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ADAM

La sala d'attesa dell'ospedale è asettica. C'è odore di disinfettante e la perenne tensione si può tagliare con un coltello.
«Ci sono parenti per Amanda Carter?» chiede un'infermiera per la terza volta.
«Si, siamo noi» una coppia entra in quel momento corredo dalle porte
«Seguitemi prego»
Da quando le ragazze sono state portate qui, io e Luke, siamo andati via a turno solo una volta per dormire qualche ora, anche se è stato impossibile.
Aspettiamo da ore che ci permettano di vederle ma a quanto pare i pazienti in terapia intensiva possono essere visitati solo dai parenti stretti.
Dopo quaranta minuti i genitori di Amanda escono con espressioni infastidite e seccate, io e Luke gli andiamo incontro.
«Salve siamo amici di Amanda. Sapete dirci cosa sta succedendo?» chiede il mio amico.
La donna vestita in maniera inadeguata per sua età lo guarda con evidente giudizio ma il supposto marito non toglie gli occhi da me e rende tutto molto inquietante.
«Amanda è...stata operata ma ha lesioni agli organi interni. Andate a casa. Ci vorrà molto prima di poterle vedere; so che c'è anche Meredith. È cosciente ma non è andata a visitarla nessuno, è stata sua madre a fare questo; si merita tutto il male del mondo se ha permesso che quella tossica toccasse mia figlia.» conto fino a cento per non prenderla a pugni.
La coppia si allontana velocemente com'è entrata e poco dopo entra Kelly in tuta e con un'espressione stanca.
«Ragazzi, sono venuta a darvi il cambio. Ho chiesto al mio capo di non lavorare. Andate a riposarvi, tra poco arriverà anche Josh» Kelly e Josh erano venuti più volte nell'arco della giornata ma la bionda ha gli esami di metà semestre e hanno un appartamento da pagare quindi sono sempre rimasti poco. Mi sorride ed essendo come suo solito manda me e Luke a casa.

MEREDITH

Continuano ad entrare medici, uno dopo l'altro.
Hanno detto che sono un caso da stress post traumatico e per questo non rispondo e non comunico in alcun modo il mio stato fisico e mentale.
«Tesoro, come ti senti? Riesci a dirci come stai?» è la centesima volta da quando sono che mi fanno sempre la stessa domanda. Secondo il calendario vicino al muro sono passati quattro giorni, sembra una vita.
«Dottore non reagisce. Continua a fissare davanti a se, secondo lei ci sente?» il dottore con gli occhi blu come l'oceano mi si piazzano davanti, lo hanno fatto così tante volte che ora posso descrivere tutte le sfumature argento che ci sono attorno alla pupilla.
«Dovrebbe ma a quanto pare ha chiuso fuori tutto. Potremmo far in modo che veda un parente?» ne avessi...
«Sua madre è colei che l'ha aggredita, è in un'altro ospedale, suo padre ha una condanna restrittiva nei sui confronti.»
«Fantastico. Amici? C'è qualcuno giù? Ha solo diciannove anni non può essere così sola» dice il dottore con un'espressione triste.
Dopo venti minuti entra qualcuno in camera ma sono troppo impegnata a guardare il muro per capire di chi si tratta.
«Meredith» la voce di Adam è stanca e stressata.
«Ehi, ti prego di qualcosa, qualsiasi cosa» mi implora mi prende la mano ma tutto quello che voglio è silenzio, assoluto silenzio.
Dopo non so quanto Adam esce ed entra un'infermiera bassa e sovrappeso che incrocia le braccia e sbuffa «Tesoro, so che è dura ma se credi di poter scaldare il letto per il resto dei tuoi giorni ti sbagli di grosso» tira giù la sponda del letto «Ora cammini, ordini del medico»
Basta.

ADAM

Quattro fottutissimi giorni ci sono voluti per poterla vedere. L'ascensore è troppo lento mentre, con un'infermiera, salgo nel reparto intensivo. Tutto quello che so è che non parla e sono costretti a nutrirla tramite sondino gastrico.
«Salve, sono il medico di Meredith. Lei è un amico giusto? Ha già firmato le carte?» un uomo con degli inquietanti occhi azzurri mi sorride. «Si...sono un amico di Meredith» il medico mi indica una stanza dove entro esitando.
Lei è lì bianca come il gesso e spenta; sembra anche senza lentiggini e i capelli sono legati disordinatamente. Non si gira nemmeno a vedere chi è entrato.
«Meredith» sussurro «Ehi, ti prego di qualcosa, qualsiasi cosa» imploro sull'orlo di una crisi di nervi. Lei non si muove, potrebbe essere morta.
«Meredith giuro che se non mi guardi butto giù l'ospedale» non reagisce, è da sola nella sua testa.
Le prendo la mano ma devo controllarmi per non mollarla subito. È gelata. Rimango a fissarla fino a che, dopo venti minuti, il medico mi chiede di uscire e senza voglia lo seguo in corridoi.
«Non può essere lasciata sola, è troppo instabile» dico incazzato.
«Non lo è. È stato informato su quello che è successo?»
«Effettivamente no» mi sto irritando.
«Se vuole accomodarsi nel mio ufficio possiamo parlarne.» Mi conduce in una stanza tutta grigia e bianca con una grande scrivania e mi fa segno di sedermi su una delle sedia in pelle. Fottuto dottore.
«Meredith è stata soffocata con un cuscino, da sua madre. Con qualcosa di molto pesante ha cercato di romperle le gambe per tenerla ferma. Amanda ha visto cosa stava accadendo e urlando ha portato l'attenzione su di se. È stata picchiata a mani nude e poi le hanno spaccato in testa un bicchiere di vetro. Fortunatamente non vicino agli occhi, questo ha limitato notevolmente i danni al cervello. Amanda però è riuscita a sbattere la testa della signora sul legno del letto. Questo l'ha messa KO.
La donna era stra fatta ma non abbastanza per essere incosciente. Si è resa conto perfettamente di quello che stava facendo ma non vuole ammettere nulla, oggi dovrebbe uscire dal Medical Center.
Meredith è fortemente traumatizzata ma speriamo si riprenda almeno per mangiare, se si rimette in poco tempo è fuori da qui. Amanda invece si è ripresa meglio anche se ha molte ferite e un post operatorio pesante reagisce alle cure, ha collaborato molto con la polizia e presumiamo che in poco più di due settimane possa andare a casa.» si alza in piedi allo squillo del cerca persone «Devo andare. Se vuole vedere Amanda chieda in accettazione. Spero di vederla presto; ora Meredith ha bisogno  di sostegno. Arrivederci» mi lascia correndo verso la stanza da cui dove poco prima ero uscito. Si sentono urla e il personale accorre verso la camera.
Mi dirigo anche io ma vengo bloccato dalla sicurezza «Mi dispiace ragazzo, ora è meglio se scendi»
Maledizione.

Per una voltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora