Vorrei scusarmi per l'assenza prolungata. Sto bene, ma ho finalmente trovato il tempo di avere una vita. Ho trascorso gli ultimi giorni viaggiando e visitando posti nuovi. Ho fatto cose che ho sempre voluto fare, ma che ho dovuto rimandare a casa del lavoro e altri impegni. Ho finalmente avuto il tempo di sedermi e finire il resto di questa storia. Penso che starò molto meglio una volta che l'avrò raccontata.
Sapevo, nel profondo del mio stomaco, che ero morto. Mentre correvo lungo le strade della città, i miei polmoni non si stancavano mai. Non ero mai stato una persona particolarmente attiva, ma sapevo che non sarei mai riuscito a correre le cinque miglia fino all'ospedale senza fermarmi. Mi sentivo come se stessi scivolando via. La mia vista si annebbiò, e potevo vedere i riflessi del sole dal soffitto di vetro dell'ospedale. Appena girai l'angolo, Jane era seduta a una fermata dell'autobus, dondolando I piedi nudi e canticchiando un motivetto che era dolce in una strana maniera. Mi guardò, con gli occhi spalancati. Mi fermai immediatamente.
"Cosa stai facendo qui fuori?" chiesi.
Jane mi rispose con una scrollata di spalle. (Forse dovrei chiamarla Elise, ma sarà sempre Jane per me.) "Sono felice che stai bene."
I suoi occhi luminosi improvvisamente si abbassarono, e furono invasi da un sottile velo di lacrime. Si morse le labbra e mostrava esattamente la sua età - una spaventata diciassettenne che aspettava l'autobus.
"Puoi spiegarmi cosa sta succedendo?" Mi sedetti vicino a lei, posando il mio braccio sulla sua schiena. Era fredda e tremava. La udii tirar su con il naso. "Sono morto?" Le parole irruppero fuori dalla mia bocca, e mi sentii subito in imbarazzo. Tutta quella situazione era bizzarra, e il solo scrivere questo a tutti voi me ne fa sentire più consapevole.
Jane ridacchiò, asciugandosi gli occhi. Scosse la testa per dire no. "C'è così tanto da dirti."
"E Preston? Ha fatto veramente tutto questo?" La mia voce era pressante. Jane rivolse lo sguardo oltre la strada, all'ospedale, il cui grande profilo quasi brillava alla luce del mattino.
"L'Uomo Rosso," Jane prese il respiro, "è il responsabile. Lui prende le persone. Ha preso Preston."
"Che intendi?"
Jane mi guardò. Sentii le sue dita avvolgersi alla mia mano. "Quando le persone sono vicine alla morte, lui arriva e ti prende. Ti fa fare delle cose - cose orribili. Ha preso Preston, ma non gli permetterò di prendermi."
In quell'esatto momento, l'Uomo in Bianco comparve all'improvviso. Mise una mano sulla spalla di Jane. Mi allontanai, capendo infine che Jane si era concessa a qualcuno - ma per fare così, la sua vita sulla Terra doveva finire. Mi sorrise.
"Mi dispiace davvero." I suoi occhi erano ancora una volta asciutti, e la sua stretta era leggera come non mai. La sentii vicina a me, attorno a me e con me. Era lì, lo sapevo. Ma non c'era. Non realmente.
"Hey, Ian" Udii una voce e mi girai. Era Preston. Lui, come l'Uomo che stringeva Jane, era vestito completamente in bianco. I suoi capelli erano tirati indietro e stava dannatamente bene. Le rughe sul suo volto dovute ad anni di diligente lavoro si erano appianate, e appariva giovane - più giovane di me, anche.
"Non ti preoccupare," disse ridendo, "Sono io. Preston."
Questa volta non capii. Jane stava ancora tenendo la mia mano in una forte stretta. "È stato un incidente d'auto due anni fa," la sua voce era forte, e percepivo l'insensatezza di quella situazione crescere intorno a me. Dentro di me, volevo ridere. Volevo tirarmi i capelli e urlare, fuggire via da ciò che stava succedendo, ma rimasi, guardando Preston, e ascoltando mentre mi diceva di essere, essenzialmente, morto.
"Mi ha preso, e sta cercando di prendere anche te. Entra dentro di te e dentro ciò che fai - non muori mai davvero. Ti tiene vivo, nel dolore, fino a quando non vuole che tu vada avanti."
Preston rimase a bocca aperta. Jane si allontanò da me, andando dietro l'Uomo in Bianco. Ero nel mezzo, muovendo lo sguardo da sinistra a destra.
"Cos'ha questo a che fare con me? Cosa è accaduto?"
"Non permettergli di prenderti." La voce di Jane era debole, pressappoco come una lieve brezze sul volto. Sentii una mano sulla schiena spingermi gentilmente verso l'ospedale. Era Preston, ne ero sicuro, ma non mi guardai indietro. Permisi ai miei piedi di portarmi attraverso la strada. Non ricordo quando aprii la porta, ma entrai e sentii l'odore pungente dei detersivi per pulire, e sapevo che questo era lui.
L'Uomo in Bianco mi guidò mentre camminavamo lungo un corridoio fino alla mia stanza. Giacevo in un letto, i dottori e le infermiere si affollavano attorno a me, effettuando la CPR (rianimazione cardio-polmonare, ndt). Gwen era nell'angolo, urlando. Le infermiere cercavano di allontanarla, ma lei era decisa e rimase là, mentre la sua voce si spezzava molteplici volte. Smetteva giusto per respirare. L'Uomo Rosso era ai piedi del mio letto, fissando il mio corpo storpio. Quando l'Uomo in Bianco entrò, l'Uomo Rosso si ritirò nell'angolo. I dottori e le infermiere continuarono, come se non fossimo lì. Mi avvicinai a Gwen. Volevo raggiungerla, ma sapevo di non essere davvero "là".
"Eppure, sono qui," dissi più a me che a lei, "Resterò." Gwen mi guardava attraverso, gli occhi puntati sui medici.
La cosa successiva che ricordo, è che ci fu un forte ruggito, e poi la finestra alla mia sinistra esplose. Ci fu una pioggia di vetro, e l'elettrocardiogramma impazzì.
"Il battito!" urlò un dottore. Mi girai, realizzando che sia l'Uomo Rosso che l'Uomo in Bianco erano svaniti. Una forte brezza irruppe nella stanza.
"Che diavolo è successo a quella finestra?" il personale rimanente dell'ospedale camminò sopra i vetri rotti per controllare il danno. Gwen si catapultò al mio letto e afferrò la mia mano. E poi tutto cominciò a dissolversi, ma ricordo di aver visto Jane e Preston sulla soglia, con un gran sorriso. Mi sedetti sul bordo del mio letto, gli occhi pesanti, e li riaprii due settimane dopo, dopo essermi svegliato dal coma. Dissero che le prove erano incontrovertibili. Preston era un omicida, ma sapevo che non lo era. O almeno, non il Preston che conoscevo. La polizia venne e mi interrogò, e in tutto questo tempo non avevo idea del perché fossi in ospedale. Mi dissero che avevo avuto un overdose di antidolorifici, e che sarei dovuto andare in psichiatria per una valutazione. Ero fuori di me, incapace di ricordare di aver mai ingerito i farmaci. Jane era morta nell'ospedale, apparentemente un tentativo di suicidio. Si era tagliata i polsi. Ci fu un funerale, e più avanti il suo corpo fu identificato come quello di Elise Carter, una ragazza rapita in un centro commerciale anni prima. L'Uomo Rosso ti entra dentro e ti fa fare cose - cose orribili. Da ciò che Jane mi aveva detto la notte in cui mi svegliai, doveva essere a lavoro da molti anni. Molti dei più grandi serial killer dei nostri tempi sono diventati sua preda, e non c'è modo di fermarlo. Dahmer, Gacy e altri. Tutto a causa dell'uomo in rosso. Jane e Preston erano svaniti, e non li vidi più.
Voi siete gli unici ad essere a conoscenza di questa storia, e non ne parlerò più con nessuno. Ho detto tutto ciò di cui avevo bisogno. Sono preparato a vivere la mia vita al massimo adesso. La sto prendendo come una seconda possibilità.
Grazie di cuore a tutti.
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Creepypasta
Fanfiction♡Una raccolta di tutte le Creepypasta ♡ Siete amanti dell'horror? Che aspettate! Entrate! ^.^