Parte 16_Water

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Girò silenziosamente la chiave dentro la serratura della porta d'ingresso, attenta a non fare troppo rumore. Non le andava di incontrare subito il padre.

Non avrebbe potuto neppure affogare la rabbia e la frustrazione ficcando la testa dentro al frigorifero come aveva sperato, visto che era impossibile entrare in cucina senza riuscire a non incontrare Adriana e Raffaele.

Erano ormai più di dieci anni che Lara andava avanti in quel modo, convinta di poter gestire la propria vita e i propri sentimenti controllando il cibo che entrava e usciva dal suo corpo.

Quando aveva iniziato era troppo piccola per immaginare che un giorno sarebbe diventata come una droga.

Ma col trascorrere del tempo a Lara divenne sempre più chiaro che, prima ancora che una dipendenza, la bulimia dall'inizio fosse sempre stata solo e soltanto una malattia.

E le veniva da sorridere cinicamente quando, in maniera spesso semplicistica, sentiva i media considerarlo un mero disturbo alimentare.

Ho appena finito di vomitare - scriveva spaventata sul suo inseparabile notebook una sera quando, al termine di uno dei suoi soliti sfoghi, era stata colta dalla paura di non essere più in grado di trovareda sola una via di uscita - Sono sdraiata sul letto e tutto mi gira intorno. Sono sempre più convinta che l'unica spiegazione a tutto questo è che c'è qualcosa in me che non va. Sto male... ma non per aver vomitato. Cioè, non solo. Sto male principalmente perché ho una fottutissima paura di essermi ammalata. Non riesco a farne a meno. Mi faccio schifo eppure non ho la forza di oppormi. Subdolamente questa cosa, questa serpe strisciante, si è fatta strada dentro di me, si è approfittata delle mie debolezze, mi ha fatto credere che così io potessi essere più forte del dolore, del male che mi circondava, al di sopra delle ingiustizie che avevo subito. Si è fatta largo nella mia testa e adesso è lei che decide per me ed io che obbedisco a lei. Vorrei ribellarmi ma non mi sento forte abbastanza. Questa cosa, che non vorrei neppure nominare ma che devo costringermi a fare, è una malattia. Sì, la bulimia è una malattia che ti divora il cervello. Ecco l'ho scritto... E adesso è l'unica forma che mi è rimasta per esprimere ciò che sento, le mie insicurezze risucchiate da uno sciacquone. Tante. Troppe, diventano giorno dopo giorno sempre di più, sempre più frequenti... Lara è bulimica... Io sono bulimica. Mi sento come un terreno arido, svuotata di sensazioni e sentimenti. Senza accorgermene ho cominciato a non sapere più comunicare ciò che provavo e adesso non sono più neanche capace di riconoscere le emozioni, quelle vere, quelle belle. È come se mi avessero anestetizzato la parte sana del mio cervello, ho perso l'abitudine a essere ciò che sono e a comunicare ciò che sento. Perché io in fondo non sento più niente. Perché se provo a pescare dentro me stessa per capire cosa provo e penso davvero, non trovo nulla. Non ho emozioni. Sono come un barile vuoto. E bugiardo. Sì, io sono una bugiarda. Perché lo so che in tutto ciò che dico o faccio, se sorrido a qualcuno che incontro per strada, se ricambio una battuta di un'amica, io mento. La mia vita è una menzogna. Che strano, pensare che le prime volte mi dicevo che crescendo avrei smesso. Mi ripetevo di avere in mano il pieno controllo della mia volontà. Che idiota. E che ne è stato di me? Che alla fine sono diventata schiava di un comportamento compulsivo che mi ha divorato l'anima e la capacità di provare persino qualcosa di bello. Ho fatto terra bruciata intorno a me. Non c'è nessuno che posso dire mi conosca bene. Nessuno, neppure mia madre, o quella che si spaccia per tale. Nessuno sa chi sono davvero. Perché chi è bulimico come me non ne parla. Chi è bulimico si vergogna nel profondo e finisce col tenersi tutto dentro. Sei entrato in un tunnel a senso unico e non ci sono le uscite di sicurezza. E quello che ti aspetta alla fine o quando questo tunnel finirà non lo puoi sapere. Nell'attesa l'unica cosa che ti è dato sapere è che tutta la tua vita gira intorno a un water.

Quella sera a Lara non restò quindi che andare direttamente nella sua camera. Arrivata all'ingresso, si fermò e si appoggiò allo stipite della porta a guardare pensierosa la valigia aperta sul letto.

All'infuori di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora