemoniata e continuava a scalciare, a graffiare, a mordere, incurante della lama che le agitavano sotto il naso. Stringeva la mano così forte attorno alle chiavi che temette di essersela ferita, ma tanto era il dolore che sentiva sul palmo.
Quello ti sembrava il capo le diede un pugno in faccia che la mando a terra. Bianca perché l'equilibrio e cade, battendo la testa e mollando le chiavi, che tintinnarono sul selciato mentre rimbalzavano via. L'altro ragazzo fu svelto a impadronirsene, mentre il primo era già in sella al vespone, pronto a schizzare via.
••Fossi in voi non lo farei.
Una voce alle loro spalle li fece sobbalzare.
Il tipo in sella afferro al volo le chiavi del suo amico gli aveva appena lanciato e si volto a guardare il seccatore. Però la mano sul manico del coltello, determinata ad andarsene col bottino.
••Siete dei vigliacchi a mettervi contro una ragazza sola••commentò la voce, ferma.
••E tu chi cazzo saresti? •• chiese ragazze, sentendosi autorizzato a sorridere con spavalderia. L'impiccione era alto robusto ma loro erano in due.
•• sono quello che adesso si riprende le chiavi e il Vespone.
Il sorriso svanì quando vede che lo sconosciuto si era spostato un lembo del giubbotto per rivelare la pistola infilata nei pantaloni. L'accarezzo con la punta delle dita, soffermandosi un istante in più sul grilletto. Quando rimise giubbotto apposto, il ragazzo in sella si lascio sfuggire una bestemmia.
••Andiamocene•• lo incito l'amico, in preda al panico.
••Questo non scherza.
Scese dal vespone con lentezza, ma invece di rimettere il cavalletto laghetto a terra. L'altro non si mosse. Continuo a fissarlo negli occhi, in attesa che ubbidisse senza altre discussioni.
••Non finisce qui•• sibilo prima di seguire il complice, che era già arrivato in fondo alla strada.
••Io credo proprio di si•• ribatte lo sconosciuto. Lo guardo sparire, poi si precipitasse bianca, che stava ancora a terra con gli occhi chiusi.••Bianca!••chiamò. ••Bianca, stai bene?
Lei mugugnò qualcosa e si mosse. Non la prese in braccio e la sollevò dall'asfalto, cercando di muoverla con delicatezza.••Mi devi parlare. Parlami. Se non mi parli significa che è grave, mi senti? ••gridò. Lei allora aprí gli occhi, lo vide e parlò.
••Stronzo.
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Al pronto soccorso le misero due punti con la colla. Si era ferita poco più sopra della nuca, c'era mancato poco che battesse la testa in un punto mortale. Anche la mano destra e la messa male, tagliato seguendo le chiavi con troppa forza l'avevano dovuto disinfettare bendare.
••Per fortuna sono mancina•• commento bianca con un sospiro, pensando ai disegni.
••Facciamo anche una radiografia. Torno subito•• le annuncio la dottoressa e la lascio sola nella stanza. Allora che Manuel si azzardo a entrare, dopo aver aspettato fuori camminando avanti e indietro per il corridoio.
••Come ti senti? ••chiese.
••Dov'è il Vespone?
••Non ti preoccupare••la rassicurò. ••Nessuno cercherà più di portartelo via.
Bianca signora il tono sicuro comunque per fermato una cosa impossibile e penso che sarebbe stato bello potergli credere. Erano arrivati in ospedale con la Coop di Manuel e lei aveva tenuto gli occhi chiusi per tutto il tragitto. Poi gli aveva chiesto di acquistare e aveva vomitato sul ciglio della strada. Se l'è messa a piangere quando ha visto alcune macchie di sangue sulla propria felpa Emanuel non aver saputo cosa dirle. Pensavo fosse scossa per la botte per lo shock. Così si era limitata a guidare più in fretta che poteva ea portarla al pronto soccorso tenendola tra le braccia, perché gli dava l'idea di non riuscire a reggersi in piedi. Adesso avrà la maglietta grigia macchiata di impronte color ruggine, lasciati da bianca quando si era aggrappata a lui con la mano ferita.
••Grazie. Sei stato prezioso••gli disse.
••Veramente poco fa mi hai dato dello stronzo••replicò lui sorridendo.
••Lo sei. Mi hai lasciata da sola in quel posto per la seconda volta.
••Però ti ho salvata••sottolineò Manuel.
••Ancora non capisco come.
••Per forza. Eri svenuta.
Bianca lo guardò con aria scettica. ••Perché eri lì? Mi stavi seguendo?
••No. Ero tornato indietro.•• rispose lui, sedendosi sul bordo del lettino. Aveva un espressione tesa e stanca che lo invecchiava.
••Per quale motivo?
••Questo assomiglia a un interrogatorio •• fece Manuel, passandosi una mano tra i capelli scuri e mossi••e a me gli interrogatori mi innervosiscono.
••Anche a me. Ma ho il diritto di sapere. Sono ferita, potrei morire da un momento all'altro •• replicò bianca, ironica.••Porterò il tuo segreto nella tomba.
Lui non rise. ••Non si scherza sulla morte.
••Io non scherzo. Perché sei tornato indietro? •• ripete lei. Le doleva la testa ma vecchia caro il ricordo della voce di Manuel che interveniva in quella scena orribile immetteva in fuga i due ladri come per magia.
••Invece di tormentarmi, dovresti riposare e aspettare la dottoressa per la radiografia••suggerì lui, cercando di usare un tono protettivo. ••E la prossima volta, quando un teppista ti ordina qualcosa, ubbidisce e basta, ok?
••Tu non hai ubbidito ai teppisti. Li hai fatti scappare••osservò Bianca.
••Ti sbagli. É tutto merito tuo. Hanno visto i tuoi orrendi stivali e non ce l'hanno fatta••scherzò Manuel, facendola ridere. Lei sentì i punti che tiravano dietro la testa e tornò seria.
••I miei stivali non sono orrendi.
••Sai che lo sono.
••Ok, hai ragione••ammise. ••Però mi piacerebbe lo stesso sapere perché sei tornato indietro.
••É complicato Bianca•• disse Manuel. A sentirle pronunciare il suo nome, ti senti meglio. Lo diceva come se avesse una particolare consistenza: Bianca, con la B quasi doppia. Era bello.
••Io sono intelligente. Posso capire.
••Ci sono cose che non capisco pure io••le confido Manuel. ••Cose che rendono la mia vita diversa dalla tua.
••Quindi sei scappato per questo.
••Non lo so••ammise lui. •• non voglio avvicinarmi troppo a te. Ma poi ti ho lasciata lì e me ne sono pentito. Sono tornato indietro. Ho seguito l'istinto.
Bianca non disse nulla. Si sentiva molto stanca avrebbe voluto solo dormire, in quel momento. Tagli che non le tornavano, delle frasi di cui non cogliera il senso, ma non aveva voglia di pensarci. Aveva voglia che lui rimanesse lì e basta. Percepiva di nuovo quel calore che la faceva stare bene ed era una sensazione così rara nella sua vita, così unica, da rendere speciale anche il minimo gesto, la parola più banale. Proprio mentre lei pensava questo con un dolore nel petto simile alla fame, Manuel si avvicinò. E si sedette accanto, sulla brandina, e si mise le mani sul cuscino, ai lati del suo viso. La guardava dall'alto, a pochi centimetri di distanza, e sembrava volesse dire qualcosa. Invece stasera. Bianca chiudere gli occhi. Avrebbe potuto disegnare il suo volto anche così, senza vedere. Senti le sue labbra che sfioravano la bocca con un tocco così lieve che per un attimo pensa di averlo immaginato. Ma il brivido restava lungo la colonna vertebrale.
Quando riapri gli occhi, lui era in piedi.••Tu non puoi capire e io non posso spiegare. Davvero.
••Manuel.
••No.
••Vieni qui.
Lui obbedì con un sospiro. Le prese la mano.••Devono ringrenziare che non li ho ammazzati per quello che ti hanno fatto.
Bianca sorride. Era una bella frase da dire, anche se non era vera.
••Hai detto che vuoi starmi vicino•• ricordo. Fece un espressione sofferente e non a causa dei punti.••Anch'io provavo la stessa cosa per te. Probabilmente questa sera, o domani, la proverò ancora.
••Non me la prenderei se fosse così•• replicon Manuel, serio. Miserocchi neri era tornata l'ombra torbida ma bianca non si lascia intimidire. Le aveva salvato la vita, avrebbe ammazzato per farlo eppure diceva di non volerle stare vicino.
••Io non ti credo, Manuel
••Non farmi altre domande. Devi accettare il fatto che le cose sono storte••esclamò lui con più veemenza, ma tenendo sempre basso il tono della voce. ••Storte.
La dottoressa dentro in quel momento con una cartellina e una penna in mano.
••Lei é un parente? ••chiese a Manuel
••No. Sono un amico.
••É il ragazzo che mi ha portata qui•• specifico bianca. Ma la dottoressa continuava a squadrarlo con malcelato sospetto.
••Ho bisogno di parlare con i tuoi genitori••continuò.
••Può darmi il numero di uno dei due?
Bianca sbuffo. Tuo padre si sarebbe preoccupato da morire, nonostante avessero messo la storia dell'aggressione.
••Chiami il tribunale e chieda del giudice Francesco Prandi. É mio padre.
••D'accordo••disse soddisfatta la dottoressa. •• fammi controllare la ferita e poi ti sottopongo a dei test per verificare se c'è stato trauma cranico.
Bianca esaudì dolcemente tutte le richieste del medico, sperando che finisca in fretta e che li lasciassi di nuovo soli. Volevo dire a Manuel che anche la sua vita era storta e che forse per quello si sentiva attratta da lui nonostante non le piacesse il suo atteggiamento arrogante. Apri la bocca, rispose a delle domande stupide-che giorno era, dove si trovavano, quanti anni aveva- e si fece puntare una specie di torcia elettrica nelle pupille.
••Sembra che tu stia bene. Vado a chiamare tuo padre•• concluse la dottoressa, finalmente se ne andò. Ma quando bianca solleva lo sguardo per incontrare quello di Manuel, lui non era più nella stanza. Lo chiamo, sperando che fosse nel corridoio, ma non ebbe risposta.
Se n'era andato.
Ancora una volta.

E sarà bello morire insieme (Manuela Salvi) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora