• Capitolo 19 •

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Clara sedeva silenziosa.
Nel buio di quella mattina piovosa, tutto le sembrava così scuro e ombroso. Il sole non si vedeva da giorni e una fredda pioggia fuori stagione bagnava la cittadina, impietosa, distruggendo ogni speranza della piccola.
Anche il cielo era disperato.
Lui sedeva sul letto.

"Tesoro, che fai , vieni qua, voglio insegnarti un gioco nuovo" bisbigliò mentre un ghigno ripugnante gli squarciava il viso.
Clara chiuse gli occhi, percependo quelli di ghiaccio di lui che lentamente la spogliavano con lussuria.
Strinse a se le gambe.
Sedeva immobile in un angolo della sua cameretta, terrorizzata e incapace di muovere un solo muscolo.
Non poteva ancora crederci.
Se ascoltava bene, poteva udire il pianto disperato della sua mamma, tra una goccia di pioggia e l'altra.

Da quando aveva scoperto il segreto della sua bambina, tutto era precipitato in un limbo oscuro e spaventoso.
Clara non aveva più parlato, aveva ignorato ogni singola domanda di Elena e Sandra e, a sguardo basso, si limitava a piangere lacrime taglienti. Poteva percepire la sua anima infranta, affranta, spezzarsi in mille frammenti e abbandonarla.
Ormai non era più una bimba. E mai più lo sarebbe stata.

Elena, d'altro canto, era impotente, ammanettata dal silenzio di sua figlia, che si rifiutava di collaborare e di aiutarla. Senza una testimonianza della bimba aveva le mani legate, non poteva fare nulla, e il pensiero la dilaniava.
Non riusciva a mangiare, la notte era un incubo terribile e la povera donna non aveva un attimo di pace. Ormai viveva di vitamine e medicinali contro la depressione.
Cercava invano di esser forte, per lei, per la sua bambina, ma gli eventi avevano preso il sopravvento e si sentiva in balia di un tumultuoso mare che la portava verso un'ignota destinazione.

Quello che le farfalle non diconoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora