/capitolo 1/

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Premessa
So di fare errori grammaticali e boh volevo divelo per non fare discussioni nei commenti.
Ora spero che la storia vi piaccia

Eccomi, sempre la solita disagiata ragazza. Ed eccolo, sempre il solito bruttissimo panico che mi prende ogni volta che faccio un incubo.
Le mie caviglie e i miei polsi sono legati da delle cinturine che stringono, forse troppo. Sono sdraiata su una barella con circa cinque infermiere attorno al mio corpo, che stanno cercando di tranquillizzarmi, invano. Il mio corpo sobbalza a spasmi e convulsioni continui e la gola inizia a bruciare da quante urla ha fatto uscire dalla mia bocca. Non riesco a stare ferma e gli occhi, ancora chiusi per paura della luce troppo forte, iniziano a lacrimare. Tutto questo smette grazie ad un sonnifero che mi riporta nel mondo dei sogni. Il mio corpo si rilassa sul lettino e il respiro si fa sempre più profondo, fino a che il battito cardiaco ritorna regolare.

Sono le nove di mattina quando mi alzo dal solito letto, posto nella solita stanza grigia con i muri rovinati dalla muffa e dalle infiltrazioni.
Accanto al letto c'è un piccolo comodino di legno scuro con sopra un foglio, il mio modulo:

Sophie Youngh
20 anni ( 13•6•1995)
Milano ma originaria di Londra
Parenti:
Genitori morti in un incidente nel 2012 altri parenti sconosciuti
Disturbi:
Iniziati nel 2013. Si riscontrano spesso traumi emotivi, disturbi mentali omicidi e suicidi, ritenuta pericolosa per le persone attorno.
Stanza n 107, ala ovest.

Ecco chi sono.
Le porte di ferro erano motorizzate, e prima delle nove e mezza non si potevano aprire. Aspettai l'ora "della libertà" stando seduta sul letto ad osservare il muro davanti a me e a pensare a come uccidere il mio nuovo compagno di stanza. C'è chi pensa come sarà, il suo carattere, il suo aspetto fisico, eccetera, e poi ci sono io che penso a come uccidere chi invade il mio spazio. Alle 9.15 la porta si aprì mostrando un dottore in camice bianco e un ragazzo alto, capelli spettinati, castani e tirati all'insù, molto magro e con un'espressione seria e malinconica sul suo viso, segnato dalle occhiaie. I suoi occhi neri sembravano di vetro e stavano scrutando la stanza, me compresa.
"Sophie, forse questo nuovo paziente, e tuo nuovo compagno di stanza, sarà alla tua altezza...cerca di non farlo fuori dopo un giorno come è successo con Alexa..." Guardai con sguardo torvo il dottore per poi studiare il mio nuovo compagno.
Il dottore uscì dalla sala avvertendoci che tra poco le porte si sarebbero aperte.
Il ragazzo dagli occhi di vetro, che da più vicino erano marroni, si sedette sul letto libero accanto al mio.
"Allora, mi chiamo Lorenzo, te devi essere Sophie?"
"Non ti interessa e non ti servirà. Ti avverto... Sono stata in questa stanza da sola per due motivi: se qualcuno occupava questa stanza oltre a me non resisteva se non per due giorni, e l'altro motivo è che sono una psicopatica pericolosa, e chi vorrebbe stare con una psicopatica pericolosa?"
"Un altro psicopatico pericoloso." Il moro che fino a poco prima era stato seduto sul letto con uno sguardo serio, ora mi guardava con un pizzico di gioia, o meglio di ammirazione.
Rimasi spiazzata dalla risposta e uscii dalla porta che si era aperta pochi secondi prima.
Mi voltai cercando con lo sguardo il ragazzo, ma non lo vidi. Meglio così. Feci un passo in avanti ma qualcosa di morbido e rigido allo stesso tempo me lo impedì. Guardai verso l'alto e incastrai i miei occhi con quelli castani del nuovo ragazzo e un sorriso malizioso comparve  sul suo viso. Misi le mani sul suo petto e lo allontanai velocemente da me per poi guardarlo male. Aumentai la velocità dei miei passi e andai nella sala comune dove tutti i pazienti si ritrovavano per la colazione e per alcuni comunicazioni. Presi una tazza di caffè e un biscotto e mi sedetti da sola ad uno dei tavoli agli angoli della stanza. Come al solito ero sola, nessuno osava sedersi con la morte. La ragazza con la pelle bianca, i capelli nerissimi e gli occhi azzurri era odiata da tutti, perfino i più pazzi di questo manicomio avevano abbastanza buonsenso da non avvicinarsi a me.
Nessuno osava guardarmi negli occhi, avevano paura di trovare la morte e non svegliarsi più.
Quel ragazzo, Lorenzo, era stato l'unico a guardarmi negli occhi per alcuni minuti e ad essere ancora vivo. Qualcosa mi aveva colpito in lui dal primo momento e i suoi occhi non lasciavo via di scampo.

Psycho//LorenzoOstuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora