Adriana non era la madre di Lara nel senso biologico del termine, ma faceva parte della sua vita che ancora le sue capacità mnemoniche non si erano sviluppate.
La vera madre aveva scoperto di essere malata di cancro poco prima di essere rimasta incinta di Lara ed era morta in ospedale dandola alla luce; fu il suo ultimo, grande, atto d'amore in quanto tutti i medici che l'avevano visitata avevano sentenziato che se non avesse abortito difficilmente sarebbe potuta sopravvivere al parto. Ma la donna, già pazza d'amore per quella creatura, decise comunque di andare avanti e correre quel pericolo se ciò significava
poter mettere al mondo il figlio tanto desiderato che portava in grembo. Come avrebbe raccontato nonna Matilde alla nipotina, il giorno del suo terzo compleanno, tua madre è volata in cielo non perché non ti volesse più bene ma perché ti amava tanto e, visto che era una donna così buona, il buon Dio l'ha voluta portare via con sé.E Lara cominciò a chiedersi quindi come potesse essere considerato buono un signore di nome Dio che aveva arbitrariamente deciso di allontanare una madre dalla propria figlia.
Nessuno in famiglia la fece mai sentire responsabile della morte di Carla. Quella vicenda aveva reso addirittura le famiglie Fabiani e Serafini ancora più unite anche perché il destino della donna in realtà era segnato da tempo. Per i genitori di Carla, poi, di educazione cattolica e di forma mentis finalista la nascita della bimba venne vista come il compimento di un disegno provvidenziale, la possibilità che Dio offriva alla loro figlia di proseguire la sua vita attraverso la nipotina.
Da piccola Lara ricordava quanto si sentisse più fortunata rispetto agli altri bambini perché lei poteva avere ben sei nonni. Anche se poi erano i genitori materni quelli che lei aveva sempre considerato come i suoi preferiti. Non le venne mai tenuta nascosta la vera identità di Adriana e il suo ruolo nella vita del padre. Ma solo dopo molto avrebbe pienamente compreso che lei era stata a lungo "l'altra", l'amante discreta che aveva atteso con pazienza certosina dietro l'uscio il suo momento e che poi, in punta di piedi e senza far rumore, era riuscita a entrare nelle vite di tutti di loro. Fino a farsi considerare indispensabile. Fino ad arrivare a chiederle di chiamarla Mamma.Più il tempo passava, però, più a Lara rimaneva il dubbio che, se il "Signor Dio" era davvero buono come tutti dicevano perché aveva portato sua madre via con sé, allora era evidente che lei dovesse essere per forza di cose una bambina cattiva ed era quindi per questo che lei se ne era andata via per sempre. Il signor Dio non c'entrava nulla, quindi. Anzi, lui era proprio buono perché se non l'avesse presa con sé a quest'ora chissà cosa ne sarebbe stato di sua madre per colpa sua.
Lara iniziò così a coltivare sin da piccola un odio silenzioso verso se stessa, cominciando a scatenare tutta una serie di atteggiamenti autopunitivi per non essere stata abbastanza buona da riuscire a tenerla vicina.
Dapprima inconsciamente poi con sempre maggiore consapevolezza.
Non strillava e non piangeva. Per paura di perdere anche gli altri componenti della famiglia, era diventata una bambina ubbidiente. All'asilo le maestre l'adoravano perché a differenza dei suoi coetanei non era affatto piagnucolona o capricciosa.
- È tanto buona - dicevano - solo che se ne sta sempre da sola. Non gioca mai con tutti gli altri bimbi. Secondo voi perché? - chiedevano preoccupate.
Nonna Matilde e nonno Ettore tutte le volte non sapevano cosa rispondere e fingevano di non avere spiegazioni a quell'atteggiamento della nipote facendo spallucce.
D'altronde, come potevano spiegare a degli estranei che, per quanto avessero cercato di proteggerla, non erano riusciti a tenere il dolore lontano da una bambina ancora così indifesa e priva di quegli strumenti razionali per capire le dinamiche della vita? Troppo sensibile lei o troppo avventatamente fiduciosi loro, talvolta si chiedevano, nell'aver voluto affrontare comunque un argomento così delicato con una bimba ancora troppo piccola per poter capire appieno il significato della morte. Ma la risposta che si davano era sempre e inevitabilmente una: quando le cose si facevano per amore non c'era qualcosa che fosse più giusta o più sbagliata. Si agiva animati dal desiderio di fare bene.
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All'infuori di me
General FictionLa vita di Lara, ventiseienne studentessa fuoricorso e perditempo come lei stessa si definisce, è segnata indelebilmente già dal suo venire al mondo. Divisa tra il bisogno di essere accettata, che la spinge ad essere chi non è, e il desiderio di rit...