Capitolo 7

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AMANDA'S POV:

Jay, si chiamava così. Fece una breve presentazione su se stesso durante il giro della scuola, ma tutto ciò che avevo capito è che viveva nel dormitorio qui accanto e che gli sarebbe piaciuto uscire qualche volta con me, un amico in più in città mi farebbe solo comodo, soprattutto perchè dopo oggi, capì che sarebbe stato difficile orientarmi per il primo mese, l'edificio era talmente immenso che somigliava più ad un centro commerciale che ad una scuola effettivamente.

Finimmo il giro fermandoci al punto di partenza, dove ci eravamo scontrati.

"Amanda é stato bello portarti in giro per la scuola, anzi a casa mia, visto che praticamente ci vivo" ridacchiai "la tua compagnia è stata tranquilla e rilassante, vorrei conoscerti meglio se me lo concedi" mi irrigidì a quella sua proposta, non ero pronta, però era stato così gentile con me che non potevo rifiutare. Con un movimento veloce, infilò la mano in tasca, prendendo una sigaretta e un'accendino.

Ero senza parole, provai a schiarirmi la voce, per la gola ormai secca. "Uh, certo farebbe piacere anche a me conoscerti meglio, mi dispiace di aver parlato così poco, ci vorrà più tempo per aprirmi, sono parecchio riservata, se hai pazienza riuscirai a capire come sono"

"Sono il ragazzo più paziente del mondo" sorridemmo all'unisono.
"allora ci vediamo" ed io annuii alle sua parole nonostante fossi incerta. Mi fece l'occhiolino, come per salutarmi ed andò via, dirigendosi verso la porta accanto la mensa che portava al cortile.

Rimasi ferma, avevo le guance che andavano a fuoco. "Cos'hai che non va Amy? Perchè sei così accaldata?" dissi tra me e me, immagino perchè un ragazzo affascinante mi avesse fatto le avances il primo giorno di scuola.
Sentì un applauso dietro le mie spalle, voltandomi vidi il viso di Daniel, si mise a ridere prendendomi in giro, accentuando le piccole rughe espressive accanto la bocca. Incrociai le braccia imbarazzata, provai un senso di disagio.

"Che bella scenetta, tu e Jay chi l'avrebbe mai detto"

La rabbia scacciò via tutti i sentimenti che provavo in quel momento, prevalendo su esse. Non parlavamo da ieri sera, per fortuna non mi chiese nulla, ma continuava a torturarmi in qualche modo e non credo che sarei riuscita a sopportarlo. Girai i tacchi scegliendo di andar via, piuttosto di subire un'altra umiliazione, ma lui mi raggiunse subito dopo aver fatto tre semplici passi, sentivo il polso stringermi, il chè mi fece voltare verso di lui.

"Scusa per ieri sera, é stata una giornata difficile, tendo a diventare impulsivo e crudele con le persone che mi trovo davanti" disse diventando serio. Avendolo così vicino non avevo notato quanto fosse alto, mi superava almeno di ben venti centimetri, credevo. Qualcosa in me urlava di non credergli e andare via, così feci.

"Okay" feci dei passi più lunghi per allontanarmi il prima possibile ma, la sfiga nel mettermi in imbarazzo continuava a perseguitarmi, quasi scivolai se non fosse stato per Daniel che mi avrebbe afferrata per i fianchi. Me lo scrollai subito di dosso e tossì per smorzare la soggezione spiacevole che si era creata.
"Stai attenta" mi indicò un piccolo cartellino arancione che segnalava il pericolo di scivolamento, non capisco perchè dovessero pulire durante le ore scolastiche, feci una smorfia di disaccordo, un attimo dopo cercai di ricompormi "grazie per.. non avermi fatta scivolare, devo proprio andare adesso".

Mi incamminai verso l'aula di algebra che, come mi aveva spiegato Jay doveva essere la tredicesima porta sulla sinistra sul corridoio che stavo percorrendo, la campana suonò il termine della terza ora e l'inizio della quarta. Tanti visi uscirono dalle loro classi sbuffando o mezzi addormentati, come se dovessero ancora abituarsi alle lezioni, come se le vacanze estive non fossero state abbastanza per loro. Presi il necessario dal mio armadietto, qualche passo dopo mi trovai di fronte la classe di algebra, abbassai la maniglia lasciando aperta la porta in quanto molti ragazzi stavano ancora prendendo posto. L'occhio mi cadde su Daniel e la biondina ossigenata che teneva sopra le gambe, i due flertavano e ridevano, lei gli accarezzava i muscoli e continuava a ridere, sembrava una gallina. Divertita andai a sedermi tra i primi banchi, poco dopo entrò Jay tutto contento, appoggiando le braccia sul banco e con uno sguardo curioso aprì bocca per dire qualcosa ma scosse la testa divertito.
"A quanto pare sei in classe con me Amy" sembrava che lo sapesse già, anche se in realtà gli avevo già chiesto un consiglio su dove si trovasse l'aula ma non mi aveva detto nulla che sarebbe stato anche lui presente.

"Già, frequenteremo un corso insieme, potresti in tal caso aiutarmi in questa materia visto che sono indietro? Sai non sono molto brava in algebra"

"Certo, quando vuoi che passo?" domandò con un ghigno.

"Oh, certo, perché dobbiamo vederci per studiare giusto.." ma cosa avevo appena detto? Ma certo che dovrò vederlo. Deglutì completamente a disagio, non sapevo che dire.
"Facciamo domani pomeriggio?" risposi impacciata. "Forse è troppo presto, scusami non ho idea-"

"Amy" mi interruppe "non è un problema, davvero, allora a domani" andò a sedersi due file dietro di me, nel frattempo entrò il prof in classe, cercai di sistemarmi per bene sulla sedia, a volte tendevo incosciamente a sedermi scomposta e non era educato.

"Buongiorno ragazzi, oggi interrogazione"

In aula si elevarono tanti sbuffi da far alzare lo sguardo al professore con aria severa. Li osservò ad uno ad uno, fino a soffermarsi su di me, arricciando le labbra in un sorriso, no, ti prego non a me, non dire nulla.

"Bene, noto che c'é un viso nuovo. Vorresti alzarti e presentarti alla classe?" Diventai paonazza, trenta occhi erano puntati su di me. Mi tremava la mano, ma cercai di nasconderla.

"C-certo" mi alzai, facendo stridere la sedia. Niente male come inizio Amanda. Sei pessima.

Tutti mi guardarono e iniziai subito a parlare per evitare commenti negativi da parte della classe.

"Mi chiamo Amanda. Ho 16 anni e vengo da New York, ma sono nata in Europa. Emh, spero che mi ambienterò presto in questa scuola, nonostante sia così grande e difficile da memorizzare" feci ridere qualche compagno, ma non mi curai di osservarli, i miei polmoni ripresero aria non appena i miei glutei toccarono la sedia.  Sentivo gli occhi di tutti puntati adosso e non lo tolleravo.

"Grazie signorina Seyfried"

Per tutta l'ora di matematica il mio sguardo andava a finire sempre su Jay, a poco a poco memorizzavo i dettagli del suo viso, il naso a patata, un po' grande ma calibrato, qualche neo cosparso sul viso, le labbra delicate ma di un colore rosa-violaceo e la pelle bianca.
Presi un figlio è una matita B, le mie mani erano incontrollabili, abbozzai un bambino malinconico dagli occhi azzurri e dai capelli castani e ricci, non era Jay.

La giornata passò in fretta, per fortuna non incrociai più Daniel, uscì da scuola e mi incamminai verso casa mia, volevo solo riposarmi.

Niente é impossibile (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora