Capitolo 17

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Mi sveglio nel cuore della notte.
Non riesco a chiudere occhio, ma m'impongo comunque di dormire se voglio continuare e se voglio sbrigarmi. Più strada faccio meglio è.
Mangio un chicco d'uva e riprovo a dormire ma non ci riesco. Decido a questo punto di proseguire. Guardo l'orologio fisso alla parete; sono le 2 del mattino.
Sbuffo.
Sono indecisa se proseguire o no; se mi addormento nel tragitto perdo tempo e rischio di andare a riposare in un posto non sicuro. Mentre qua lo sono. Almeno fino ad adesso.
Non ha senso restare qua se non riesco a dormire. Potrei utilizzare questo tempo per continuare e avere così meno strada da fare.
Mi mordo il labbro.
Guardo attraverso le vetrate colorate se c'è del movimento.
Niente .
Apro il portone stando attenta a non far rumore.
Inizo a camminare velocemente.
La luna piena è l'unica luce che mi guida.
Proseguo per 3 km fino a quando non arrivo in campagna e così invece di prendere la strada proseguo attraverso i boschi.
Il bello delle campagne del Caserty è che ci sono case costruite in collina in mezzo ai boschi e quindi sono totalmente isolate e nascoste.
La strada principale che collega il Caserty con il Mildstone è lunga 10 km perciò circa 20 ettari di boschi.
Dopo mezz'ora sento già la stanchezza impadronirsi del mio corpo ; i piedi iniziano a pulsare per il dolore e gli occhi iniziano a chiudersi pian piano. Per fortuna a pochi metri c'è una grande casa di legno bianco. Provo a forzare la serratura ma non ce n'è bisogno; la porta è socchiusa.
Entro con cautela e perlustro tutte le stanze.
Non c'e nessuno.
Vado in cucina e inizio a frugare nel frigo e sulle mensole: non c'è niente.
Merda.
Prendo il grappolo d'uva e lo mangio tutto prima che diventi marcio.
Il sole è già alto.
Mi tolgo le scarpe e mi sdraio sul divano in salotto.
E dopo pochi minuti il sonno prende il sopravvento.

Sono ancora nel bosco. O quel che ne rimane.
È tutto incenerito. Non esiste più. Non c'èpiù nessun segno di vita.
Proseguo attraverso i resti carbonizzati di alberi e tronchi .
Una fitta nebbia circonda il paesaggio incenerito.
Più mi addentro, più la nebbia si infittisce.

Dei raggi di luce mi colpiscono in pieno viso, svegliandomi.
Per un millesimo di secondo non ricordo dove mi trovo, poi assimilo tutto e delle immagini passano per la mia mente velocemente.
Mia madre è morta.
Mio padre è morto.
Mia sorella è stata rapita.
Stavo quasi per essere  uccisa.
E ora eccomi qua; sola in una casa sconosciuta in mezzo ai boschi.
Mi alzo dal divano e faccio un giro della casa; sotto al mio peso e ad ogni mio singolo movimento, il parquet di legno grezzo inizia a scricchiolare.
Al piano terra c'è sola un piccolo salotto e un cucinino.
È tutto in ordine, se non fosse per i pochi oggetti rimasti direi che fosse del tutto disabitata.
Forse qualcuno prima di me è entrato qua e ha preso tutte le scorte di cibo o forse il proprietario ha lasciato la casa di fretta; questo spiegherebbe la porta socchiusa.
Vado al piano di sopra di soppiatto per vedere se c'è qualcuno e se veramente la casa è vuota.
Non voglio avere soprese. È meglio stare attenti in ogni singolo momento e non abbassare mai la guardia.
Questa volta non ho un'arma per difendermi, dovrò farlo da sola senza l'aiuto di niente.
Apro la porta di ogni singola stanza; il corridoio è stretto e malapena ci passo con il borsone,  le stanze sono tutte spoglie con le pareti bianche, identiche e piccole.
Dopo aver perlustrato le due stanze affianco a  me  e preso il necessario, apro la porta dell'ultima stanza di fronte a me.
Questa volta ci penso un po' prima di girare la monopola dorata  della porta consumata, fatta di legno bianco.
A differenza delle altre stanze, questa è più grande; c'è un letto matrimoniale, uno specchio attaccato al muro  difronte al letto e un armadio abbastanza grande  di legno massello.
A sinistra intravedo un'altra stanza. Mi avvicino e vedo un lavandino di marmo bianco, mi avvicino e il cuore smette di battere. Tutto il bagno è sporco di sangue, sembra di essere in una carneficina.
Indietreggio e vado a sbattere contro il muro.
Chiudo gli occhi.
Tutto questo non è reale  dico cercando di convincere me stessa.
Li  riapro e dei brividi salgono lungo tutto il mio corpo.
E solo ora mi accorgo che una mano sporge dalla vasca da bagno.
Deglutisco.
Mi avvicino lentamente e scosto la tenda da bagno.
Quel che c'è dentro è ancora più raccapricciante.
L'uomo ha in mezzo alla fronte un buco di una pallottola che gli ha perfoforato la testa, facendo fuoriuscire tutte le cervella.
Sono senza fiato. L'odore di sangue putrefatto e di morte invadono le mie narici. Mi sale un conato di vomito facendomi uscire delle lacrime. Riesco a non vomitare per fortuna.
Mi allontano dal cadavere e esco dal bagno indietreggiando.
Chiudo la porta e mi metto la mano in bocca per fermare i singhiozzi che escono prepotenti dalla mia bocca.
Solo quando i singhiozzi terminano e mi tranquilizzo, tolgo la mano e prendo la borsa pronta ad andare via dal quell'orrore e da questa maledetta casa.
All'improvviso  una mano mi tappa la bocca e mi trascina dentro ad un piccolo ripostiglio.
-Shh- Sussurra.
Cerco di divincolarmi dalla sua presa, ma lui mi stringe forte a sè.
Un pensiero terrificante si insinua nella mia testa:
È se fosse stato lui ad uccidere quell'uomo?
Mi rrigidisco ancora di più quando sento il suo respiro caldo sul mio collo.
-Okay..Okay..- dice con il respiro affannato. -Se ti lascio , mi prometti che non scappi e non urli e ti calmi?-
Annuisco.
Appena toglie la mano, gli tiro una gomitata sullo stomaco e scappo via lasciandolo lì piegato dal dolore. Prendo il borsone  ma lui è più veloce e mi butta sul letto spingendomi.
E solo quando sta a cavalcioni su di me intrappolandomi e  mi blocca i polsi con le sue mani, vedo il suo viso.
-Mark..- sussurro quasi senza fiato dallo stupore.
-Mi hai promesso di stare calma ricordi? - dice accennando ad un sorriso.
-Cosa ci fai qui?- chiedo con voce un po' troppo alta che mi tappa la bocca e mi spinge nello sgabuzzino.
-Senti - sospira chiudendo la porta e guardando attraverso il buco della serratura -non c'è  tempo per raccontarti tutto, tu non fare rumore e non cercare di scappare di nuovo sennò...- Non fa in tempo a finire la frase che sentiamo il pavimento in legno cigolare.
Il respiro si fa pesante.
Sentiamo dei rumori e lo scroscio dell'acqua.
Mark guarda mi intensamente e si mette il dito sulla bocca.
Io anniusco.
Mima con le labbra che al suo 3 esce e io devo andarmene subito.
Un groppo si forma in gola.
Non voglio restare di nuova da sola.
Anche se non lo conosco bene, ora lui mi sembra l'unica persona di cui mi possa fidare in questo momento.
Ma nonostante ciò, mi devo mostrare forte e non vulnerabile perciò anche se esito,  annuisco convinta.
Lui prende un bel respiro, e proprio mentre l'uomo esce dal bagno , lui spalanca la porta e gli dà un pugno sul naso.
-Vattene!- grida, mentre cerca di tenere fermo l'uomo dalla folta barba bianca.
Prendo rapidamente il mio borsone e scendo le scale. Sono proprio davanti alla porta pronta ad andarmene, quando sento dei vetri andare in frantumi e una colluttazione forte.
Mi mordo il labbro; la mia testa dice di scappare via da qua a mettermi in salvo ma la mia coscienza mi grida di tornare su e aiutare Mark. Perciò corro su per le scale e sento degli scontri e degli oggetti che cadono. Vedo il corpi del vecchio riverso per terra senza sensi mentre Mark è piegato in due sputando sangue.
Non mi fido ancora del tutto di Mark, perciò corro in bagno senza che lui si accorga di me e prendo il fucile dalle mani fredde del cadavere in bagno. Tolgo la sicura e lui si immobilizza.
- Non muoverti.- ordino freddamente, cercando di non far trasparire alcun briciolo di paura o di esitazione.
Lui si gira con cautela.
- Ma dai!- ride -  E questo sarebbe il ringraziamento per averti salvata da questo psicopatico? - esclama indicando con la testa il corpo vicino al letto.
Tengo saldamente l'impugnatura del fucile.
- Che ne so che tu non abbia fatto fuori quell'uomo in bagno e che questo qua in realtà mi volesse salvare da te?- chiedo
Alza gli occhi in cielo.
Più che impaurito pare parecchio seccato dalla situazione. E questo mi irrita ancora di più.
- Be non per deluderti ma sappi che in realtà è stato sto stronzo ad uccidere quel pover uomo che ora si trova nella vasca da bagno- ride.
- Be, sono contenta che io ti diverta, ma perchè mi hai salvata?-
Sospira come se la risposta fosse scontata.
- e te lo chiedo pure?!- e scoppia in una fragorosa risata
- Non sai riconoscere  una persona che ti vuole morta da una che ti vuole salvare, figurati sopravvivere e non finire ammazzata in mezzo a qualche vicolo o che so..-
Sono tentata di premere il grilletto e far sparire quel cazzo di sorrisetto dalla sua stupida faccia, ma purtroppo non ha tutti i  torti; sto puntando un fucile addosso ad un mio vecchio compagno di scuola, nonchè lo stesso ragazzo che mi ha salvato due volte, mentre ho creduto che quello che stava cercando di ucciderci fosse buono.
Stupida cretina.Sei solo una ragazzina. Come credi di poter salvare tua sorella e sopravvivere se non sai riconoscere il bene dal male? Se sei così ingenua e indifesa? È semplice: non puoi.
Finirai uccisa per mano di qualche barbone o stupratore in qualche vicolo e seppellita in mezzo al bosco.
-Allora, pensi di smetterla di puntarmi il fucile oppure dobbiamo restare così tutta la notte aspettando qualche altro psicopatico pronto ad ucciderci per avere un riparo e un nuovo stuzzicante pasto?- esclama interrompendo i miei pensieri.
Esito.
-Prima.. prima però dimmi come facevi a sapere dove mi trovavo.-
Sospira.- Non ti fiderai mai di me non è vero?-
Non rispondo.
- Non ti biasimo- alza le braccia e sospiradi nuovo.-Non ti stavo seguendo se te lo stai chiedendo; sono arrivato prima di te, ho visto il corpo.. e ho capito subito che qualcosa non andava e poi sei arrivata tu..-
Abbassa lo sguardo come se si stesse scusando.
-Perdonami... Io.. Io...- balbetto. Sento che da un momento all' altro le lacrime possano scendere.
Non sei pronta per tutto questo.
Non ce la farai mai.
Sei debole.
Sento appoggiarsi una mano calda sulla mia spalla.
Sussulto e alzo lo sguardo di scatto e le vedo: compassione mista alla  rabbia.
Mi stringe la spalla - ce la faremo- il suo volto di rilassa facendo emergere un piccolo sorriso poco convinto ma dal tutto sincero.

Just one way -  solo un modoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora