Parte 7 Capitolo II Giulia - Tradimenti

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La parte del racconto che piaceva di più a Francesca era la conclusione.

"Morale della favola: Claudia che teneva tanto a Massimo lo perse nel giro di qualche mese ed io, che quella sera non volevo neanche uscire, trovai il mio principe azzurro, lo sposai e ora viviamo tutti insieme felici e contenti". Francesca sospirò con occhi sognanti e intinse il dito nell'impasto del gateau di patate pronto per essere infornato dopo un'ultima spolverata di pan grattato. Un'allegra scampanellata fece scattare in piedi la bimba che corse ad aprire la porta al padre.

"Paparino! Sei tornato finalmente." Lo accolse festante e lo trascinò in cucina.

"Mamma mi ha appena finito di raccontare il vostro primo incontro"

"Per la centesima volta", sottolineò Giulia con aria di rassegnata sopportazione.

"Mario ti sta aspettando per la sfida ai videogiochi" disse al marito dopo averlo baciato.

"Tra mezz'ora si cena".

Leo tornò nell'ingresso, posò la borsa e sfilò la giacca mentre rispondeva alle incalzanti domande della figlia sulla sua giornata di lavoro. Raggiunsero Mario che tenne impegnato il padre in una corsa automobilistica durante la quale Francesca, unica spettatrice, parteggiava per l'uno o per l'altro a seconda di chi era in svantaggio.

Giulia si ritrovò sola ed i suoi pensieri volarono subito alla sofferta decisione che aveva dovuto prendere quel giorno: non le piaceva allontanare un figlio dalla madre, ma le circostanze erano tali da non averle lasciato scelta, per il bene del bambino. Quella sera, tuttavia, le ansie procuratele dal lavoro vennero presto soppiantate da un'altra preoccupazione che da giorni, in maniera inquietante, interrompeva come un lampo improvviso il corso dei suoi pensieri nei momenti più impensabili e meno opportuni della sua giornata. Qualcosa non andava nel suo matrimonio. Era una sensazione strisciante a dispetto della perfetta routine quotidiana del rapporto con il marito. Cercava di convincere se stessa che fosse proprio quello il problema: la routine. Ma più ci pensava e più si rafforzava la sensazione che c'era qualcos'altro che le sfuggiva. Si era sforzata di ricordare il momento in cui aveva provato per la prima volta quella strana impressione e nella mente era riaffiorato il ricordo di quando, al ritorno dalle vacanze estive, era entrata nell'ampio vano della casa arredato a biblioteca e il marito aveva interrotto precipitosamente una conversazione al cellulare, lasciandole la sensazione di averlo sorpreso. Erano trascorsi quasi due mesi durante i quali Giulia aveva rimosso l'episodio mentre il suo subconscio alimentava il sospetto che adesso, mentre infornava la cena, divenne improvvisamente certezza. Rimase immobile, incapace di muoversi, con la teglia in mano davanti al forno aperto senza riuscire a sentirne il calore. I suo viso era gelido, come le mani e i piedi. Aveva sentito distintamente defluire il sangue dalle estremità e convogliarsi dolorosamente nel cuore che le pesava come un macigno. Aprì la bocca per respirare nella speranza che questo potesse far riprendere la circolazione e liberarla da quello spasmo che rischiava di far implodere tutto il suo essere, anima e corpo. Come ho potuto essere così cieca? Con gesti automatici e inconsapevoli infornò la cena e ripose quanto aveva utilizzato per prepararla. Apparecchiò la tavola, affettò il pane, preparò l'acqua nella brocca, tutto nel tentativo di frenare l'impulso di correre ad affrontare Leo. Per accusarlo di cosa? Si fermò a riflettere, imponendosi la calma. Non poteva fare scenate davanti ai bambini, doveva aspettare che fossero soli, doveva spingerlo a parlare, vedere se cadeva in contraddizione anche solo su circostanze banali, studiarne le reazioni, indurlo a dire la verità. Doveva affrontarlo così come approcciava i minori nei colloqui in tribunale, con circospezione, e per farlo doveva ritrovare calma e lucidità. Doveva aspettare.

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