Parte 1 - Capitolo I Rita - False verità

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31 ottobre. Aprì gli occhi. Era buio, neanche un filo di luce, nessun rumore. Dov'era? L'incertezza durò quei pochi secondi che la coscienza impiega a riemergere dalla profondità del sonno. Perché si era svegliata? Al disappunto seguì il vano tentativo di riaddormentarsi, stava scomoda con Salvatore nel letto ad una piazza della sua camera e si pentiva di non aver accettato l'invito ad andare da lui la sera prima. Il ritmo regolare del suo respiro le addolcì il risveglio, gli voleva bene ed era molto di più del suo ragazzo, era diventato in poco tempo il punto di riferimento di tutta la sua vita. Decise di alzarsi, non aveva senso rimanere sdraiata sveglia, almeno avrebbe lasciato riposare Salvatore comodamente. Lo scavalcò per scendere dal letto e scalza, indossando solo una t-shirt, aprì lentamente la porta per non fare rumore. Il corridoio con altre quattro porte chiuse ed un balcone ad un battente coperto da una pesante tenda blu era in penombra. I suoi occhi provenienti dal buio si adattarono facilmente alla nuova illuminazione ma quando aprì la porta del bagno la luce piena di quella tiepida mattina di ottobre li colpì con violenza e Rita li richiuse con insofferenza. Schermandoli con la mano destra li aprì quel tanto che le consentisse di arrivare alla tazza dove, una volta seduta, si concesse il tempo di far adattare gli occhi al nuovo giorno. Doveva andare a scuola. Attraversò il lungo corridoio e aprì la porta della cucina, rimanendo sorpresa di trovare la madre seduta al tavolo. Era mercoledì e lei tutte le notti di martedì le passava fuori casa.

"Siediti" le intimò.

Rita non si mosse, disubbidire alla madre era una reazione istintiva.

"Assettati", ripeté in un tono ancora più imperativo che non le lasciava scelta.

Scostò la sedia dal tavolo tondo nel punto diametralmente opposto e si sedette.

"Questa storia deve finire, quello qua sopra non ce lo devi portare!"

La figlia sfidò la madre guardandola dritta negli occhi.

"Meglio qua che per strada, o a casa sua. Sue Ellen" sbottò rallentando sulle ultime parole, sapendo bene che per la madre la famiglia di lui a Scampia non era quella giusta e che odiava essere chiamata con il suo nome anagrafico. Insieme a tante omonime era la figlia dell'era di Dallas, il serial televisivo americano che tanto successo aveva avuto agli inizi degli anni ottanta e che nelle zone popolari della città era stata grande fonte d'ispirazione nella scelta dei nomi delle neonate.

Aveva la sigaretta fra le dita della mano destra e nella sinistra reggeva la tazzina del caffè che aveva appena finito di sorseggiare. Resse lo sguardo di sfida della figlia pensando con amarezza che la sua vita a trenta anni era un casino pur essendo stata una figlia ubbidiente e di carattere docile. Che fine avrebbe fatto Rita continuando così? Poi tentò con le buone.

"Non voglio che combini un guaio, come ho fatto io" disse pensando all'uomo che aveva sposato.

"Finalmente l'hai ammesso, sono solo un guaio per te"

"Non dire stronzate Rita, lo sai che non mi riferivo a te ma a" fece una lunga pausa, odiava dirlo "tuo padre".

"Perché ho un padre io?". Tristezza e delusione le riempirono la voce e gli occhi.

"Per lui non esisto, due estranei nella stessa casa almeno si saluterebbero".

L'argomento era troppo penoso per entrambe e la madre ritenne più saggio tornare al motivo principale della discussione, sebbene più ostico.

"Piccerella, tu mi devi stare a sentire la famiglia di quello sta pigliando una brutta strada, una strada che agli altri non piace."

"Perché non chiami le cose per nome mamma, quello si chiama Salvatore e gli altri sono i Mellace"

Qui fu NapoliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora