Capitolo 12

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AMANDA'S POV:

Gli altri avevano deciso di andare al bar per prendere ancora da bere. A me non andava tanto, avevo paura di lasciarmi andare troppo e che Jay potesse allungare le mani.
Daniel era completamente sparito con Sandy da quasi trenta minuti, non capivo se se ne fossero tornati a casa o se erano ancora qui nei dintorni.
In ogni caso avrei assolutamente bisogno di andare in bagno, la vescica mi stava decisamente scoppiando. Cercai di passare tra la folla, nonostante eravamo tutti ammassati, sto sudando tanto, ho bisogno di una doccia e qui c'è tanta puzza. In lontananza scorsi la parola"toilette" in led verde sopra una porta malandata. Non era difficile entra, non c'era fila.

Entrai nella prima porta libera che trovai e svuotai la mia vescica. Questo bagno faceva schifo, ma ne avevo bisogno. Mentre cercavo di sistemarmi il vestito e uscire da quel bunker puzzolente, sentivo dei rumori in lontananza, qualche porta più in là qualcuno si stava dando da fare. Mi chiedevo come facessero tra queste quattro pareti ristrette e sporche, ma va bene così, ero contenta per loro, almeno si divertivano e non avevano voglia di tornare a casa come me.
Uscì dirigendomi verso il lavandino per lavarmi le mani, i rumori cessarono, chissà come doveva essere bello perdersi in un paio di occhi e fare l'amore in bagno. Non che io fossi d'accordo, però lo voglio immaginare come una cosa romantica, un'attrazione così forte quanto incontenibile.
Osservai le mie iridi azzurre stanche, con la mano appoggiai un po' di acqua fresca sul collo rilassandomi.
Un click attirò la mia attenzione, la porta si spalancò e uscirono Sandy e Daniel spettinati e con rivoli di sudore sulla fronte, sul collo, i vestiti appiccati addosso. Sandy alzò gli occhi su di me e con un sorriso ebete disse a voce alta "Daniel stavolta ti sei superato", il rumore dei suoi tacchi che si avvicinavano al lavandino mi diedero più fastidio della musica. Lui non si accorse di me, lo guardai sistemarsi la cintura dei pantaloni, quando i suoi occhi scivolarono su di me quasi con terrore o sorpresa, non riuscivo a definire il contorno.
D'un tratto mi sentì come se mi fosse caduto addosso un grosso pezzo di cemento, non riuscì a muovermi. Insomma era una cosa normale, erano una coppia.
'Amy respira' ripetei tra me e me, buttai un po' di acqua fresca sulle guance e mi affrettai a raggiungere la porta.
"Amanda" mi chiamò Daniel, ma ormai ero in pista è lontana da quel maledetto bagno. Volevo davvero tornare a casa, mi sentivo stanca, sopraffatta da tutte le cose accadute in quella serata.

Se dicessi a Jay di voler tornare a casa non mi darebbe ascolto, così giocai spudoratamente sporco.
Trovai la chioma bionda accanto il bar, che sorseggiava la sua birra insieme a Shawn. Mi avvicinai e afferrandolo per il colletto della camicia lo tirai verso di me baciandolo, inizialmente tintinnò, poi il bacio si fece più intimo. Mi tirò a sé, accarezzandomi le curve dei fianchi e sfiorandomi il sedere. Qualcosa in me vibrò, non so cosa mi trasmettesse, mi piaceva stare con lui, ma volevo di più, qualcosa che mi trascinasse e mi portasse via da questo mondo reale e mi trovassi in un mondo parallelo fatto di fiori e diamanti. Insomma cose da film.
Mi staccai lasciando scie di baci sul suo naso dritto, era una delle cose che mi piacevano di più di lui. Dietro apparve Daniel che mi fissava. Forse erano allucinazioni, lo ignorai in ogni caso.

Mi avvicinai al suo orecchio, il mio fiato caldo accarezzò il lobo. "Andiamo? Voglio andare a casa"
"Va-va bene vado a chiamare gli altri" mi sorrise gentilmente senza staccarmi gli occhi di dosso.
"Ti aspetto fuori" dopo aver preso il giubbotto dal guardaroba della discoteca, uscì fuori, finalmente aria pulita. Ero stanca, mi sentivo strana. Una goccia traboccò sul mio viso, cosa mi stava succedendo? Non avevo neppure bevuto tanto. Mi sedetti sul marciapiede sopraffatta da ciò che sentivo dentro. Questa non ero io.

La porta del locale continuava ad aprirsi e chiudersi. Qualcuno si sedette accanto a me. Soffiò una nuvola di fumo, le sue lunghe dita accarezzavano l'asfalto disegnando un cerchio. Dita che toccavano spesso le ruvide corde della chitarra. Fece un altro sospiro e mi passò la sigaretta. Non avevo mai fumato, non era una cosa entusiasmante, la afferrai comunque provando a fare un tiro, iniziai a tossire forte, tenendomi il petto come se mi potesse esplodere. Ci riprovai mentre un'altra lacrima scendeva dal mio viso, non tossì più.

Niente é impossibile (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora