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30 aprile

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Lyn ormai lo sa a memoria quel numero. L'ha guardato così tante volte che adesso potrebbe recitarlo a occhi chiusi, senza fare alcuna pausa! A volte si ritrova in cucina, davanti al frigo, a fissare quelle cifre scritte su un pezzo di carta che Cecilia ha appeso con una calamita sul metallo.

Non lo sa perché le guarda eppure lo fa spesso.

«Questo è il numero della base. – le ha spiegato – Non è detto che ti rispondano al primo colpo, a volte il centralino non funziona o, peggio ancora, è intasato ..»

Molto spesso rispondevano, invece, ma dicevano che Zayn non c'era. Probabilmente era insieme agli altri ragazzi, a portare a termine le piccole missioni tra le dune del deserto che i superiori impartivano di concludere, oppure semplicemente a fare qualche esercitazione nelle aree di poligono.

O almeno questo è stato ciò che è riuscita a capire dalle parole e dall'esperienza di Cecilia.

Solo una volta è arrivata al punto di prendere in mano la cornetta del telefono e comporre quel numero. Circa dopo due settimane dalla sua partenza improvvisa, dopo che è riuscita a fissare un appuntamento con la ginecologa. In quella circostanza stava quasi per telefonargli.

Per dirgli che cosa, beh, non lo sapeva: forse voleva solo informarlo, sentire la sua voce, fargli capire che quella creaturina stava piano piano crescendo dentro di lei. Che la stavano veramente tenendo, che avevano deciso di farlo.

All'ultimo minuto si è tirata indietro, però. Ha fatto cadere la linea prima ancora di premere il pulsante verde.

Si è sempre nascosta dietro la porta, in silenzio, a guardare Cecilia mettersi in contatto con la squadra di suo fratello. Ha lasciato fare sempre tutto a lei. È naturale, no?

«.. Ma puoi provare a chiamare quando vuoi.»

Quando voleva.

Chiamalo. Provaci.

Magari mi sta aspettando.

Magari sarebbe bello sentire di nuovo la sua voce.

Magari farebbe stare bene entrambi.

Magari domani.

Lascia perdere questi pensieri, salendo le scale per raggiungere la camera da letto di Zayn. Prende la macchina fotografica che ha trovato in uno scatolone dentro al suo armadio, ed entra nel bagno, mettendosi di fronte allo specchio.

Si spoglia, quel tanto che basta per far vedere la sua pancia che adesso non è più così piatta, lasciando tranquillamente cadere a terra parte dei suoi vestiti. Poi prende la Reflex, l'accende, cerca di mettere a fuoco e si scatta una fotografia. Proprio lì.

Magari un giorno, quando sarà ben più evidente la sua gravidanza, gli invierà una foto simile a quella.

Lo chiamerà.

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«Non ti aveva detto niente?»

No.

«Forse mi è passato di mente.» è colpa mia.

Certo che è colpa sua, come sempre. Perché è lei quella che si è messa in questo guaio: è lei che ha ricambiato il bacio quella sera, quando l'ha visto per la prima volta, ed è sempre lei quella che non ha allontanato le mani di Zayn tutte le volte che si sono visti. E avrebbe potuto, dovuto, farlo subito, fin dall'inizio! Dirgli di no, mandarlo a quel paese, tirargli uno schiaffo.

Silenzio imbarazzante.

Cecilia sembra a dir poco sconvolta, probabilmente anche incazzata con il sangue del suo sangue.

«Scusalo. È un coglione.» e, infatti, grugnisce.

Inizia a straparlare e ad insultarlo, con il viso rosso dalla rabbia.

Lyn scoppia a ridere contagiando poco dopo anche Cecilia, che di slancio l'abbraccia per la prima volta e le dice che tutto andrà per il verso giusto.

Cerca di non pensarci: cerca di non starci troppo male. Perché, anche se non si parlavano praticamente più, la sua presenza la faceva sentire comunque al sicuro. Ma li, a casa, adesso, lui non c'è.

The Only Easy Day Was YesterdayWhere stories live. Discover now