"Ho paura di farti soffrire"

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Come immaginavo nulla era semplice, anzi mi sembrava di stare vivendo un incubo, improvvisamente Davide smise di mandarmi messaggi, ero stata davvero codarda, non ero riuscita a dirgli che non ci saremo più incontrati. Stavo impazzendo pensando a come lui e sua madre avevano appreso la notizia.
Intanto avevo ripreso a lavorare con i minori, non sapevo se chiedere a qualcuno di Davide o lasciare perdere, se parlarci direttamente o aspettare.
Due, tre, sette giorni e poi tutto quello che immaginavo mi venne confermato.
- Davide si è chiuso in un mutismo assoluto, sta rifiutando qualsiasi operatore, dice che non ne ha bisogno e poi non mangia. Sua madre e noi siamo davvero in pensiero.
Mi disse lo psicologo del centro.
- Posso fare qualcosa?
Lui mi guardó come per dirmi che avevo già fatto abbastanza e che era meglio che lasciassi stare.
- No. Non puoi fare nulla.
Quella notte e nemmeno quella dopo riuscì a chiudere occhio. Mi sentivo con Roberto, eravamo andati anche a bere qualcosa insieme, ma mi sentivo vuota. Davide mi mancava e sapere che stava soffrendo anche lui mi faceva ancora più male.
- Guardati come sei ridotta.
Mi disse Federica quel pomeriggio, e se me lo diceva lei potevo crederci.
- Uffa che vuoi? Esco con Luca faccio tutto quello che posso.
- Ma non sei felice.
No, non lo ero e non ci voleva molto a vederlo.
- Se è davvero così importante per te vai da lui.
La guardai, Fede aveva detto una cosa banale ma che per me in quel momento fece la differenza, era vero, Davide era importante per me.
- Dici? Ma farò la cosa giusta? Come dici tu è una storia complicata, mi metterò nei casini.
Lei mi sorrise e mi accarezzo' i capelli.
- Si è vero ma credo che già ci sei nei casini. E poi casomai ti tiro fuori io come sempre.
- Mi sa che mi sono innamorata.
- Mi sa di si. Dai vai.
- Ma che gli dico?
- La verità.
La verità, così semplice e così spaventoso e bello allo stesso tempo, come avevo fatto a non capirlo prima? Io ero innamorata di Davide, così come era, con i suoi sbalzi d'umore, i suoi giorni no, il suo buio. Non volevo essere la sua operatrice perché non volevo salvarlo o aiutarlo, volevo essere la sua donna ed amarlo e volevo essere amata da lui.
Quando arrivai a casa sua, la madre non voleva aprirmi, dovetti supplicarla e anche quando mi fece salire mi guardó non più come una volta, aveva uno sguardo serio, era una mamma e io stavo facendo soffrire suo figlio. Aveva ragione, non  avevo nulla da dire a lei.
- È nella sua stanza ma ti avverto, nemmeno lui ti vuole vedere.
Le sue parole non erano affatto incoraggianti.
Bussai ma non ebbi alcuna risposta. Entrai.
Tutto era buio e silenzioso c'era odore di chiuso. Vidi solamente che era disteso sul suo letto. Era gigante più di quanto me lo ricordassi.
- Davide?
Appena lo chiamai si alzò e voltò verso me. Ma subito vidi che strinse i pugni. Era arrabbiato. Dal grugnito che emise, doveva essere molto arrabbiato.
- Cazzo vuoi? Vattene subito. Non tornare più.
Iniziai a piangere. Volevo andare ma prima era giusto che gli dicessi la verità.
- Ti prego. Devo solo dirti una cosa.
- Non piangere. Non lo sopporto e poi non ti credo. Non c'è niente che voglia sentirmi dire da te.
Invece iniziai a piangere ancora più forte, ora non ero la sua operatrice ero solamente Alice.
- Vuoi spiegarmi i motivi perché hai deciso di non farmi da operatrice? Vuoi dirmi la verità che ti facevo pena, che ti sei accorta che mi stavo innamorano di te e non te la sei sentita o vuoi dirmi qualche cazzata tipo hai altri progetti, ero troppo impegnativo o cose del genere.
Era questo che pensava? Che mi faceva pena?
- Davide io ho avuto paura, non per quello che provi tu per me.... io, io non potevo continuare ad essere la tua operatrice perché...
Lui si fermò ad ascoltarmi ma era tutto così silenzioso che oltre ai nostri respiri potevo sentire anche il battito del nostro cuore o almeno del mio che batteva all' impazzata.
- Davide io mi sono innamorata di te. Ma ho paura, una terribile paura, di soffrire io o di far soffrire te perché già hai sofferto tanto e volevo allontanarmi ma... non ci sono riuscita. Sono qui.
Nemmeno mi accorsi e nemmeno lo vidi tanto era buio ma mi ritrovai tra le sue braccia, stretta in una morsa d'acciaio. Sentì la sua bocca cercare la mia, lo sentì asciugare le mie lacrime che poi si mischiarono alle sue.
- Hai ragione ho sofferto tanto. Ma ho imparato che è impossibile non soffrire per nessuno, e so anche che la mia unica gioia sei tu. Ora mi dici che sei innamorata di me e io credo di non essere mai stato tanto felice.
Anche io scoppiavo dalla gioia, mi sentivo così felice, ero tra le sue braccia. Il bacio che mi diede mi fece perdere ogni riferimento, e mi fece fremere dal desiderio, sentì le sue mani insinuarsi sotto la mia maglietta.
- Ti voglio Alice, voglio fare l'amore con te.
Mi portò vicino al letto, poi ritrovai un attimo di lucidità.
- Davide. Davide aspetta!
Lui si fermò e aveva lo sguardo arso dal desiderio.
- Anche io voglio fare l'amore con te.
Lui mi mise un dito in bocca e riprese a baciarmi spingendo contro il mio inguine la sua erezione.
- Davide. Non qui. Di là c'è tua madre e....
Lui si fermò, fece un respiro profondo, si aggiusto' i capelli con una mano.
- Ok! Scusa hai ragione.
- Andiamo da me.
Un grande sorriso apparve sul suo volto. Mi tenne il viso tra le sue grandi mani.
- Sei la cosa più bella che mi sia capitata.
Io sorrisi e lo presi per mano.
Quando uscimmo dalla stanza incontrammo lo sguardo di sua madre sempre severo e puntato su di me, solo quando vide che lo tenevo per mano si addolcí un po'.
- Mamma. Va tutto bene. Esco con Alice.
- Va bene.
Disse solo questo ma guardandomi fu come se aggiungesse " Non ti azzardare a farlo soffrire" e  io avrei voluto risponderle "Tranquilla lo amo troppo per farlo".

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