Do Not Sleep

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17 aprile

Lyn non ha il tempo di spegnere la macchina che Zayn le è subito di fianco. Le apre la portiera e l'aiuta a scendere: nessuno dei due si preoccupa di prendere il borsone nel bagagliaio, quello può aspettare.

Entrambi sono scossi ed è forse questo l'unico motivo per il quale ci vogliono solo una decina di secondi per farli avvicinare l'uno all'altra. È lei ovviamente a prendere l'iniziativa, facendosi avanti con lo sguardo basso e le braccia abbandonate lungo i fianchi. Zayn ha paura a toccarla, infatti la sfiora soltanto e la tira verso di sé dalla solita felpa blu.

In realtà non sa cosa fare.

E mentre si stringono impacciatamente in quella sorta di abbraccio, Lyn chiude finalmente gli occhi. Non è più sola, adesso. Quasi si rilassa, quasi quel magone alla gola scende piano piano: per un istante si dimentica delle preoccupazioni.

Zayn.

«Andiamo.»

È stanca, ha gli occhi che le bruciano, la testa che le scoppia, i piedi che le fanno male – quelle sneakers devono essere buttate nel bidone il prima possibile! – ma il cuore più leggero. Quasi quasi, le viene voglia di sorridere, di essere felice per essersene finalmente andata via dai suoi genitori, che non facevano altro, dalla mattina alla sera, che guardarla male. Dimostrarle la loro delusione, il loro dissenso per quel bambino, o meglio dire per quel ragazzo mai conosciuto che, a detta loro, le aveva bruciato il futuro.

Chissenefrega!

Adesso è con Zayn.

Si aggrappa a lui quando improvvisamente la testa inizia a girare più forte, non sente più niente e comincia a vedere tutto nero. Una mano sul ventre, pronta a proteggere qualcosa, e poi giù.

Chissenefrega!

Non è uno sconosciuto.

«Merda, Evelyn? Evelyn!»

Evelyn, che nome strano.

Ci sono, Zayn. Ci sono.

Chiude gli occhi, lascia andare la sua mano mentre la sua voce arriva sempre più ovattata e lontana alle sue orecchie. Rimane comunque una delle più belle che lei abbia mai sentito in tutta la sua vita.

Zayn non è un estraneo, se ne deve convincere.


Zayn non si era mai preoccupato per lei. Nemmeno quella volta che aveva l'influenza e nonostante tutto era andata da lui, e si era fatta scopa– .. Nemmeno quella volta si era fermato e si era preso cura di lei. Sì, l'aveva coperta e lasciata dormire sul proprio letto dopo, mentre la febbre incominciava ad alzarsi e a renderla debole. Ma poi non aveva fatto nient'altro, soprattutto dopo l'ennesimo "sto bene" – illusorio! – di Lyn che a fatica riusciva a fingere di non tremare dal freddo.

Eppure quando stava quasi per scivolarle dalle braccia, lì, sul ciglio della strada, aveva iniziato a sentire qualcosa di diverso nei suoi confronti. 

Apprensione. È proprio vero che c'è sempre una prima volta a tutto.

E inquietudine, perché ormai non era più sola, in lei c'era anche qualcos'altro. Il frutto del loro divertimento.

«Mi cerco qualche altro posto.» mormora Lyn, appoggiata allo schienale del letto.

Zayn è in piedi, a pochi passi da lei. Alza un sopracciglio: col cazzo!, avrebbe voluto risponderle, ma si trattenne.

The Only Easy Day Was YesterdayWhere stories live. Discover now