3. One drink and the pain goes down

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«E mi raccomando, fate i bravi!» urlò Gerard mettendo la testa fuori dalla porta, salutando con la mano Alex e Mikey, che una di fianco all'altro si dirigevano verso scuola.
Era il primo giorno e nell'aria c'era qualcosa di diverso.
Alex passava le giornate in casa Way. In realtà, non aveva nemmeno più messo piede in casa sua. Aveva mandato Frank a prenderle dei vestiti e altra roba.
Però aveva anche smesso di scattare alla finestra al suono di una sirena della polizia, o di agitarsi quando sentiva squillare il telefono. Col passare dei giorni si era tranquillizzata. Era ridicolo sperare, si diceva.
Quando svoltarono l'angolo Alex dovette strattonare Mikey per un braccio.
«Che c'è?» chiese lui guardandola da dietro i suoi occhiali.
Alex alzò gli occhi al cielo «Andiamo di qui...» disse indicando una via stretta alla sua sinistra.
Mikey aggrottò le sopracciglia «Ma la scuola è da quest'altra parte... » puntualizzò.
Lei alzò gli occhi al cielo «Ma infatti io non voglio andare a scuola.» spiegò.
«Io si però!» si lagnò Mikey come un bambino.
«Ok, fa come vuoi. Ci vediamo oggi pomeriggio. E non dire niente a nessuno, ok?» fece lei, coprendosi la testa col cappuccio della felpa rossa che indossava.
Mikey sbuffò mormorando qualcosa «Non posso mica lasciarti andare da sola. Gerard mi uccide se viene a saperlo.» pensò, guardandosi alle spalle come se suo fratello potesse spuntar fuori da un momento all'altro.
«E se non glielo dico io, e non glielo dici tu, come può venire a saperlo, scusa?».
Mikey ci pensò un pò, poi sospirò «E dove andresti?» chiese rassegnato.
Lei scrollò le spalle «Non lo so, non importa. Non a scuola, sicuramente.».
«E posso stare tranquillo?»
Lei rise «Si, non voglio togliermi la vita, scavare nelle macerie, fare una seduta spiritica né niente del genere, giuro...» disse.
Lui non l'aveva mai vista ridere in realtà, e si sentì sollevato. Le disse di farsi trovare fuori scuola per l'orario di uscita perché probabilmente Gerard sarebbe andati a prenderli, e poi la salutò e si avvio verso il Liceo.

«Ehi!»
Mikey si voltò, e si ritrovò davanti a Frank, che indossava una t-shirt bianca ed un paio di jeans scoloriti.
«Buongiorno.» lo salutò, sperando che non si accorgesse che Alex-
Troppo tardi, l'altro si stava già guardando intorno «Dov'è? L'hai accompagnata in classe?» chiese.
Mikey cominciò a dare i primi segni di nervosismo. Cominciò a giocherellare con la zip della felpa che aveva indossato e rise istericamente immaginando qualcosa da dire, qualcosa di plausibile. Alex e Frank erano in classe insieme, non poteva dirgli "Si, la trovi lì". Certo che no.
Frank lo guardò con un sopracciglio sollevato ed aria incuriosita «Allora?».
«Ehm. Ok, senti, io le ho detto che era un'idea pessima e se Gee viene a saperlo mi uccide, però non potevo mica legarle una palla di piombo alla caviglia e costringerla a seguirmi!» disse sbuffando.
L'altro si schiarì la gola «Che significa?» chiese confuso.
«Quello che ho detto...» mormorò Mikey, abbassando lo sguardo.
Immaginava già la scenata che avrebbero fatto tutti, se ad Alex fosse accaduto qualcosa.
«E' andata a fare un giro da sola. Non voleva venire a scuola, ecco tutto...» chiarì.
Frank sospirò «Che cavolo, e dov'è andata?» chiese preoccupato.
Era ridicolo, si preoccupavano tutti come se fosse una bambina in fasce.
Mikey sbuffò alzando gli occhi al cielo «Non lo so, scusa ma non sono mica la sua guardia del corpo...» disse facendo una smorfia.
«Tranquillo. Vado a cercarla io.» disse l'altro, accennando un sorriso vago, prima di voltarsi ed andarsene.

Quando Alex fu davanti alla vetrina del Cafè fece un respiro profondo. Prese le chiavi della porta da dentro la tasca dei jeans ed aprì.
Era tutto in ordine, e c'era profumo di pulito.
Sapeva che Frank ci aveva passato parecchio tempo negli ultimi giorni, e gliene era grata.
Si diresse verso il bancone. Dall'altra parte c'era, appesa al muro, una foto di lei e Frank con indosso un grembiule verde con sopra il logo del Cafè, e sorrise. Accanto a quella, loro due erano con i suoi genitori. Sorrise anche a loro, come se potessero vederla.
Si sedette su uno sgabello e poggiò la testa sul bancone, con gli occhi chiusi. Provò ad immaginare che fine avrebbe fatto, ora. Doveva guidarsi da sola, e nonostante tutti le stessero dando una mano, prima o poi avrebbe dovuto prendere la sua strada, e la cosa la faceva rabbrividire. Finché c'erano i suoi, sapeva di poter contare sempre su di loro. Era come se avesse la coscienza di poter anche sbagliare, tanto loro l'avrebbero aiutata a rimediare ad ogni errore. Ora invece quel lusso non poteva permetterselo più. Ora doveva fare la persona matura, scegliere la strada giusta.
"Ok, iniziamo domani però..." pensò, alzandosi. Andò dietro al bancone ed aprì un'anta del mobile, quella dove suo padre teneva gli alcolici.
Solitamente prediligeva la birra ad ogni altro tipo di bevanda alcolica, ma per il momento andava bene anche del Bourbon.
Non aveva problemi con l'alcool, nè con la droga, nè niente del genere. Voleva solo provare quella sensazione di leggerezza che quelle sostanze ti potevano regalare. Non osava mai troppo, sapeva dire basta quando sentiva che stava per passare da leggermente sbronza a totalmente ubriaca, ma quel giorno non importava. Se fosse svenuta sarebbe stato anche meglio.
Aprì la bottiglia ed l'avvicinò alle labbra. L'odore forte le fece fare una smorfia. Poi chiuse gli occhi e bevve un sorso lunghissimo, che bruciò prima la gola, poi lo stomaco.
Le venne da tossire, ma si asciugò le labbra con la manica della felpa e poi riprese a bere.

Le confusioni più grandi le procura il CuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora