Io non credo in un Dio o in degli dèi.
Mi sentivo orgoglioso di essere uguale a tutti quei medici che avevo incontrato;insensibile, razionale e un credente nella scienza. Non ho mai avuto le mie convinzioni così messe alla prova come in questo modo - nel modo che sto per raccontare a voi tutti.
Tengo gli articoli di giornale sul muro della mia stanza. La mia ultima ragazza pensava fosse una strana ossessione che mi portavo dietro, e credo che sia questa la ragione per cui mi ha mollato. Il titolo dell'articolo recitava, 'DOTTORE LOCALE E AGENTE DI POLIZIA ACCUSATI DI SEDICI CASI DI OMICIDIO.'
E proprio sotto le grandi parole c'è un'immagine di Preston, il suo sorriso debolmente curvato sulle labbra. Anche dall'oscurità della foto in bianco e nero si poteva sentire il calore del suo sguardo. È come se mi stesse guardando negli occhi. Ma la mia vita - per quanto fosse stata lasciata in sospeso - cambiò la notte in cui assistetti me stesso mentre giacevo immobile sul letto. Era quello che molte persone chiamano "esperienza extracorporea". Riconobbi il flacone di pillole che stringevo; erano dei normali antidolorifici che avevo ricevuto al pronto soccorso due giorni prima per un banale incidente in bici. Le tenevo nel caso la ferita si fosse infiammata di nuovo, ma il fatto che il flacone era vuoto mi aveva sconcertato.
L'Uomo Rosso rimase ai piedi del mio letto, la sua mano protesa verso di me. Io lo fissavo,dritto. I suoi occhi erano scuri, le sue labbra asciutte e il suo volto pieno di rughe, ma non era vecchio. In un certo senso, non aveva connotati. La sua mano rimaneva davanti a me.
'Ian,'la voce proveniva dalla porta alla mia destra. Mi girai, concentrandomi su Jacob. Era completamente intatto; la sua barba era appena stata tagliata, la pelle liscia, e indossava un vestito nuovo di zecca, tipo un uomo d'affari. La mia bocca si aprì di scatto.
'Vieni con me,' Jacob aprì la porta, facendomi segno di seguirlo. L'Uomo Rosso difronte a me si ritirò, ritornando ai piedi del mio letto e guardando il mio aspetto sciupato con uno sguardo fisso. Seguii Jacob fuori dalla stanza, la porta si chiuse dietro di me. Un milioni di domande circolavano nel mio cervello in quel momento, ma Jacob si girò verso di me prima che potessi far uscire una parola.
'Ci sono cose che non posso spiegare,' disse con calma, 'cose di cui vorrei tanto parlarti. 'Si sedette sul divano e fece spuntare fuori i piedi. Rimasi vicino a lui, completamente frastornato da quello che stava succedendo. 'Tu non dovevi andare in quella stanza.' Puntò alla mia camera, ma il mio sguardo viaggiò fino alla porta aperta del bagno - verso la doccia. Jacob ghignò, realizzando cosa stavo fissando.
'Elise sta cercando di aiutarti.' Esalò a fondo, come se stesse trattenendo da tempo il respiro.
'Chi?' Non mi mossi.
'Elise. La tua paziente.'
'Intendi Jane?'
'Si chiama Elise Carter.'
Dovevo sembrare visibilmente scioccato e confuso, perché Jacob ridacchiò. 'Sei un dottore, Ian! Come fai a non sapere di 'Elise Carter: La Ragazza che Scomparve'?'
Mi limitai a scuotere la testa. 'Come fai a sapere tutto questo? Che diamine sta succendendo?' Nella mente cercavo di far combaciare tutti i pezzi, ma nessuno di questi si incastrava. Jacob si alzò, fissandomi. Era di qualche centimetro più alto di me, e non aiutava ricordare la massa sanguinante nella mia doccia. Era un fantasma?
'Senti,' poggiò una mano ferma sulla mia spalla, occhi pieni e carichi, 'va' alla stazione di polizia e dai al Capo Jordan questo.' Mise un dischetto nella mia mano. Rimasi lì, fissando la superficie riflettente del contenitore.
Jacob strinse forte la mia spalla.
'Non è ancora il tuo tempo,' sussurrò.
'Non capisco.' Distolsi lo sguardo, facendo cadere la confezione che stavo amala pena stringendo.
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Creepypasta
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