♫ Where do we go from here - Ruelle ♫
Elèna
La mattina mi sveglio presto, nonostante abbia dormito poco come previsto, per prepararmi e arrivare puntuale al mio primo giorno di lavoro.
Lungo il tragitto non faccio altro che chiedermi come sarà l'ufficio, se avrò una stanza tutta per me, se i colleghi sono simpatici e se Wilson è un tipo esigente.
Arrivo all'edificio Wilson con ben mezz'ora di anticipo e trovo ancora tutto chiuso, così mi siedo sul marciapiede ad aspettare che arrivi qualcuno.
Dopo un tempo che mi sembra infinito, sento dei passi, mi giro e...«Elèna! Che ci fai qui tutta sola a quest'ora?»
«Adam!» mi alzo spolverando i vestiti.
«Oggi inizio a lavorare e non volevo fare tardi il primo giorno, ma sono arrivata troppo presto in effetti. Tu come mai qui?» gli chiedo sperando non ci sia anche Henry.«Hai visto allora che ce l'hai fatta? Nonostante la disavventura delle calze» mi dice ridendo e io lo seguo a ruota.
«Comunque sono qui perché devo prendere dei documenti per conto di Henry, uhm il mio capo se ti ricordi, e quindi anche io aspetto arrivi Jackson. Posso aspettare insieme a te?» mi chiede avvicinandosi.«Certo! Almeno non sembrerò la tipica stagista timida e patetica» gli dico sincera.
«Mi vengono in mente molti aggettivi, ma non di certo patetica» mi dice fissandomi negli occhi. Distolgo lo sguardo imbarazzata e metto una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Scusa se te lo chiedo, ma cosa è successo con Henry? Non ho potuto fare a meno di notare il suo strano comportamento. Di solito non si comporta così con le ragazze, cioè è molto meno... come dire» cerca la parola giusta.
«Antipatico, stronzo, lunatico...» intervengo io.
Adam ride.«Già. Hai capito. Di solito lui riempie sempre le donne di belle parole e credimi quello che gli ho visto fare con te era tutt'altro» risponde lui.
«Sì, ho notato. Non sarò il suo tipo» dico io mimando le forme di una modella taglia 38 e una quarta di seno.
«Non per sminuirti, ma penso tu abbia ragione. Non sei il suo tipo, ma non nel senso che intendi tu. Sei bellissima e non hai niente da invidiare alle altre, anzi forse sono le altre che avrebbero qualcosa da invidiarti, tipo il cervello» dice lui picchiettandomi due dita sulla testa come a indicare dove si trovi il mio.
Gli sorrido timidamente e accetto il complimento in silenzio.
Proprio in questo momento suona un cellulare. Non un cellulare, ma il mio cellulare. Lo tiro frettolosamente fuori dalla borsa dove lo avevo sepolto in mezzo a fazzoletti, chiavi di casa, gomme da masticare, un unicorno e qualche arcobaleno. Mary Poppins chi?
Finalmente lo trovo e osservo il display. È Leo.«Rispondi pure, non ti preoccupare. Io me ne starò in disparte a far finta di farmi i fatti miei» dice Adam vedendo la mia indecisione.
«È il mio ragazzo, non starò molto» lo informo.
Noto però che il sorriso che mi rivolge non è come gli altri, ma più spento. Come persona educata quale è, però, si allontana per fumare una sigaretta lasciandomi sola per rispondere.
«Pronto?» rispondo quasi all'ultimo squillo.
«Amore scusa se ti disturbo! Volevo solo augurarti buona fortuna per il tuo primo giorno» esordisce Leo. Questa non me la aspettavo. Sono sorpresa.
Ultimamente sta diventando un po' più attento a quello che mi succede dopo le infinite volte in cui ho cercato di fargli notare questa mancanza, anche se mi ritrovo a chiedermi se sia troppo tardi.«Oh grazie mille! Ci sentiamo stasera con calma. Ora vado che è arrivato il capo. Grazie ancora!» lo saluto e riattacco.
Nel frattempo intravedo arrivare Jackson in compagnia di Caroline, se non ricordo male il suo nome, la quale dopo aver salutato velocemente con un cenno del capo si avvia all'interno dell'edificio.
STAI LEGGENDO
Underground Love (1). La mia ancora di salvezza ➳ H.S. [IN LIBRERIA]
Fanfiction«Si è impossessato di ogni fibra del mio corpo come la peggiore droga e ha sostituito l'ossigeno con i suoi respiri, il sangue con il suo sapore, gli organi vitali con il suo profumo e la mia testa con la sua voce» È che forse il mondo è un gran ca...