La notte sarebbe stata lunga, tutto sommato meglio una scossetta di terremoto che un'emergenza. Controllò i nomi dei colleghi di turno: due in gamba e un deficiente. Tre contro uno, potevano arginare i danni.
C'era un ubriaco con un taglio sull'avambraccio, tre feriti lievi da incidente stradale, un neonato con febbre alta e un anziano in fibrillazione. Tutto sommato, normale amministrazione. Stava tranquillizzando la mamma del piccolo febbricitante quando avvertì la scossa e fece in tempo ad afferrare per il braccio la donna che con il bambino in grembo aveva perso l'equilibrio. La strinse a se in modo da fare entrambe scudo con i loro corpi al bambino mentre tutte le boccette di medicinali sui carrelli tintinnavano prepotentemente, coprendo il rombo che proveniva dalle profondità della terra e lo scricchiolio delle mura. I secondi sembrarono minuti mentre dopo il silenzio dell'iniziale stupore la gente cominciò a gridare e chi poteva a cercare le uscite.
"Non si muova, ora finisce" impedì alla signora di scappare. Poteva inciampare, essere spinta mettendo davvero in pericolo il piccolo.
Pensò a Nico, alla faccia del "si avvertirà qualcosa".Questa era una scossa con i fiocchi. Quando tutto fu finito nel pronto soccorso oltre a loro erano rimasti in pochi: quelli che non si potevano muovere, i due colleghi bravi e un solo infermiere. Il deficiente era scappato.
Fece sedere la signora e aiutò i colleghi a rimettere l'ubriaco sulla barella, l'unico a non essersi reso conto di quanto accaduto. Si affrettarono a provvedere allo smistamento in reparto dei pazienti già visitati per liberare il pronto soccorso. Di lì a poco sarebbe arrivato di tutto. I primi furono gli anziani con problemi cardiaci, prontamente inviati in reparto ricoverati sotto osservazione, sulle barelle naturalmente. Qualcuno firmava e tornava a casa, cardiologia era al quarto piano. Poi arrivò l'ondata degli incidenti stradali, tutti per la fretta di rientrare a casa, raggiungere i parenti, andare a prendere la figlia, soccorrere i suoceri, storie di ordinario panico. Nell'ultima ora aveva fatto due suture, ricoverato quattro pazienti in fibrillazione, diagnosticato tre fratture e contenuto una crisi d'asma di un adolescente. Stava dando istruzione ad un'infermiera quando vide un distinto signore attempato pararsi di fronte a lei e tenere fermo nei suoi occhi uno sguardo preoccupato, chiaramente in attesa che finisse di parlare.
"Ha bisogno di me? Non si sente bene?"
"No, dottoressa. Sto benissimo. Sono un medico in pensione e ho accompagnato una giovane donna con forti dolori addominali, tremito e sudore freddo. Propendo per una gravidanza ectopica ma un suo esimio collega insiste nel dire che è un'appendicite e che può aspettare. Ho un complice che lo tiene lontano dalla paziente, lei non poteva sapere che era già stata visitata e quindi non lo avrà scavalcato. Tutti felici e la paziente è salva"
"Non sta scherzando vero?"
"No, quella è la paziente. Il mio complice è quello alto"
Seguì con lo sguardo i cenni che accompagnarono la frase dell'uomo e intravide il deficiente tra la schiena ed il braccio di un uomo decisamente alto sulla soglia del pronto soccorso.
L'autorevolezza dell'anziano collega l'aveva già convinta a seguirlo ma quando vide chi aveva visitato la paziente si affrettò.
Confermò la diagnosi e spiegò alla paziente cosa le avrebbero fatto.
"Vuole assistere?" pronunciò le parole meravigliandosi di sentirle uscire dalla sua bocca.
"La opera lei?"
"Si"
"Volentieri"
Fino all'età di undici anni Valentina aveva avuto una vera passione per le automobiline. Ne aveva cassetti pieni. Si divertiva a smontarle e giocava al meccanico scambiando i pezzi dei modelli simili e creando macchine multicolore. Nell'adolescenza era passata ai puzzle. Tutto ciò che poteva essere scomposto e ricomposto la affascinava. Non era la curiosità a spingerla, quanto la capacità di rimettere ordine, di ricomporre tutto come doveva essere. Era il controllo ad interessarla. Quando il caso, o forse il destino, aveva scelto il suo percorso universitario la chirurgia aveva risvegliato quell'interesse: poteva rimettere le cose al loro posto.
"Attenda qui, le faccio recuperare un camice e la mando a chiamare appena saremo pronti".
Mandò un'infermiera a cercare il collega di cui si fidava di più e cominciò a prepararsi in attesa degli esami richiesti.
Il cellulare vibrò due volte. Sms in arrivo.
Natalia: Buona notte pulcino
Nico: ce ne saranno altre, Vesuvio.
Questa si che è una gran bella notizia, ma l'ironia del pensiero cedette subito il passo all'ansia per le implicazioni.
Non ebbe il tempo di approfondire. Arrivarono i risultati dei test ematologici che confermarono la diagnosi e Parisi, il collega che aveva fatto chiamare.
"Che abbiamo?"
"Gravidanza ectopica, la paziente è in shock emorragico. Ora arriva anche l'eco ma ne facciamo comunque un'altra in sala. Magari possiamo intervenire in via laparoscopica. E' giovane".
"In presenza di un emoperitoneo non è consigliabile, ma facciamo una transvaginale, entriamo con il laparoscopio e valutiamo"
"Abbiamo un ospite, non ti dispiace?"
"Un parente?"
"No, il medico che l'ha accompagnata qui. Con la diagnosi."
"Ok, sbrighiamoci"
In sala era tutto pronto. Stavano ultimando le indagini preparatorie quando entrò il medico pensionato per assistere all'intervento. Salutò e non proferì più parola.
L'ecografia evidenziò l'utero vuoto e la presenza di una massa in sede annessiale, la laparoscopia confermò l'impianto in sede tubarica.
"Diamo una bella ripulita e valutiamo il danno"
Valentina eseguì l'aspirazione del versamento ematico e individuò il punto di rottura.
"Vuoi proseguire tu?" chiese al collega per pura cortesia.
"Ne ho fatte già diverse, e tu?"
"E' la prima"
"Allora assisterò con piacere alla tua numero uno"
Eseguì una salpingotomia lineare con resezione segmentaria e anastomosi termino terminale. L'intervento riuscì perfettamente.
"Congratulazioni, dottoressa. Vado ad avvisare il fidanzato"
"Non mi ha ancora detto il suo nome, dottor?"
"D'Angelo, Carlo D'Angelo"
Un vero angelo custode per questa ragazza, è stata fortunata. Fuori dalla sala operatoria il cellulare riprese a vibrare. Erano le 2.00.
"Finalmente ci sono riuscito"
"Nico è davvero il Vesuvio?"
"Si, purtroppo. Le hai sentite le altre scosse? C'è uno sciame intensissimo. Sembra stia ribollendo tutto qui sotto. Com'è la situazione in ospedale?"
"Un bel via vai fino a mezzanotte da allora ho operato e sono appena uscita. Non può fare i capricci proprio adesso sto vulcano, con tutti i secoli dei secoli sceglie l'anno in cui devo far trasferire qui le persone che amo, questa è sfiga!"
"Tecnicamente potrebbero volerci anni prima che si decida a sbottare, sempre che poi lo faccia"
"E allora perché ti sento così preoccupato?"
"Perché stiamo parlando di un vulcano, perché per quanto possiamo valutarne i segnali non possiamo controllarlo e qualsiasi previsione può essere tragicamente errata. Potrebbe metterci un mese o tre anni o stabilizzarsi per altri duecento. La verità è che non sappiamo un cazzo di quello che sta succedendo lì sotto."
I venti secondi di silenzio che seguirono bastarono a terrorizzarla. Da quando lo conosceva non lo aveva mai sentito così profondamente turbato.
"Sai quante persone vivono nell'area vesuviana? Sai quanto Napoli sia dannatamente vicina al Vesuvio in linea d'aria?"
Ebbe bisogno di sedersi sulle poltroncine di attesa fuori al reparto di chirurgia. A pochi passi da lei un'intera famiglia trepidava nell'attesa che qualcuno desse loro notizie dall'interno. Nella sala accanto alla sua operavano un diciottenne per la rottura della milza. Dovevano essere i parenti.
"Dovremmo saperlo tutti, e ricordarcene. Sai qual è il pericolo maggiore? Che cessi lo sciame sismico e la gente dimentichi. Chi può si allontanerà magari una settimana dalle falde, poi tornerà a casa e allora sarà un'ecatombe"
"Non sei un po' troppo pessimista?"
"Sono realista, nessun altro popolo al mondo è stato così stupido da insediarsi in bocca a un vulcano."
"Indubbio, allora che si fa? Devo dire a Natalia di non venire? E' organizzato per luglio, si trasferiscono alla fine dell'anno scolastico"
"Se le nostre ricostruzioni sono esatte Pompei ebbe un preavviso di due anni con una scossa che danneggiò gravemente la città. Non credo che questa sia paragonabile all'intensità di quella."
"Se non ricordo male avevano anche tanti altri segni, pesci che morivano nel golfo, fuoriuscite di gas. Oggi siamo consapevoli del pericolo, monitoriamo. Dobbiamo essere in grado di prevedere con un certo anticipo"
"Vale, ti ricordi quando mi raccontasti di quel bambino che arrivò in pronto soccorso all'alba con la febbre dopo una notte di mal di pancia? Tu sapevi che poteva essere una appendicite acuta, è stata la prima possibilità a cui hai pensato"
"Vero"
"Quanto tempo è passato prima di intervenire?"
"Nove ore"
"Perché tutti gli esami clinici erano negativi: ecografia e globuli bianchi nella norma. Sembrava una influenza virale come tante in pediatria. Vi stava fregando, i sintomi c'erano ma i dati in vostro possesso negavano e lo hai salvato per un pelo solo perché non ti sei fidata e ti sei assunta il rischio anche di aprire per niente"
"Già"
"Quale autorità pensi si assumerà il rischio di evacuare in tempo utile centinaia di migliaia di abitanti e farli restare lontani da casa un mese, cinque o chissà quanto prima che si decida ad eruttare? Ti ricordo che solo una volta la Commissione grandi rischi ha lanciato un allarme terremoto, Garfagnana 1985. Vennero evacuate centomila persone: niente terremoto e ministro sotto inchiesta. Devo andare, ti chiamo dopo."
Le parole di Nico continuavano e riecheggiarle in mente quando le si sedette accanto il dottor D'Angelo.
"Tutto bene? La vedo preoccupata, si è svegliata la paziente?"
"Si, tutto bene. Tra un po' la portano in reparto"
"E' stata brava, dottoressa. Ottima mano. Questi laparoscopi poi sono fantastici. Ai miei tempi si apriva e basta, senza tanta accortezza neanche per la grandezza dell'incisione"
"Altri tempi"
"Niente ecografo e niente test Hcg. Bisognava attendere la reazione sulle rane per confermare una gravidanza, si iniettava l'urina della donna sotto cute: se era incinta l'ormone presente provocava l'ovulazione della rana"
"L'ho letto su qualche testo" sorrise Valentina "sembrano cose da stregone africano"
"Ero di poco più giovane di lei, lavoravo al pronto soccorso del Cardarelli. A quei tempi era impensabile che giovani donne nubili potessero essere gravide. Salvai così la mia prima vita: Rosa, 17 anni. Quando spiegai ai genitori perché dovevamo operarla d'urgenza non volevano dare il permesso, era impossibile dicevano. Sbagliavamo. Così cambiammo la diagnosi in peritonite. Anni dopo mi venne a trovare per ringraziarmi, le avevo salvato la vita due volte, mi disse: le avevo salvato l'onore e s'era potuta sposare. Si, oggi fa sorridere" commentò vedendo l'espressione divertita della giovane collega.
"Ne ha salvate molte?"
"Molte salvate, tante perse. Noi cerchiamo di rimediare a guasti o errori della natura, ad incidenti di percorso ma non abbiamo il controllo"
"Possiamo decidere però, possiamo scegliere e assumerci la responsabilità delle conseguenze"
"Già, le conseguenze." Lo disse con tono grave e in quel momento Valentina vide tutto il peso degli anni che pure portava splendidamente. Quanti ne avrà, ottanta?
"A cosa si riferisce?"
"A mio figlio. Ha scelto di non essere quello che io volevo che fosse. Non mi guardi così, lei ha figli?"
"No"
"Lo so che è sbagliato, un figlio non è una proprietà e non può venire su a tua immagine e somiglianza. Ma un figlio ti crea tante aspettative e tu vorresti il meglio per lui. Mentre cresce sei tu che gli insegni cosa è bene e cosa è male, scegli per lui la scuola, le attività sportive, le vacanze, le amicizie. Poi arriva al liceo e comincia a dirti no, a fare di testa sua e tu speri che quello che gli hai insegnato possa farlo decidere sempre per il meglio"
"Il meglio per chi?"
"Lei parla come mio figlio", le sorrise paternamente.
"Anche se non condivide, dovrebbe sostenerlo per il rispetto delle sue convinzioni e l'assunzione di responsabilità che ha compiuto scegliendo"
"Vero, e per questo lo apprezzo. Ma se vede un bambino correre verso il fuoco non si sente in dovere di fare di tutto per fermarlo e proteggerlo dal pericolo che lei riconosce bene?"
"Suo figlio però non è un bambino" scandì le parole lentamente.
"Se vede un adulto correre verso il fuoco la prima cosa che pensa non è che forse ha bisogno di aiuto per spegnerlo, per salvare qualcun altro in pericolo, per circoscriverlo o per farne uso? Dovrebbe dargli fiducia, sostenerlo e se pure si scotta, lenire le sue ferite"
"Col senno di poi, sarebbe stata di sicuro la cosa più saggia. Ormai è tardi. Troppe cose dette, troppe cose non dette. Altre persone coinvolte"
"Dovrebbe sforzarsi a trovare un punto d'incontro. Noi figli pensiamo di avere tutto il tempo per farlo, prima o poi e così non facciamo mai il primo passo. Solo per inerzia."
"Parla per esperienza personale?"
"Non proprio, lei almeno ha avuto un confronto con suo figlio e il solo fatto di scontrarvi attesta il riconoscimento l'uno dell'altro. I miei preferiscono non sapere, non vedere. Le assicuro che è peggio. Suo figlio almeno sa che lei è interessato a lui. I miei mi ignorano, nel senso che ignorano tutto di me. Sono la brava figlia che si è laureata, ha una professione tanto impegnativa da non riuscire ad avere una vita privata e li chiama tutti i giorni per sapere come stanno a mille chilometri da lei. Tanta è la distanza che hanno messo pur di non sapere"
"E' duro il mestiere di genitori, non li giudichi"
"Io non li giudico, non l'ho mai fatto. Ma il ruolo di figlio è per certi versi ancora più duro perché i genitori si che giudicano, lo fanno sempre"
"Sa qual è il vero problema? Quando passi dall'altra parte e diventi genitore, te ne dimentichi."
"Forse dovrebbe dirlo a suo figlio"
Sentirono le sedie muoversi sotto di loro. Rimase un senso di vuoto in testa. Si guardarono intorno, se ne erano accorti tutti ma nessuno si mosse. Era stato un lieve tremore che aumentò solo il brusio dei presenti. Il diciottenne era ancora in camera operatoria.
Il cellulare vibrò.
Messaggio in arrivo - Nico: 4.1 questa l'hai sentita. Ce ne sono state altre 15 dalla nostra tel.
"Ho un amico all'osservatorio vesuviano, dice che è il Vesuvio che si prepara. Lei se lo ricorda quando fumava?"
"Davvero è il Vesuvio?" lo chiese allarmato, ma non sorpreso.
"Temo di si, è un tipo affidabile."
"Certo che me lo ricordo, ma i napoletani non se ne sono mai preoccupati. Era come la spazzatura oggi. Fastidiosa, tendenzialmente pericolosa ma c'è, che si può fare? Quello che questo popolo ha sempre fatto, sopporta e tira avanti."
"Se dessero un allarme evacuazione, andrebbe via?"
"Non ci penso proprio. Cara collega, ho ottanta anni. Non ho mai ceduto alla tentazione di andare via da questa terra così difficile eppure tanto amata. Le occasioni non sono mancate, professionali e non. Vuole che vada a morire lontano da qui? Non avrebbe senso.
"Ma se fosse una nuova Pompei? Sarebbe una brutta morte, per tutti"
"La morte è sempre brutta, quante volte l'ha vista? Non c'è nulla di dignitoso e quasi mai è indolore."
Il tono era grave ma non rivelava angoscia.
"Non la spaventa? Mi perdoni, sono stata inopportuna"
"Non si scusi, bisognerebbe parlare di più della morte. La nostra è una cultura della vita che ci fa arrivare impreparati alla fine. Sono medico da cinquantacinque anni, sono stato paziente innumerevoli volte e l'ho guardata dritta negli occhi la morte. Non mi ha voluto. Non era tempo. Paura? Certo, come di ogni cosa che non posso controllare. Decide lei. Non se lo dimentichi, se salva una vita non è perché ha vinto la battaglia, è la morte che si è ritirata"
"Parla come se non avesse fede"
"Non negli uomini, questo è certo. Mi chiede se esiste Dio? Amo pensare che la meraviglia della vita, mi riferisco al concepimento e alla nascita di ogni specie su questa terra, non sia frutto del caso. Pensi alle regole di matematica, fisica e chimica che reggono il mondo. Un'architettura tanto complessa nata per caso? Certo che Dio esiste, ma sono secoli che l'uomo sbaglia nel volerlo personificare: madre natura, le divinità delle religioni politeiste, l'assoluto di quelle monoteiste. Conta l'idea di Dio, la forza di questa idea"
"Allora è solo nella nostra testa?"
"No, nella nostra testa c'è l'intuizione di quello che è Dio. Fede è credere in ciò che non puoi vedere, non puoi dimostrare."
"Allora l'inferno, il paradiso, il ricongiungimento col padre, la vita eterna, cosa c'è dopo per lei?"
"Ognuno immagina quello che la propria cultura e fede gli ha insegnato, se crediamo che la nostra sia assoluta dobbiamo dedurre che gli altri siano in errore ma se grattiamo via tutte le strutture e sovrastrutture delle religioni cosa resta?"
"L'idea"
"Brava, l'idea della vita oltre la morte per tornare da dove siamo venuti"
"E da dove siamo venuti?"
"Energia, energia intelligente. La nostra anima"
"Lavoisier: nulla si crea e nulla si distrugge" citò Valentina.
"Siamo persone di scienza" sorrise, "quanto al Vesuvio se il suo amico ha ragione: qui fu Napoli"
Due medici ed un infermiere uscirono dal reparto. In una frazione di secondo furono assediati dalla famiglia in attesa. Volti distesi, sorrisi. E' andato tutto bene.
"E' stato un piacere conoscerla e parlare con lei, dottor D'Angelo. Spero di rivederla presto"
"Piacere mio, esimia collega"
Si congedarono mentre arrivava la chiamata di Nico.
"Allora, che succede?"
"Abbiamo svegliato mezza Italia. Qualcosa si muove a sette chilometri di profondità dritto sotto il Vesuvio"
"Cavolo, sembri quasi contento"
"Contento no, eccitato si. Ti rendi conto che culo, poteva capitare anche tra cento anni e invece zac, succede proprio quando ci sono io. E' come prendere il superenalotto!"
"Già, che culo. Ma ti rendi conto di quello che dici?"
"Si, scusa. Ma sono un vulcanologo, è la mia materia!"
"E sai che bello se la tua materia ti esplode sotto i piedi! E' così grave? Natalia deve trasferirsi qui a Giugno, non la devo far venire?"
"Se fosse grave, cosa che ancora non sappiamo, non dovresti preoccuparti di decidere se farla venire o meno. Dovresti decidere se andare via o restare"
"Di qua non mi muovo"
"Se sarà il caso, ne riparliamo tra qualche mese"
"Avete cambiato il grado di allerta?"
"Si siamo giallo adesso. L'evento sismico è di notevole portata per il Vesuvio, completamente al di fuori dei fenomeni osservati dall'inizio del secolo scorso. Per il momento sembra l'unica anomalia, ma ce ne saranno altre. Credo sia inevitabile"
"A cosa ti riferisci?"
"Dobbiamo analizzare i dati della rete GPS per verificare una eventuale deformazione del suolo, quelli delle stazioni mareografiche e la geochimica delle emissioni. Anche il tremore sismico dei prossimi giorni ci darà un'idea di cosa stia succedendo. Sai che siamo gli unici al mondo a monitorare il tremore di un vulcano?"
"Non lo sapevo, complimenti. Ma non mi tranquillizzi" rispose ironica.
"La sala qui è piena, è la prima volta che ci sono più teste che monitor. Ho sentito dire che ci sono stati crolli nei paesi vesuviani, per lo più costruzioni già fatiscenti. La protezione civile si è già mossa"
"Qui la paura ce l'avevamo tutti stampata in faccia , ma non c'è stato il tempo di pensarci. Gran viavai, come puoi immaginare."
"Vale, se questa cosa succederà, sarà un gran casino. Ti chiamo dopo"
Uscì a respirare l'aria fresca della notte. Erano in tanti per strada, camici bianchi, verdi e vestaglie. La notizia che era stato il Vesuvio non si era ancora diffusa e le ipotesi sull'epicentro del sisma erano tra le più disparate. Domattina tutti avrebbero saputo, avere l'anteprima non la rincuorava. Squillò il cellulare, di nuovo. Teresa.
"Che fai ancora sveglia a quest'ora? State tutti bene?"
"Si, ma che spavento. Tu, tutto a posto in ospedale?"
"Ora è più tranquillo"
"Il grande si era svegliato per bere e si è spaventato molto. Ho faticato per tranquillizzarlo e rimetterlo a letto. Il piccolo dormiva come un sasso. Giornata di scossoni, eh?"
"Già, mi dispiace avervi sconvolte. Ho cercato a lungo il modo ed il momento giusto, ma non esisteva. Tanto valeva dirvelo prima, forse sarebbe andata meglio. Hai sentito Claudia? Spero che tutte queste emozioni non le abbiano indotto il travaglio"
"Non ti preoccupare, sta bene. Le piace troppo essere incinta. Non li sforna in anticipo per così poco"
"Anna è ancora adirata?"
"Rabbiosa direi, ma non per il fatto in sé. E' il suo amor proprio ad essere ferito. La conosci, dalle qualche giorno. Se sei fortunata e ha udienza in settimana, strapazza il fedifrago di turno e si calma"
"Speriamo"
"Ci hai colto di sorpresa. Nessuna di noi ha mai intuito. Ci devi scusare"
"Non c'è nulla da scusare. Vorrei solo riavere le mie amiche"
"Tranquilla, metabolizziamo e ripartiamo"
"Grazie Terry"
Sospirò, era stata una giornata lunga. Per lei non era ancora finita.
Raggiunse il reparto per controllare la paziente operata quella notte. C'era una discussione in atto davanti la porta d'ingresso. La caposala cercava di fare intendere ad uomo che non poteva entrare. Era il ragazzo parecchio alto che aveva visto in pronto soccorso con il dottor D'Angelo e presumibilmente era il fidanzato della paziente operata. Quando si avvicinò sentì che il ragazzo non parlava italiano.
"Che succede?", intervenne.
"Il signore non capisce che non può entrare in piena notte in un reparto femminile, e si è messo pure a parlare un'altra lingua. Non si faccia incantare dottore, l'italiano lo conosce"
"Signor?" chiese affabile.
"Tannert, scusi dottore ma visto che la signora non capiva ho provato con il tedesco. Matilde è sola, è stata operata e non so se ha bisogno di qualcosa. Voglio solo parlarle un attimo e sapere se vuole che chiami qualche familiare. Me la faccia vedere solo un momento"
"Lei è il fidanzato suppongo. Aspetti qui, se le altre pazienti dormono la vengo a chiamare sotto la mia responsabilità", fece un cenno alla caposala ed entrò.
Matilde aveva gli occhi chiusi, ma quando le prese il polso chiese subito di Matt.
"E' fuori, si trova nel reparto di ginecologia e non potrebbe entrare ma se mi promette di essere breve lo lascio venire per qualche minuto"
"Sto bene?"
"E' andato tutto bene, è stata fortunata. La sua fertilità non è compromessa. Avrà altre gravidanze ma cercate o no, le consiglio di fare il test sempre al primo giorno di ritardo e se è positivo fare subito una ecografia. Le cause della gravidanza extrauterina non sono né certe né prevedibili, ma a volte si ripete. Lei adesso lo sa, e non corre più alcun pericolo"
"Grazie" sussurrò.
Quando il ragazzo entrò nella stanza, la paziente riuscì a sorridere. Potenza dell'amore, anche nella sofferenza.
Restò a guardarli dal corridoio. Si trattenne cinque minuti esatti ed uscì.
"Dottore, starà bene?"
"Si, starà bene. Non c'è nessuno che può venire ad accudirla per il resto della notte?"
"Non vuole assolutamente che chiami la madre, diciamo che non si adorano. La nonna ha novantadue anni, verrebbe di corsa ma non mi sembra il caso"
"Direi di no. Facciamo così, vengo a controllarla io ogni ora fino a fine turno. Provveda per domattina però, avrà bisogno di aiuto."
La ringraziò dieci volte, anche in tedesco e in spagnolo.
"Parla anche lo spagnolo, bene come l'italiano?"
"Direi di si, ho vissuto a Malaga"
"Io ho legami con Barcellona" sorrise compiaciuta.
Nonostante fossero le quattro del mattino, lo vide andare via attaccato al cellulare. Erano una bella coppia.
Rientrò dalla paziente. Le mise il pulsante del cicalino nella mano destra.
"Suoni se ha bisogno di qualsiasi cosa, io vengo a controllarla ogni ora"
"Il dottore che mi ha accompagnato?"
"Il suo angelo custode verrà a trovarla domani. Riposi"
Nella vita ci vuole fortuna. Se non fosse stata accompagnata da quel medico, probabilmente la grande cima del collega l'avrebbe parcheggiata chissà dove e domani si sarebbe letto sui giornali di un altro caso di mala sanità. Poteva succedere.
Fortuna, destino, caso, provvidenza. Non aveva ancora deciso.
Prese il telefono. Squillò a lungo prima di avere risposta.
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Qui fu Napoli
Ficción GeneralUno spaccato della vita di donne napoletane molto diverse tra loro per carattere ed età, le cui storie si intrecciano in una città in cui la più grande minaccia non è la camorra ma il Vesuvio. Rita apprende verità nascoste, Giulia affronta un tradim...