Capitolo 7

384 14 3
                                    

Non so che cosa mi stia succedendo. Non voglio più andare a scuola, mi sento costantemente giudicata per qualsiasi cosa faccia. Ero sempre presa di mira, derisa, esclusa.
Mi sono pesata, sono aumentata ancora. Peso 73 kg.
DEVO. FERMARMI.

Siamo a maggio e fa già caldo, ho messo un top con una camicia a maniche lunghe (la foto in alto è dei giorni dopo) e dei pantaloni larghi per coprire il mio abominevole grasso corporeo. Sono in classe e sto morendo di caldo, vorrei tanto togliermi la camicia ma le mie braccia sono troppo enormi e tutti inizierebbero a fare commenti poco carini.
Durante l'intervallo si avvicina a me Silvia, lei è sempre stata il mio punto di riferimento in quella classe di animali, alta, capelli mossi e lucidi, magra, un sedere perfetto e cosa più importante.. tenera, simpatica, pronta ad aiutarti sempre. Non è come le altre, lei sta con tutti, non sparla di nessuno e non se la tira. Lei è l'unica persona decente in questa schifosa classe. Dovevo anche essere in camera con lei a Monaco ma, ovviamente, a me la fortuna abbraccia sempre, e infatti i suoi genitori non acconsentirono a mandarla in gita.
Lei mi dice 《Fra, ma non hai caldo? Togliti la camicia..》io abbasso la testa e ci penso un po su, la guardo e penso: ho davvero caldo. Mi tolgo la camicia e lei sorride. Tutti si girano a guardarmi e vedo molti di loro sghignazzare.
Mi sento male..
Sto per rimettermi la camicia quando Silvia mi ferma 《ignorali, cazzo! sono deficienti!》
Sento che sto per piangere.
《ma come faccio ad ignorarli? hanno ragione, le mie braccia sono come quelle dei lottatori di sumo!》
Devo coprirmi. Mi sento troppo a disagio. Silvia sbuffa e se ne va.

Torno a casa finalmente. Ho fame ma non ho voglia di cucinare, perciò mi sdraio nel letto.
All'improvviso scoppio a piangere, mi arrotolo su me stessa e continuo a piangere.. senza sapere perché. Tutta la situazione mi ha creato tensione ma c'è qualcosa che mi sta logorando dentro e non so cosa sia..
Sei sola e sola resterai sempre. La mia testa dice questo. La fame mi passa, con la tristezza lo stomaco mi si è chiuso stranamente, dato che ogni volta che provo qualunque emozione turbolenta lo stomaco mi si apre peggio di una porta aerei e mi divoro tutto il frigorifero.
Papà torna a casa e mi chiede com'è andata la giornata, gli rispondo che è andato tutto bene.
Come al solito.
La sera stessa fingo di avere un forte mal di testa, solo perché volevo stare a casa il giorno dopo, sono stanca di sentirmi giudicata da quella gente a scuola.
La sua risposta è 《prendi un aspirina e vedi se ti passa》
La mattina dopo il finto mal di testa non mi è passato, anzi è peggiorato e allora resto a casa.
Ah. Grazie, Dio.

La situazione inizia a sfuggirmi di mano però, le mie giornate sono completamente vuote, non faccio altro che piangere e dormire.
Papà mi chiede cosa c'è che non va, gli dico che a scuola con i compagni non va affatto bene, gli racconto bene dall'inizio della prima media come andavano le cose e che ora io non ce la facevo più. Gli dico che non ho più intenzione di voler uscire di casa perché voglio solo piangere ogni secondo che passa. Lui cerca di tirarmi su di morale dicendomi che tra meno di un mese non sarò più costretta a rivedere queste brutte facce a scuola.
Cerco di aggrapparmi a questo suo dire, come fosse ora l'unico motivo che mi resta per andare avanti. Voglio andare al liceo, voglio fare nuove amicizie, voglio partire da zero, non sapranno nulla di me, posso decidere di essere quella che voglio.
Vedo un bagliore di luce in fondo al tunnel in cui ero precipitata.
Dopo parecchi giorni di assenze continue, torno a scuola senza più mancare un giorno. Ignoro il più possibile i miei compagni e studio. La "depressione" di quella primavera e l'ansia pre-esami mi fece perdere 8 kg.
Mi peso qualche giorno dopo gli esami e la lancetta della bilancia oscilla tra i 64 e 65 kg.
Non credo ai miei occhi!
Saltello felice come una bimba per tutta la casa senza dire a nessuno del mio successo personale, voglio tenermelo solo per me.
Mi guardo allo specchio ma non noto tanta differenza, anzi, avrei giurato di non aver perso nemmeno un etto. Apro l'armadio, tiro fuori i vestiti per provarmeli e per poter verificare davvero se sono dimagrita: i jeans mi stanno larghi in vita. Bene! Yuppiii!
Mi provo i pantaloncini corti e mi stanno larghi. I leggins sono l'unica cosa che mi va ancora più o meno ma non mi piace come mi stanno, nonostante sia dimagrita ho le gambe ancora grosse, le braccia da lottatore di sumo, i fianchi molli e la pancia peggio di una incinta.
Nella mia testa penso, speriamo che dimagrisco ancora!

Una Vita Di NumeriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora