CAPITOLO 28

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Mi sveglio di soprassalto. Guardo l'ora e sono solo le 6:00. Mi alzo perché ormai non ho più sonno. Entro in cucina e vedo Jen con una tazza di caffè in mano.

<<Buongiorno.>>

Si gira di soprassalto e mi riserva un sorriso falso.

<<Ciao>>

Mi siedo di fronte a lei e la guardo.

<<Non voglio sembrare una ragazza che si impiccia dei problemi degli altri. Voglio solo sembrare un'amica che ti vuole bene. Perché finalmente lo posso dire Jen. Io ti voglio bene, sei la prima che mi ha aperto le braccia, sei stata la prima che mi ha accolta e la prima che ha ascoltato i miei problemi.>> faccio una pausa per prendere fiato. <<Io non ti deluderò. Non so quello che è successo nel tuo passato o cosa ti ha portato a diventare invisibile. So solo che di me puoi fidarti. Se hai bisogno di sfogarti io sarò lì al tuo fianco pronta a porgerti la mia spalla. Non ti giudicherò, non mi fermerò all'apparenza ma ti aiuterò. Devi solo fidarti, devi solo smettere di avere paura. Devi essere semplicemente te, una ragazza simpatica, divertente, romantica e stupenda.>>

Non so perché le dico queste cose, ma volevo solo che sapesse che di me si può fidare.

Ha incominciato a piangere e singhiozzare.

<<Lara non mi merito queste parole.>>

<<Si che te le meriti, tu ci sei sempre per me e io non posso fare niente per aiutare te>>

<<I miei errori sono troppi e anche gravi. Mi merito di soffrire.>>

<<Nessuno si merita di soffrire.>>

<<Io si>>

<<Jen dimmi cosa è successo. Liberati da questo mostro>>

<<Non posso. Non ce la faccio.>>

Mi avvicino a lei.

<<Ce la puoi fare invece sei molto forte di quanto tu credi.>>

<<Ho paura Lara>>

<<Non devi averne, ora ci sono io.>>

<<Sono nata in Irlanda, e lì vive tutta la mia famiglia tranne il fratello di mia madre. Mio padre è troppo severo e all'antica, non mi faceva uscire, sentire le mie amiche, insomma mi rinchiudeva in una campana di vetro dove non potevo uscire. Una sera però scappai, lui già dormiva e non se ne accorse. Andai ad una festa dove c'era un ragazzo che mi piaceva. Lo incontrai era un diavolo vestito da angelo. Mi fece perdere completamente il senno. Me ne innamorai, che stupida.>> fa una pausa per asciugarsi le lacrime. <<Mi usò. Mi si avvicinò, perché vide che io lo guardavo, e mi trascinò in una camera della casa. Beh potrai immaginare cosa successe. Dopo una settimana incominciò a venirmi la nausea, il vomito, il ciclo in ritardo. Tutti chiari segni di una gravidanza. Andai nel panico, non sapevo cosa fare e soprattutto a chi chiedere aiuto. Ero in panico. Feci il test e risultò positivo.>> ed è lì che gli muoiono le parole da bocca.

L'abbraccio ancora più forte. Dal nome che ha detto nell'incubo presumo che sia una bambina.

<<Ce la fai a continuare?>>

<<Si ora mi riprendo.>>

<<Se non vuoi...>> ma lei mi interrompe.

<<Voglio raccontarti tutto. Quando vidi che era positivo il mondo mi crollò addosso. Quell'idiota mi aveva preso la cosa che tenevo di più e io come una stupida mi sono fatta ingannare. Andai di corsa a dirglielo. Ma lui sai che fece? Mi caccio mandandomi a quel paese. Andai da mia madre, gli raccontai tutto in lacrime e con vergogna. Lei mi disse parole orribili che non posso dimenticare. Mi diede un ceffone. Lo disse a mio padre e mi cacciarono di casa. Avevo solo sedici anni, non sapevo dove andare. E poi mi rivolsi a mio zio. È stato l'unico che mi abbia aiutato. Mi prese il primo biglietto di aereo e mi ospitò nella sua casa e mi diede il lavoro da commessa nel suo negozio. Avevo deciso di abortire. Ero piccola e non sapevo cosa fare, non avevo nessuno che potesse darmi validi consigli. Andai dal dottore e venne anche mio zio con me. Feci l'operazione, non sapevo nemmeno se era maschio o femmina. Mi sono sempre pentita di quel gesto, mi sento tuttora in colpa e faccio incubi ogni notte anche se a volte non si sentono. Poi un giorno si venne a sapere del mio aborto, tutti mi guardavano con faccia di odio, disgusto e altri mi prendevano in giro ed erano sempre pronti a tirare fuori quell'argomento. Ero diventato lo zimbello della scuola. All'inizio avevo come amico Fede ma poi quando venne a sapere tutto mi abbandonò e così fece anche Roxi andando da quel branco di oche. Non so bene come si fece a sapere è un mistero. Mio zio che era amico del preside gli disse di non tirare fuori più questo argomento. E così fu. Il preside credo che li abbia minacciati o cose del genere, ma da quel momento nessuno più mi guarda, sono invisibile, una pecora nera in mezzo a un branco di bianche.>>

<<Le uniche pecore nere sono loro.>>

<<Fine della mia storia.>> dice piangendo.

<<Devi lasciare il tuo passato alle spalle, io sono qui per aiutarti a farlo. Grazie per esserti confidata con me. >>

<<Non mi giudichi?>>

<<Eh perché dovrei. Tutti compiamo degli errori, siamo esseri umani. Non ti giudico e mi dispiace che tu ne abbia passate tante, volevo conoscerti prima così potevo aiutarti a superarle.>>

<<Nessuno è rimasto.>>

<<Ma io rimanevo e rimango ancora. Sei la mia prima vera amica e ti voglio bene come una sorella.>>

<<Grazie Lara>>

<<Grazie a te Jen>>

Ci abbracciamo piangendo insieme.


UN AMORE PERDUTO E RITROVATODove le storie prendono vita. Scoprilo ora