La vita è adesso

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Tornammo a casa e io cercai in tutti i modi di ripulirlo, togliendogli più sabbia possibile ma ero sicura che sua madre se ne sarebbe accorta.
- Le dirò che è colpa mia! Tranquilla.
Come facevo a stare tranquilla, anche se ero felice perché ora lui sembrava più rilassato.
- Però grazie! Mi sento meglio, davvero, meglio di una seduta dallo psicoterapeuta. Tirare sassi è stupendo. Mi sento svuotato.
Lei lo ascoltava con attenzione.
- La mia vita è un disastro, mi ritrovo a viverne una che non è più mia. Andava così bene, la scuola, gli amici, il pallone, la ragazza anzi le ragazze e in un attimo.... bum! Il buio. Per sempre. Cazzo a volte mi sembra di impazzire, aspetto che qualcuno riaccenda la luce. Ma so che non accadrà mai.
Io... io piansi. Mi scesero lacrime silenziose non c'era niente che potessi dire. Niente.
- Non ci sono parole. Davide posso solo stare in silenzio e ascoltare il tuo buio.
Lui allungò una mano e prese la mia. Mi persi in quel contatto, con Davide non avevo regole, con lui ero io. Avevo una grande paura, di sbagliare, di non poterlo aiutare di coinvolgermi troppo.
Lo riportai a casa e dissi come stavano le cose a sua madre, le dissi che non eravamo andati a scuola ma che secondo me era un bene perché ora Davide sembrava più tranquillo, lei annuì e non disse nulla, non sembrava arrabbiata, nemmeno delusa ma solo rassegnata.
Chiamai Federica, avevo bisogno di sentire la sua voce.
- Chica!
- Ehi ciao!
- Che fai? Tutto bene?
- Si sono stata al mare.
- Al mare? A fare cosa.
- Con Davide, non è voluto andare a scuola oggi.
- Ah brava ve la spassate.
- Non direi proprio. È stato duro, oggi era proprio giù. A volte mi sento così impotente con lui.
Federica non rispose, sicuramente dalla mia voce capì che ero provata, sapevo che di queste cose era meglio parlarne con lo psicologo della cooperativa ma Federica per me era meglio di qualsiasi terapia.
- Dai passa da me che ci mangiamo un piatto di pasta e ci facciamo due chiacchiere.
- Ok! Arrivo grazie.
Bene forse la giornata non era rovinata del tutto.
Dopo pranzo mi chiamò la mamma di Davide per ringraziarmi di questa mattina e per dirmi che non sarei dovuta andare a casa il pomeriggio perché Davide era molto stanco e riposava, ma era tranquillo e questo la rendeva felice.
- Di solito, quando si sveglia come questa mattina, poi entra in un tunnel di depressione che dura diversi giorni, e per me è straziante vederlo così, invece mi sembra che questa volta sia un po' diverso. O almeno lo spero. Vediamo domani. Ciao Alice.
- Arrivederci a domani allora.
E così ora avevo il pomeriggio libero, ma Federica doveva andare a lavorare, non potevo stare con lei, magari mi sarei riposata anche io, il mare e Davide mi avevano messo a dura prova.
Il giorno dopo tutto sembrava normale e andammo a scuola tranquillamente. La prima settimana con Davide era passata, ma che fatica!
Le seguenti non furono di certo più tranquille, stargli accanto era come stare sulle montagne russe, alti e bassi, cambi repentini, frenate e accelerate. Io cercavo di adattarmi il più possibile, con me si sentiva più libero che con altri, più di una volta mi disse che con i suoi amici e anche con sua madre doveva cercare di fingere di star bene perché loro non sopportavano i suoi momenti no. Con me era diverso, io gli dissi che ne ero molto felice ma che non volevo assolutamente diventare il suo sacco da pungibol. Così ogni tanto ci inventavamo qualche cosa per scaricare la rabbia che gli si accumulava, tirare sassi, calci ad un pallone, qualche tiro a boxe in palestra, qualche corsa, qualche gara a chi urlava più forte, insomma tutto quello che ci veniva in mente. Per il mio lavoro mi fecero i complimenti sia sua madre che la cooperativa dove lavoravo, questo mi rendeva felice anche se non lo facevo per loro ma per lui. Davide era un gigante buono, ma se i buoni si arrabbiano sono pericolosi, io per lui avevo una sorta di rispetto, lui credo iniziasse ad avere stima, era simpatico ed ironico sempre più spesso ma se aveva giorni no, potevamo anche starcene in silenzio ore intere. Non era un problema.
- Stasera esco.
Mi disse con un tono inespressivo Davide.
- Bene, con chi?
- Marco e gli altri, mi passano a prendere. Gli ho detto di si.
- Hai fatto bene. È venerdì. Dove andate?
- Boh. Non vorrei essere di peso.
Ecco cosa lo preoccupava. Non lo avevo capito.
- Pensa solo al contrario. Se Marco era al tuo posto, sarebbe stato un peso per te?
- Magari si.
- Di la verità.
Restò zitto per un po'
- Ok no. È il mio migliore amico farei di tutto per lui.
- Appunto. Perché non dovrebbe essere vero il contrario? In fondo per gli altri sei sempre tu, il loro amico. Sei cambiato, hai bisogno di aiuto vero, sei un rompi palle spesso ma.... sono quasi sicura che lo fossi anche prima dell'incidente.
Alzò il viso nella mia direzione.
- Grazie. Un po' meno sincera no?
Io risi, ero convinta che non servisse a nulla con lui mentire, non vedeva ma capiva tutto.
- Ti svelo un segreto. Quando mi hanno chiesto di lavorare con te, volevo rinunciare perché mi stavi proprio antipatico, ti trovavo così borioso e spaccone.
- E perché hai cambiato idea?
- Perché avevo bisogno di lavorare più ore. Ma non mi sono pentita e non so se mi ero sbagliata prima o se sei cambiato tu ma mi stai quasi simpatico ora.
- Ah grazie! Io mi preferivo prima. Comunque pensavo che subissi di più il mio fascino.
Questa volta sorrise lui e mi diede un abbraccio che era piuttosto una "stritolatina", Davide era molto fisico ma era normale visto che non poteva usare la vista.

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