Capitolo Otto

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Mi accompagnarono a prendere la mia giacca al mio armadietto e mi aiutarono a metterla, mentre Jason era passato avanti, andando verso l'uscita. Quando lo raggiungemmo la donna all'entrata non disse nulla sul fatto che stavamo uscendo durante l'orario scolastico. I due ragazzi che mi aiutavano non mi lasciarono nemmeno un secondo fino a quando un auto non si fermò davanti alla scuola.

Quando aprirono lo sportello posteriore per farmi salire a bordo, notai che c'erano due file di seggiolini da tre posti ciascuna, luna rivolta verso l'altra.

Mi misi a sedere in mezzo, tra Jason e Caroline – ovviamente perché loro due erano quelli con cui avevo un minimo di confidenza in più – mentre gli altri due ragazzi si sedevano di fronte a noi.

Caroline mi teneva un braccio intorno alle spalle, continuando a ripetermi parole per tranquillizzarmi, ma io non l'ascoltavo. Fissavo il vetro divisorio dell'auto senza vederlo. Il mio corpo era rigido, le mani mi tremavano e faceva fatica a respirare. Un vero e proprio attacco di panico, insomma.

Che cosa mi stava succedendo? Dove mi stavano portando? Cosa avevano a che fare loro con me?

Un tonfo sordo mi fece sobbalzare e mi distrasse dai miei pensieri. Mi girai di scatto verso la fonte del rumore e vidi Jason col pugno chiuso premuto contro lo sportello della macchina.

«Maledizione!», imprecò e sbatté di nuovo il pugno sulla portiera.

Adesso l'attenzione di tutti era posata su di lui. Lo fissavamo ammutoliti – non solo io, ma pure gli altri – senza capire il perché di tale... Rabbia? Frustrazione? Non sapevo nemmeno io come decifrare tale emozione.

« Com'è possibile?», chiese a nessuno in particolare. «Com'è possibile che sia lei?», pronunciò l'ultima parola con amarezza, come fosse qualcosa che lo disgustava.

«Jason, calmati!», gli disse ragazzo biondo.

« Calmarmi?!», sbottò Jason, fuori di sé. «Calmarmi, Matthew?! Allora dimmi, come dovrei fare a calmarmi?!», Aveva gli occhi sgranati e muoveva le braccia in gesti di esasperazione. «Niente, e ripeto niente, sta andando secondo i piani! Niente!», urlò.

«Jass, siamo sconvolti anche noi, ma non mi sembra il caso di fare una scenata!», esclamò quello che evidentemente doveva essere Richard.

«Scenata? Pensi che questa sia una scenata?», Jason fece una risata amara, per nulla divertito. «Tu devi ancora vedermi fare una scenata!».

« I piani non erano chiari per nessuno», interviene Matthew. «Tutto ciò che abbiamo potuto fare erano solo supposizioni, non c'era niente di certo».

«Sta zitto, Matthew! Sta. Zitto!», sbottò Jason puntandogli il dito addosso.

«Basta!», strillo Caroline. «Non risolveremo niente se ci mettiamo a urlarci contro. Matt ha ragione, Jason! Erano tutte delle supposizioni, le nostre. La profezia parla dell'Opale non della dea!».

Dea? Opale? Profezia?

Tutti si comportavano come se io non esistessi e ormai avevo perso il filo del discorso.

«Sì», ribatté Jason. « E ti ricordi per caso chi è Opale?».

«Beh...», fece per dire Caroline, ma Jason la interruppe di nuovo.

«Perfino la profezia lo dice! Colei che tutto ha creato e luce ha donato! Secondo te a chi si riferisce? Di certo non alla coach Sanders!».

Caroline aprì la bocca, per protestare, ma la richiuse – anche se non so dire se la richiuse perché non aveva niente per ribattere o per la furia che si leggeva sul volto di Jason. Anche gli altri non dissero niente, ma si scambiavano solo occhiate preoccupate.

La testa mi stava esplodendo, l'unica cosa che avrei voluto fare era andare a casa a rannicchiarmi sotto le coperte. Ma non potevo.

Non potevo perché ero chiusa in questa dannata macchina con Matthew e Richard che si scambiavano occhiate pieni di domande, Caroline alla mia destra, che era diventata rossa come un perone per la discussione, e Jason alla mia sinistra, che sembrava una bomba che sarebbe potuta esplodere da un momento all'altro.

Sprofondai nel sedile, desiderando di scomparire nel nulla e non riapparire più.

Fu allora che la macchina si fermò e, quando qualcuno venne ad aprirci lo sportello, il mio cuore mancò un battito.

Ero davanti all'Empire State Building.

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