Parte 14 PARTE SECONDA

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Elena era stata convocata dal magistrato.
"Dov'è suo marito, Signora Esposito?"
"Lavora al nord giudice, non può tornare prima di una settimana".
In realtà non aveva nessuna intenzione di coinvolgerlo in questa storia.
"Il collega di turno la notte del fermo ha disposto che sua figlia rimanesse presso la sua abitazione. Lo sa che questa decisione è stata presa in base alle raccomandazioni del commissario?"
"Si, signor giudice."
"Per la sua esperienza con i minori della zona, ritiene che sua figlia si sia ritrovata trascinata in una cosa molto più grande di lei senza rendersene conto. Ho studiato i rapporti e parlato con sua figlia. Tutta questa vicenda l'ha sicuramente spaventata molto. I ragazzi arruolati dalla camorra e implicati in questo genere di attività criminali sono spavaldi, arroganti, finanche aggressivi quando vengono fermati dalle autorità. Si sentono con le spalle protette e non hanno alcuna percezione del danno che arrecano alla propria esistenza. Sua figlia è diversa, non è ancora parte di questo meccanismo e gli agenti lo hanno subito fatto presente al commissario. Deve ringraziare loro se non è finita in una struttura di accoglienza"
"Si, giudice. Lo so"
"Ho parlato con le suore dell'istituto presso cui studia. E' una ragazza disciplinata e studiosa. Il suo profitto è alto, un vero peccato. Adesso non parla il giudice, le parlo da madre. Se troviamo il modo di tenere sua figlia lontana dal resto del gruppo e dalle famiglie, le lascio la custodia e farò in modo che di questo episodio non resti traccia. Non può trasferirsi al nord da suo marito?"
"No, è fuori discussione giudice. Non perché non sia disposta a qualsiasi sacrificio per mia figlia, è solo che non funzionerebbe."
"Ha problemi con suo marito?"
"Diciamo di si."
"Questo non depone a suo favore, senza un nucleo familiare stabile".
Elena la interruppe.
"Signor giudice mi può concedere qualche giorno? Potrei cambiare quartiere e affidarla ad un familiare stretto con un buon lavoro e una buona reputazione. Mi lasci provare e poi valuterà se la soluzione è fattibile. Nel frattempo la lasci con me, la prego. Mi dia solo qualche giorno"
"D'accordo. Ci rivediamo tra tre giorni."
Elena uscì e Giulia sospirò sollevata. Forse questa ragazzina la potevano recuperare. La madre sembrava una persona per bene.
L'idea di chiedere aiuto al padre naturale le era venuta quasi subito. Questa volta non poteva assumersi tutta la responsabilità della vita di Rita da sola, aveva bisogno di poter contare su qualcuno, di condividere il fardello delle decisioni che andavano prese. Più che ogni altra cosa pesava la sua relazione con Ciro Mellace e le inevitabili complicazioni che avrebbe comportato quando il magistrato ne sarebbe venuto a conoscenza, prima o poi. Adesso toccava a Roberto. L'appuntamento era per quello stesso pomeriggio nello studio del notaio Roberto De Magistris; quando la segretaria le aveva chiesto il motivo dell'incontro aveva risposto con ironia: una donazione.
Si preparò con cura all'incontro. Lo aveva sognato tante volte ma mai la sua pur fervida immaginazione avrebbe potuto partorire le circostanze che la realtà le aveva offerto. Il vestito migliore dal rigoroso taglio anni cinquanta che tanto amava, le perle, i capelli raccolti, il trucco leggero: era impeccabile. L'avrebbe riconosciuta? Aveva solo quindici anni l'ultima volta che l'aveva vista, lui ventisei. Era cambiato? Se si fosse rifiutato di riconoscere Rita e di aiutarla? Era disposta a tutto, anche a minacciarlo di dare lo scandalo in pasto ad amici e parenti.
Lo studio era in un imponente palazzo d'epoca sulla piazza antistante il Maschio Angioino. La sala d'attesa era affrescata. La scrivania della segretaria, un antico scrittoio in legno massiccio, troneggiava al centro della stanza pavimentata con un prezioso mosaico di parquet. Alle sue spalle tre porte di sicura fattezza antica, di fronte una parete interamente di vetro la separava dalle poltrone di pelle che accoglievano i clienti in attesa. Alla sua sinistra due immense finestre offrivano il panorama dei giardini della Biblioteca nazionale e il Teatro San Carlo. Gli occhi di tutti furono su di lei, era abituata ma questa volta neanche lo notò, rapita dalla classe e la solennità profusa dall'ambiente. Sembrava un museo e tutti i presenti si comportavano di conseguenza.
Con un affabile sorriso la segretaria la pregò di accomodarsi: era in anticipo di un quarto d'ora, ma l'appuntamento precedente era arrivato in ritardo. L'attesa sarebbe stata più lunga del previsto.
Il tempo scorreva e la sua ansia cresceva. Si sarebbe rammaricato di non aver saputo o si sarebbe infuriato? Divenne irrequieta. Si alzò, andò alla finestra in cerca di qualcosa che potesse distoglierla dai suoi pensieri. Nulla: il traffico scorreva lento, anche i pedoni camminavano senza fretta alcuna. Le sembrava tutto sospeso, come la sua vita. Si voltò per tornare al suo posto ed incrociò lo sguardo benevolo di un'anziana signora, sembrava una nobildonna in casa sua in attesa del maggiordomo che le servisse il tè. Inaspettatamente le fece cenno di andarsi a sedere vicino a lei.
"Non sia in apprensione, qualsiasi faccenda l'abbia condotta qui, sarà gestita al meglio nel suo interesse. Alfonso De Magistris è il migliore".
Le sorrise.
"In realtà deve incontrare Roberto, credo sia il figlio"
Vide la signora inarcare il sopracciglio destro, allontanarsi e darle un furtivo sguardo d'insieme.
Se prevedi guai hai visto giusto contessa, per poco il suo pensiero non ebbe voce. Fu salvata dalla segretaria.
"Prego signora Esposito".
Quando si alzò, si accorse con disappunto che le tremavano le gambe. Rita, pensa solo a Rita.
Mentre varcava la soglia del suo studio, Roberto stava facendo il giro della scrivania per accoglierla con una stretta di mano. La porta si chiuse alle sue spalle e per un attimo pensò di aver sbagliato persona. Non c'era quasi nulla del ragazzo che lei ricordava e questo, tutto sommato, era un bene. L'uomo che si trovò davanti era completamente calvo, la magrezza aveva ceduto il passo ad un fisico adeguatamente palestrato e le spigolosità del viso si erano arrotondate. Non era mai stato bello, ma ai suoi occhi aveva ancora il fascino che l'aveva incantata in quel portone di piazza Dante. Era tutto nello sguardo, quello lo riconobbe dopo una manciata di secondi.
"Ci conosciamo?", Roberto aveva avvertito il suo stupore.
"Sono cambiata così tanto?"
Il notaio la osservò con calma, fece qualche passo indietro e allungò la mano per recuperare dalla scrivania il foglio degli appuntamenti: Elena Esposito.
"Mio Dio Elena, lo sapevo che saresti diventata una donna incantevole. Accomodati, è un piacere rivederti. Sei sparita senza neanche darmi l'occasione di scusarmi". Avvertì il senso di colpa nelle sue parole. Sulla scrivania una foto lo ritraeva al fianco di una donna vistosamente incinta. Sorridevano radiosi. Le si strinse lo stomaco.
"Sei sposato e hai figli, vedo"
"Un maschietto tra venti giorni, se non anticipa"
La femmina ha anticipato di quattordici anni.
"Scopro solo adesso il tuo cognome, mi hai sempre nascosto tutto di te"
Tutto è dire poco.
"Cosa posso fare per te? Non credo sia una visita di cortesia, giusto per vedere un vecchio fidanzato"
"Mi stupisce sapere che tu ti sia considerato tale in passato"
Lo vide arrossire. Aveva dato il primo affondo in un perfetto italiano. Non era più la ragazzina tamarra seduta al tavolo degli universitari.
"Ho bisogno del tuo aiuto per una questione importante"
Gli spiegò il coinvolgimento accidentale della figlia nell'arresto di giovani affiliati alla camorra, il suo coinvolgimento affettivo con Salvatore, le attenzioni del commissario e il colloquio con il giudice.
Roberto aveva ascoltato attentamente.
"Temo tu abbia bisogno di un avvocato penalista, e non di un notaio" sorridendole bonariamente.
Cosa credi che non conosca la differenza? Le aveva appena offerto l'occasione del colpo di grazia.
"Non mi serve l'avvocato penalista, ho bisogno del padre"
"Vi siete separati e non riesci a trovarlo?"
"Roberto, Rita ha compiuto quattordici anni ad ottobre", scandì il numero.
Lo vide accigliarsi e dopo qualche secondo trattenere il respiro.
Adesso esplode.
"Stai dicendo che è mia figlia?", chiese alzandosi di scatto.
Si fissarono per un tempo che sembrò ad entrambi interminabile, poi Elena parlò con voce fredda.
"Si, e non lo avresti mai saputo se non fosse stata arrestata"
Rimase a guardarla dall'alto della sua statura con espressione assente. La sua mente scavava nel passato, calcolava i tempi, riempiva i vuoti. Le sembrava di sentire il rumore dei suoi pensieri.
Se osa dubitare della mia parola, lo rovino.
Di colpo il suo sguardo s'intristì ed i muscoli del volto si rilassarono. Lentamente si sedette e prese il telefono.
"Angela non posso ricevere più nessuno  oggi. Scusati profusamente e fissa a tutti un altro appuntamento". Non attese risposta.
Sa che dico il vero.
"Perché Elena, perché non me lo hai detto? Non avevi proprio nessuna fiducia in me?"
"Se te lo avessi detto, tu non saresti qui e saremmo due infelici che si accusano a vicenda della distruzione della propria vita o, nella peggiore delle ipotesi, Rita non ci sarebbe". Non voleva, si era ripromessa di non farlo, ma adesso lacrime bollenti le rigavano il viso. Roberto sapeva che Elena aveva ragione.
Rimasero a lungo in silenzio.
"Hai una fotografia?"
Gliela porse.
"Santo cielo! Mia madre"
"Ho sempre pensato che non somigliasse a me e non avesse nulla della mia famiglia. I tuoi geni sono dominanti"
"Sei cambiata molto"
La sua risposta fu anticipata da un sorriso sarcastico.
"Non ho studiato, se ti riferisci a questo. Ho letto tanto: libri, giornali, film, documentari. Qualsiasi cosa che mi permettesse di imparare a parlare e non dovermi mai più vergognare in vita mia per avere aperto bocca"
"Mi dispiace Elena, non sai quanto. Cosa vuoi che faccia?"
Si sedette sulla scrivania e le prese la mano. Quel contatto finalmente le dava la possibilità di condividere tutte le sue ansie. Poteva contare su Roberto, ma fino a che punto? Andò dritta al punto.
"Devi prenderla con te."
Si allontanò di scatto.
"Non puoi chiedermi questo. Ho una moglie che sta per partorire. Dio, già sarà difficile dirglielo, ma portarla a casa con noi!" Era molto agitato, allentò il nodo della cravatta, tolse la giacca. Ebbe il timore che stesse per denudarsi.
"Non abbiamo scelta, il giudice vuole che si allontani dal Rione San Gaetano".
"Posso aiutarti a prendere casa in qualsiasi zona di Napoli. Non c'è bisogno che venga da me. Non significa che non la voglia nella mia vita, cerca di capire". Non riusciva a stare fermo, sembrava un leone in gabbia.
"Non può restare con me, la famiglia del ragazzo e gli amici la troverebbero. Deve venire da te e cambiare cognome"
"E' questo che vuoi, che la riconosca. Lo farò, ma tienila con te".
"Non può stare con me, non sarebbe al sicuro"
"Stai diventando paranoica"
"Sono la donna di Ciro Mellace"
Lì per lì, il nome non gli disse niente. Gli occhi di Elena piangevano lacrime amare adesso.
"Il più grande errore della mia vita", riuscì a dire in un soffio di voce.
Lo stupore allora si stampò sul viso del notaio.
"Quel Ciro Mellace? Santo cielo Elena, quello è un mostro. Va ben oltre la figura del boss di camorra! Come hai potuto invischiarti con una essere così spregevole. Come hai potuto solo permettere che si avvicinasse a tua figlia, nostra figlia!"
"Non l'ha mai incontrata, giuro. Mai!"
In quel momento suonò il telefono interno. Rispose solo al settimo squillo.
"Avevo detto niente più appuntamenti!"
"Notaio, la signora Marella insiste per vederla."
"Non adesso, dille che non è proprio il momento"
Abbassò il ricevitore. Se insisteva nel volerlo vedere, doveva aver incontrato Elena in sala d'attesa e fiutato guai. Era più brava di un cane da tartufo. La porta dello studio si spalancò e l'anziana signora la richiuse prontamente alle sue spalle.
"Cosa succede?"
Elena era confusa. Asciugò le lacrime guardando Roberto, poi la donna visibilmente preoccupata e di nuovo Roberto.
"E' meglio che ti sieda, nonna. Elena è un'amica"
"Roberto!" il tono era severo ed inquisitorio.
"Non in quel senso nonna, non ci vediamo da quattordici anni"
"Bene, sono sollevata. Qualsiasi cosa sia la puoi risolvere."
"E' complicato, e non sarà indolore"
"Parla, ragazzo. Non sprecare il mio tempo."
"Elena ha una figlia di quattordici anni"
Guardò prima l'uno, poi l'altro. Entrambi si guardavano le scarpe.
"Sembrate due ragazzini colti con le mani nel barattolo di marmellata. Questo vuol dire che il mio primo pronipote è una ragazzina in piena adolescenza? Perché non glielo ha detto e si fa viva solo ora?"
"Rita è stata arrestata. Non ti agitare, nonna. E' una brava ragazza. Si è trovata nel posto sbagliato con le persone sbagliate e il magistrato che se ne occupa ne è cosciente. La vuoi vedere?", porse la foto alla nonna.
"Somiglia a tua madre"
"E' quello che ho detto anche io"
"Torniamo ai fatti. Chi è il magistrato?"
Guardarono entrambi Elena.
"Giulia Frasci"
"Perfetto, ci parlo io"
"Non dovrei meravigliarmi del fatto che la conosci. Marella è un'istituzione tra i notai e i magistrati di questa città" spiegò ad Elena nel tentativo di tranquillizzarla.
"Allora, tutto risolto"
"In realtà, c'è un problema. Il giudice vuole che cambi ambiente per lasciarla sotto la tutela della madre, ma Elena ha dei problemi e vuole che venga a stare da me"
"Non se ne parla" l'anziana donna fu categorica.
Ad Elena sembrò di aver ricevuto un pugno nello stomaco.
"E non ti permettere di raccontare questa storia a tua moglie. Le rovineresti il momento più bello della sua vita e non te lo perdonerebbe mai. Gliene parlerai quando il bambino avrà non meno di cinque mesi. Avrà superato i momenti difficili del dopo parto e sarà forte con tuo figlio tra le braccia. Non prima, capito?"
Non potete tirarvi indietro, ho bisogno del vostro aiuto.
La signora Marella sorrise alla madre della sua prima pronipote.
"Rita starà con me"
"Non puoi prenderti cura di una ragazzina a novantadue anni"
"Non era una domanda e non mi toglierai la gioia di conoscere un'altra generazione di De Magistris. Pensi avrò il tempo di chiacchierare amabilmente con tuo figlio che non è neanche ancora nato? Può portarla da me questa sera stessa. Giulia non avrà nulla da ridire e Roberto avvierà subito le pratiche di riconoscimento. Deve portare il cognome che le appartiene"
"Non sarà facile, anagraficamente il padre ce l'ha. Bisogna che la disconosca"
"Non è un problema" intervenne Elena. "Si precipiterà a firmare qualsiasi carta". C'era dolore nella sua voce.
"Con calma poi, mi darà qualche spiegazione se sé la sente cara. Ho idea che la sua giovane vita sia al quanto avventurosa"
"Non immagini quanto, nonna"
"Allora è deciso. Dammi una mano ad alzarmi. Vado a dare la lieta notizia a tuo padre"
"Tocca a me"
"No, ci penso io. Va a conoscere tua figlia, hai perso già troppo tempo".
Roberto riprese ad andare su e giù per l'ufficio. Da quando aveva avuto la notizia, le vene sulle tempie gli si erano gonfiate e quando non parlava le mascelle erano serrate.
"Devi farmi un altro favore" sussurrò Elena.
La guardò con fare implorante: "Non ti sembra sufficiente? Con una sola frase hai sconvolto la mia vita!"
"Sono quattordici anni che tu hai sconvolto la mia" gli rispose pacata, "mi sembra che adesso tocchi a te"
Rivide l'espressione mortificata di quella sera all'uscita della pizzeria. In fondo era un bravo ragazzo.
"Di cosa hai bisogno, soldi?"
"No, di quelli ne ho a sufficienza. Per anni ho messo da parte nella speranza di comprare una casa in quest'altra parte di Napoli, da qualche anno solo in attesa di scappare da questa città e portare Rita il più lontano da Ciro. Spero sempre si innamori di un'altra. Non mi lascerà andare. Devi procurarmi documenti falsi."
"Santo cielo! Io sono un notaio, come puoi chiedermi questo. Non saprei neanche a chi rivolgermi"
"Mi troverà se continuerò ad usare il mio nome. Hanno uomini dappertutto, non puoi immaginare. Neanche all'estero sarei al sicuro. Vanno a investire nelle piccole provincie di paesi come l'Irlanda, la Lituania, la Germania perfino l'Australia. Colonizzano. All'estero non riescono a distinguerli, sono imprenditori come altri e fra i migliori perché hanno sempre capitali disponibili. Posso lavorare da sola sul mio aspetto ed è la prima cosa che farò, ma ho bisogno di un nome nuovo."
"Perché non lo denunci, lo stanno cercando da un paio di anni. Fallo arrestare"
"Allora non hai capito che gente è. Quando mi manda a prendere mi bendano. Viaggio sempre per più di un'ora, ma per quanto ne so io potrebbero anche girare in tondo e portarmi nel palazzo di fronte al mio. Ringraziando il cielo non so dove sia. E se pure lo sapessi non lo direi mai e se ci rifletti un poco, non lo vorresti neanche tu. Vuoi condannare tua figlia a fuggire e nascondersi a vita? Stai parlando del futuro di tua figlia, ma non li leggi i giornali? Se viene fuori che è tua, in pericolo ci finite anche tu, tua moglie e tuo figlio. Questo lo capisci?"
"E' un incubo"
"Devo andare via, è l'unica cosa che posso fare e non posso andare in giro con trecentocinquantamila euro in contanti, devo aprire un conto in banca, fittare una casa, cercarmi un lavoro ho bisogno di un altro nome". Adesso era lei ad implorare.
"Ferma, aspetta. Una cosa alla volta. Non puoi arrivare in una banca italiana e fare un versamento di quella somma. Sei impazzita. Alzeresti un vespaio, farebbero una serie di controlli e sarebbero guai."
"Già, ci avevo pensato anche io. Ciro mi troverebbe subito, non sai come sono infiltrati nelle banche. Potresti versarli tu"
"No, andrei soggetto a controlli anche io e dovrei dare mille spiegazioni. Ma li posso depositare in una cassetta di sicurezza, aprire un nuovo conto a nome della nonna e fare versamenti periodici. Avresti un bancomat e una carta di credito. Sempre se ti fidi."
"Non sarei venuta da te se non fossi stata pronta a fidarmi"
"Bene allora la gestione dei soldi è risolta"
"Ho bisogno di un telefono e una scheda nuova"
"Ok, domani mattina faccio anche questo a nome di Marella"
"Per i documenti?"
"Questo è un tantino più complicato, non credi? Lasciami pensare"
"Devo partire domani".
"Impossibile, partirai quando saremo pronti"
"Non posso rimanere a casa mia, se mi manda a prendere non avrei la forza di andare da lui e fare finta che sia tutto a posto". Adesso piangeva.
"Rimarrai dalla nonna fino a quando sarà tutto pronto. Non avrà obiezioni. Andiamo a prendere Rita"
"Non insieme, nessuno deve potermi collegare a te. Dimmi dove, saremo lì tra quattro ore. Ho alcune cose da sistemare."

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