Parte 8 Capitolo III Matilde - Amore e dolore

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"Nonna, non puoi andartene da sola in vacanza. In un villaggio turistico per giunta!".

"Perché no?"

"Ne hai novantadue nonna"

"Di che? Cavalieri pronti a portarmi in vacanza, si. Forse non proprio novantadue"

"Di anni nonna, di anni. E non fare la finta tonta. Vuoi sederti un attimo, metterti ferma e tranquilla ed ascoltarmi?"

"Nella fossa ne avrò di tempo per stare ferma e tranquilla, ora ho da fare. Piuttosto alza il sedere da quella sedia e aiutami a rifare il letto".

Come tutte le mattine in cui non aveva impegni di lavoro, Matilde alle otto e trenta era dalla nonna per la colazione ed ogni giorno c'era un motivo di discussione. Amava le affettuose schermaglie verbali con quello scricciolo di donna. Erano il modo migliore che restava alla persona che più amava al mondo di esprimere tutta la sua vitalità. Marella era un pezzo di storia, nata nel 1920 aveva ricordi indelebili della Seconda Guerra Mondiale, le cui privazioni diceva sempre che le avessero fortificato il corpo e lo spirito. Aveva incontrato Papa Giovanni XXIII, vissuto gli anni di piombo, tremato per l'assassinio di Aldo Moro e pregato per Papa Giovanni Paolo II in occasione dell'attentato di Ali Agcha. Aveva la sua opinione sulla strage di Ustica, sul boom economico degli anni Ottanta e sul successo imprenditoriale e politico di Silvio Berlusconi. La sua figura esile riusciva ancora a sostenere una postura perfetta, la vista era discreta ma il medico le aveva consigliato di non affaticarla, quindi aveva rinunciato alla lettura dei romanzi che fino ai settanta anni aveva divorato al ritmo di due al mese. La sua biblioteca era immensa e Matilde attingeva spesso, sotto suo consiglio, senza essere tuttavia una lettrice altrettanto accanita.

Si alzò per sprimacciare i cuscini del grande letto matrimoniale in cui la nonna dormiva ormai sola da trent'anni. Due volte vedova, non aveva voluto assolutamente risposarsi, pur non essendole mancata l'occasione: ne ho atterrati già due di mariti, adesso mi tengo l'amante, aveva ripetuto per anni ma poi aveva atterrato anche l'amante ed era giunta alla conclusione che il suo destino era quello di rimanere sola.

"Hai notizie di mia figlia?"

Questa domanda arrivava esclusivamente la mattina dell'ultimo giorno del mese, il solo momento in cui l'anziana donna concedeva un pensiero all'unico fallimento della sua vita. Era il 31 ottobre.

"Mamma sta bene. L'ho sentita due giorni fa. E' già presa dai preparativi per la "notte europea della civetta".

"Che si terrà tra un anno immagino! Non voleva avere neanche il pensiero di dover decidere cosa prepararti per cena e per correre appresso agli uccelli adesso pianifica mesi prima. Roba da matti".

"Non corre appresso agli uccelli, nonna. Piuttosto si apposta per vederli arrivare, li osserva da vicino e se riesce scatta qualche foto. E non è fra un anno ma tra cinque mesi".

"Il solito parassita, guarda gli altri vivere mentre lei è già morta e non lo sa".

"Ora sei cattiva".

"Cattiva io? Ma come fai a difenderla dopo tutto quello che ti ha fatto. Certo è sempre tua madre ed è giusto e normale che tu le voglia bene, è lodevole che tu l'abbia perdonata ma prendere le sue difese, questo è troppo".

"Cos'è che tu proprio non riesci a perdonarle nonna? Il fatto che mi abbia trascurata, che abbia divorziato, che cosa? La depressione è una malattia, perché la colpevolizzi così?"

Marella guardò la nipote e vide una giovane donna che cercava risposte. Le meritava. Si sedette sul letto appena rifatto, tese il braccio verso il lato opposto, le prese la mano e la invitò a sedere.

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