• Capitolo 2 •

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La lezione di italiano procedeva lenta e noiosa, come al solito.
L'orologio scandiva marmoreo il tempo, quella giornata sarebbe stata eterna, come se le ore fossero una scura prigione dalla quale Clara non poteva fuggire.

La signora Alessia Porto era una donna bassa, sulla sessantina. Paffuta e con i capelli corti grigi, indossava sempre abiti dai toni spenti e dimessi, decisamente d'altri tempi. Era una persona terribilmente normale, anonima, e  quasi svaniva a contatto del muro grigio chiaro alle sue spalle.

La maestra Porto scriveva veloce alla lavagna ma Clara era lontana, lontana da tutto, in un mondo che soltanto lei conosceva.
La farfalla blu elettrico le vorticava intorno, intenta in una danza ipnotica e ossessiva.
"Sai cosa devi fare tesoro, fallo", le sussurrava coprendo la tremante voce della maestra.
Il cuore di Clara batteva forte in un'ancestrale misto di libido e paura. Chiuse gli occhi, scossa da brividi freddi.
La piccola manina frugò veloce nell'astuccio ed estrasse un paio di forbicine rosse.

Nessuno guardava, e l'insegnante era troppo intenta nella sua stantia spiegazione.
Clara fece scivolare veloce la forbice sotto la gonnellina.
"Fallo tesoro, fallo". La farfallina la incitava con voce virile ma sottile, spargendo migliaia di lucine blu tutte intorno alla piccola Clara che, socchiudendo gli occhi, conficcava la liscia lama nella sua morbida coscia.

Una grande esplosione colpì la mente della bimba e il sangue macchiò la bianca pelle. Scivolava, lento e sinuoso, come un piccolo serpente scarlatto e con lui, anche un pò di Clara se ne andava.
Le labbra sorrisero, estrasse la lama dalla sua carne.

La campanella di fine giornata suonò e liberò Clara dalle fredde sbarre del tempo. Uscì frettolosa, reggendo il suo zainetto con i gattini colorati.
Aveva già ripulito la porporea traccia ed era come se nulla fosse successo, soltanto un piccolo buchino rosso testimoniava l'accaduto. Alla sua mamma avrebbe detto che si era graffiata involontariamente, le credeva sempre.
Le mentiva spesso. Clara credeva che fossero soltanto fatti suoi quello che faceva o no al suo corpo.

"Ciao mamma" le disse sorridente salendo nella macchina grigia metallizzata.
"Com'è andata oggi? Hai compiti tesoro?" rispose Elena.
Quel pomeriggio indossava un rossetto leggermente più colorato e i capelli erano sciolti. Clara la osservò serena, speranzosa.
"No, niente compiti" rispose sintetica sfiorando la prova del suo problema.

Il piccolo buco sulla parte alta della coscia era , prova indelebile di un male che da troppo tempo permeava l'anima della bella bambina.
Un male che, lento, accarezzava con dita taglienti il cuore di Clara.

Quello che le farfalle non diconoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora