Capitolo 13

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Già. Avrei veramente preferito morire che vedere lui morto per me. Avrei preferito morire che trovarmi qui oggi. Sono convinta che avrei sofferto di meno. Devo comunque trovare un modo per uscire da questa situazione, devo trovare un modo per dimenticarlo, per farlo uscire dal mio cuore. Neanche il tramonto che colora il cielo può farmi sentire meglio. La domanda giusta è: cosa mi farebbe sentire meglio? Niente. Nè una sua carezza, nè un suo abbraccio perchè non mi fido più, non so se sono veri o falsi.

Invidio i petali dei sakura che con i venticelli estivi vanno via. Vorrei andare via anche io, vorrei scomparire.

Il problema è che vedo solo lui. Arriverà forse il giorno in cui riuscirò a perdonarlo, quello in cui accetterò di nuovo un suo abbraccio.

-Ran...-

-Non parlare, ti prego...mi sono innamorata perfino della tua voce. Che cosa stupida, no? Soprattutto guardando come è andata a finire, tanto indietro non si torna-

Si avvicina piano a me e mi tira verso di lui. Mi stringe come se non ci fosse un domani. Gli chiderei di prendermi e di non lasciarmi sprofondare, ma è colpa sua.

Sto piangendo sulla sua spalla quando è proprio lui a farmi piangere.

-Allontanati Shinichi, ti prego...-

Lo guardo un'ultima volta e poi vado via. Adesso deve starmi solamente lontano. Adesso è ora di piangere per la rabbia. Queste cicatrici non si chiuderanno facilmente come le altre che mi ha provocato. Stavolta non so se sarà facile perdonarlo, se ci riuscirò. Quel suo essere un po' bastardo mi ha fatto cadere ai suoi piedi ed è sempre quello che mi sta facendo allontanare. Mi arrabbio ancora di più se penso a tutte le volte che mi ha vista nuda o a tutte le volte in cui ha fatto il bagno con me. È stato solo un traditore, pervertito, bastardo bugiardo. È stato solamente questo negli ultimi due anni. È stato così facile per lui mentirmi? Mi ha preso l'anima e so che non sarà facile riaverla indietro semplicemente perché io non la voglio.

Salgo le scale correndo senza neanche passare a salutare papà. Mi infilo subito nella mia stanza e, come richiamo del destino, i miei occhi si posano sulla nostra fotografia. Le do una manata e la faccio cadere a terra rompendo il vetro. Stessa cosa faccio con la tazza che avevo fatto per lui. Mi ferisco alle mani ma non lo sento neanche. Inizio a lanciare qualsiasi cosa mi faccia ricordare di lui, perfino il mio cellulare. Schiaccio e calpesto tutto quello che resta. Le mie lacrime si mischiano al sangue che ho sulle mani ferite. Il dolore fisico fa meno male di quello che mi opprime al petto.

Mio padre, sentendo vetri che si rompono e un gran frastuono, apre la porta della mia stanza trovando tutto distrutto. Mi alza da terra vedendo subito le mie gambe graffiate e le mani ferite e piene di schegge di vetro. Non capisce il perché di questa reazione, d'altronde non l'avevo mai fatto. Ma ne avevo bisogno per sfogare quell'accumulo di rabbia e di emozioni che mi si erano accatastate dentro.

Papà mi carica sulla macchina e mi porta al pronto soccorso. Il nostro non è tra i codici più urgenti ma, quando un dottore mi vede in queste condizioni, mi porta subito in una stanza. Mi chiede cosa è successo ed io mi rifiuto di rispondere. Mi medica le ferite e mi dice di aspettare un po' prima di andare via. Papà esce dalla stanza per fumarsi una sigaretta, è nervoso per quello che ho fatto. Al posto suo entra nella stanza l'ultima persona che volevo vedere: Shinichi. Col suo piccolo aspetto entra affaticato e piegato sulle gambe col fiatone. Mi alzo dal letto e gli tampono la fronte per asciugargli il sudore. Anche se sono furiosa non riesco a lasciarlo in quel modo. Mi afferra un polso e mi guarda le mani. Subito le allontano da lui e le nascondo.

-Ran, che significa?-

-Nulla che ti riguardi, un incidente-

-Ho visto in che condizioni è la tua stanza...non puoi dirmi che è stato un incidente. Adesso stai mentendo tu-

-È brutto, vero? È brutto sentirsi dire delle bugie quando in fondo sai la verità e ti fidi di quella persona-

Lo fisso cercando di vedere ogni suo piccolo movimento nervoso, ma nulla. Non fa mai vedere quello che prova veramente. Dovrei farmi insegnare il trucco che ci sta sotto.
Come vorrei che l'antipatia di mio padre nei confronti di Shinichi fosse aumentata quando ero bambina al punto di vietarmi di vederlo. In questo modo avrei una normale vita da liceale magari con un normale fidanzato e un normale passato.

Se dovessi raccontare la mia vita parlando di Shinichi, allora, la gente mi prenderebbe per pazza. Non capita tutti i giorni che un ragazzo si rimpicciolisca.

Ho volato troppo tra sogno e reale e mi sono fatta male quando sono caduta e lui non mi è stato accanto né nel riso nè nel pianto e non mi ha aiutata a rialzarmi.

-Ran, ascolta quello che ho da dirti, ascolta il motivo per cui ti ho mentito-

Non rispondo alla sua richiesta perché non ho voglia di altre giustificazioni. Ma a lui non importa e inizia a raccontare lo stesso.

Il racconto inizia da quel giorno a Tropical Land e prosegue con varie successioni. Un'organizzazione criminale, degli uomini vestiti di nero, un veleno chiamato apotoxina4869, un antidoto inesistente. Mi parla anche della bambina dai capelli rossi che sta dal dottore, Ai Haibara: mi dice che anche lei è nella sua stessa situazione.

-Per questo non ti ho detto nulla: se mi avessero trovato avrebbero potuto fare del male anche a te-

Sembra una storia presa da non so quale libro di fantascienza, ma so che è reale. L'ha veramente fatto per proteggermi, per tenermi al sicuro da se stesso.

Non riesco a perdonarlo lo stesso. L'ha fatto per tenermi al sicuro, okay. Ma mi ha mentito lo stesso, non si è fidato di me perché aveva paura che io lo dicessi a qualcun'altro.

-Hai sbagliato...troppo-

~Quel Che Ero~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora