Torno a scuola

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Ehi ciao sono Alice, sono Alice, ciao.....
Cavolo! Dovevo incontrare Davide e mi sentivo agitata. Facevo l'operatrice di una cooperativa sociale da tre anni, avevo seguito bambini con disabilita' anche gravi e pazienti adulti  psichiatrici, ma questa volta era diverso. Quando Elena la responsabile, mi aveva chiamato nel suo ufficio la settimana prima, non immaginavo che mi sarei messa in questa situazione.
- Alice vieni. Allora tu con noi fai 16 ore a settimana vero?
Annuì, non erano molte ma mi permettevano di vivere e studiare. Stavo cercando di laurearmi in scienze dell'educazione, ero arrivata alle soie della laurea della triennale.
Appena uscita da scuola mi ero messa subito a cercare un piccolo lavoro e dato che adoro i bambini avevo inviato il mio curriculum così tanto per provare, alla "farlalla" una cooperativa sociale e invece ero stata chiamata per aiutare un bambino a fare i compiti a casa e da lì è partito tutto. In questi anni ho cercato di dare il meglio di me, e non è stato facile. A volte ci sono delle storie, delle persone, dei volti che ti porti dentro e che non vogliono uscire, nemmeno quando il tuo orario è finito, nemmeno quando smetti di vederle. Eppure a me piace questo lavoro.
- Bene, ti offro la possibilità di incrementare il tuo orario  e non di poco.
- Grazie.
- Aspetta a ringraziarmi, vedi abbiamo pensato a te, anche insieme con lo psicologo della cooperativa per seguire un caso particolare.
Fin qui nulla di nuovo pensai tra me e me, se non fosse un caso particolare, non credo che avrebbero bisogno del sostegno di una operatrice.  Speravo solo di poter restare nell'ambito dell'infanzia e non di dover lavorare con gli anziani o in comunità, non lo so perché ma la cosa mi metteva pensiero a prescindere.
- Allora, abbiamo bisogno di una operatrice che segua un ragazzo che non vede a scuola e a casa.
Beh lo aveva o già fatto, avevo già lavorato con un bambino cieco dalla nascita.
- Che tu lo segua anche nel percorso scolastico, ha già perso un anno di scuola per via dell'incidente.
Incidente? Aveva perso la vista da poco, povero.
- Questo anno se tutto va bene dovrà sostenere gli esami di maturità.
Cavolo allora non era un bambino.
- Non sarà facile, sta ancora elaborando questa nuova condizione. È in una fase molto delicata. Ha bisogno di molto aiuto su molti fronti.
La mia testa iniziò a pensare per conto suo.
- Che scuola frequenta?
- Il liceo, lo hai frequentato pure tu vero?
- Si. Di chi si tratta?
- Davide Ruggeri.  Ha venti anni, l' estate scorsa ha avuto un brutto incidente d'auto, gli hanno ricostruito praticamente quasi tutto il volto, ma purtroppo ha perso la vista.
Certo Davide, me lo rivordavo, quando io facevo il quinto superiore, lui era appena arrivato al liceo, me lo ricordavo perché era uno sbruffone, sapeva tutto lui, nei corridoi sembrava che fosse uno del quinto tanto si atteggiava ed era sostenuto sia da ragazzi che ragazze che ovviamente dovevano trovarlo molto interessante. Io poi mi ero diplomata e non ne avevo più sentito parlare fino al giorno dell'incidente.
Mi ricordo che erano i primi di luglio era sera e la notizia del terribile incidente si sparse a macchia d'olio nel giro di poche ore. Davide era molto conosciuto e in più le sue condizioni erano apparse subito gravi. Ricordo che provai molto dispiacere per quel ragazzone che stava pagando duramente la sua esuberanza. Subito dissero che stava tornando da una cena tra amici e probabilmente aveva bevuto troppo. A me non importava come ne perché, desideravo solamente che tutto si risolvesse. Ma non fu così purtroppo.  Davide perse la vista e si diceva che la sua faccia era rimasta molto danneggiata, dicevano che non avesse più il naso né la fronte. Io non riuscivo a credere che certe cose potessero realmente accadere. Nel paese si successero notizie su notizie nei mesi successivi, ognuno aveva la sua da raccontare. Quando dopo mesi lo rividi a passeggio con un po di amici, stentai a riconoscerlo, fortunatamente indossava grandi occhiali neri che coprivano quasi del tutto il suo viso ma non riuscivano a nascondere i terribili segni dell'incidente.
Era ormai passato quasi un anno e ora mi stavano chiedendo di diventare la sua operatrice sia a scuola che a casa, naturalmente era un caso eccezionale quello, si trattava solamente di un periodo per consentirgli di superare gli esami di maturità.
Per me era un occasione per guadagnare di più ma certamente assistere un ragazzo che aveva quasi la mia età mi metteva fortemente pensiero.
Decisi che ci avrei almeno provato. Incontrai lo psicologo della cooperativa e anche quello del centro riabilitativo  che lo stava seguendo, mi dissero quale era la sua condizione psicologica e cioè che attraversava momenti di rabbia e depressione anche se lentamente stava elaborando la sua condizione. Davanti  a se aveva comunque una strada in salita, importante era acquisire lentamente più autonomia possibile. A scuola era bravo, aveva sempre ottenuto buoni risultati per cui con un po di pazienza non ci sarebbero stati grosse difficoltà, in quanto già stava utilizzando degli strumenti compensativi.
Ormai era tardi per ripensarci, erano le 8,00 di lunedì mattina e mi trovavo sotto casa dei suoi genitori, avrei dovuto portarlo a scuola. Suonai il campanello.
- Chi è?
Chiese una donna.
- Buon giorno, sono Alice, l'operatrice per Davide.
- Bene, arriviamo.
Dopo alcuni minuti la porta si aprì e ne uscì una donna bassa e piccola che teneva per mano Davide che vicino a lei sembrava ancor più un gigante tanto era alto. Lui indossava jeans, felpa e un giubbino blu, aveva i capelli scuri e cortissimo e il solito paio di occhiali neri. Camminava quasi strisciando i piedi, tenendo stretta la mano di sua madre. Io le andai incontro e mi presentai.
- Salve, buon giorno sono Alice.
- Ciao. Sono la mamma di Davide. Bene felice di conoscerti. Ti consegno Davide. Poi so che tu finisci con lui alle 12. Lo torniamo a prendere noi.
Lei me lo avvicinò, lui allungò la mano e io gliela presi.
- Ciao.
Dissi quasi con timore. Lui fece giusto un cenno con la testa. La sua mamma cercò il mio sguardo, il suo si era spento e gli occhi stavano diventando rossi.
- Ciao ma.
Disse lui.
- Ciao.
Io cercai di guidarlo fino alla mia macchina. Arrivammo e lui mi chiese.
- Che auto è?
- È  la mia scassatissima y 10 verde.
Io sorrisi, lui no. Allungò la mano verso lo sportello ed entrò.
- Posso spostare il sedile? Non ci entro.
Era vero, praticamente riempiva tutta la mia auto.
- Non mi ricordavo che fossi così grande.
Cavolo, le parole mi scapparono senza che le avessi ponderate e lui subito si voltò verso me.
- Ci conosciamo?
- Beh non proprio. Cioè quando io facevo l'ultimo anno di liceo tu eri al secondo. Non so se ti ricordi di me.
- Ho capito ci siamo conosciuti nell' altra vita.
La sua voce era profonda e seria, eppure lei si ricordava un ragazzo che rideva sempre.
- No in questa vita. Nemmeno tanti anni fa.
- E come ti chiami?
- Alice Marconi.
Lui non disse nulla, io ero curiosa di sapere se mai si ricordasse di me, mi avrebbe fatto piacere anche se era inutile, infondo ero insignificante a quel tempo, non che adesso fossi cambiata molto, o per lo meno non ero una famosa. Ero una qualunque ragazza di ventitré anni, ora portavo i capelli corti ed ero bionda, occhi verdi e grandi, non troppo alta né formosa. Insomma normalissima.
- Siamo arrivati.
Lui scese dall' auto e aspetto' che mi avvicinassi , cercò la mia spalla e ci appoggiò la mano.
- Tu non sei un gigante.
- No, io no.
Sentì delle voci di ragazzi che lo chiamavano, io sentì che lui fece un grande respiro e sorrise, come se dovesse recitare o entrare in scena.
- Dado, ciao.
- Ciao Mirco.
- Chi è lei?
- La mia baby sitter.
I ragazzi risero e si diedero una pacca sulle spalle, Mirco mi guardó e io gli sorrisi semplicemente, Davide si appoggiò a lui e io li seguì.

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