You're in love with a fool, i'm in love with an angel

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Strinse a sé le lenzuola, portandole al petto, mentre cercava una posizione comoda tra le braccia di Lele avvolte attorno a lei.

Cercò di muoversi piano, trascinando il tessuto con se, tirandolo da sopra i pettorali nudi del ragazzo, scoprendoli. Senza rendersene conto si annodò i piedi, proprio nel momento in cui si alzò per andare dall'altra parte del letto, scavalcando il moro che aveva ben deciso di addormentarsi al centro del letto matrimoniale.
Perse l'equilibrio quando si trovò "legata" i piedi, quasi scivolando sopra il ragazzo, portò le mani ai lati della sua testa, ad un palmo dal suo viso, sfiorandogli il naso.
Rimase a guardare il viso di Lele completamente rilassato per qualche istante, soffermandosi sulle ciglia lunghe, e le labbra leggermente carnose, proprio come le sue. Le baciò, facendo attenzione a non svegliarlo, sorridendo appena si staccò. Non avrebbe mai potuto chiedere di più dalla vita, ora aveva veramente tutto, e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non perdere nulla; soprattutto, per non perdere Lele. Se mai gli accadesse qualcosa, lei avrebbe fatto di tutto pur di salvarlo, al costo della sua vita. Anche se accadeva sempre il contrario, anche se era sempre lui che cercava di non metterla nei guai, lui che la consolava quando era triste, o addirittura disperata. Le poche volte che i ruoli si erano invertiti, erano state quando lui litigava con suo padre che lo aveva sempre sottovalutato, e ritenuto una nullità da quando era piccolo, o quando era morto il nonno di Lele ed al funerale, Elodie lo aveva visto esplodere dentro e trattenere le lacrime, la mascella era serrata, i pugni stretti, e poteva giurare di averlo visto smettere di respirare a momenti pur di sembrare impassibile.
L'aveva preso per mano e trascinato fuori dalla chiesa, sotto gli occhi di tutti. Si erano seduti sugli scalini dell'uscita, e alla domanda di Lele "Perché mi hai portato fuori?" lei aveva semplicemente risposto: "Non puoi soffocare i tuoi sentimenti, o cercare di essere impassibile, lo so quanto era importante per te" ; lui era scoppiato a piangere portandosi le mani al viso, e lei lo aveva abbracciato, stringendolo al se, mentre gli accarezzava i capelli.
Cercò di slegarsi i piedi dalle lenzuola, finendo dall'altra parte del letto, e mettendosi a testa in giù per cercare gli slip che Lele le aveva levato qualche ora prima preso dal momento, e grazie al cielo, non aveva lanciato infondo alla stanza senza neanche guardare dove come aveva fatto con tutti gli altri vestiti, ma semplicemente gettato a terra, affianco al letto. Afferrò da terra l'intimo, e cercò sul comodino il cellulare per guardare l'orario, accecandosi a causa della luce dello schermo; Rimase qualche secondo ad occhi strizzati, prima di poter leggere un tre sfuocato, affiancato dai due punti, e un venticinque.
Decise di alzarsi a bere dell'acqua; accese l'Abat-Jour sul comodino, illuminando debolmente la stanza ed il corpo di Lele, giusto il tempo di trovare una maglietta da infilarsi al momento, trovando solo quella del ragazzo; Si levò di dosso tutte le lenzuola che si era trascinata, lasciando il moro completamente nudo e scoperto, gliele sistemò rimboccandogliele, accarezzandogli la guancia sinistra prima di spegnere la luce e uscire a tentoni fuori dalla stanza, aiutata dalla luce che emanava la Luna, anche se era quasi inutile.
Richiudendosi la porta della sua cameretta alle spalle, accese la luce del corridoio, passando davanti alla stanza del fratello che aveva lasciato la porta socchiusa, decise di entrare, e silenziosamente, sapendo quanto il sonno di Lucas fosse leggero, attraversò l'entrata in punta di piedi avvicinandosi al letto.
Osservò suo fratello che dormiva, al contrario dell'amico, rannicchiato in un angolo, completamente scoperto. La sua cameretta era completamente disordinata, ogni oggetto che utilizzava lo lasciava dove era senza mai rimetterlo apposto.
Era raro ormai vederlo passare la notte in camera sua, come Lele, la maggior parte delle volte stava a casa della ragazza che, al contrario, cambiava ogni settimana; delle volte le aveva portate a casa sua la sera tardi, e Elodie le aveva sentite nel cuore della notte andarsene, altre ancora invece, se le trovava in cucina la mattina dopo mentre lei preparava la colazione.
Lucas non gli parlava più dei suoi rapporti con le ragazze, non lo sentiva più parlare di quanto fosse stato bello uscire con una tipa, di quanto gli piaceva, come spesso faceva qualche tempo prima, il sabato mattina, dove entrambi si sedevano faccia a faccia sull'isolotto al centro della cucina per fare colazione; ormai quei momenti quasi non c'erano più, Lucas spesso se ne stava per i cavoli suoi, ad inviarsi messaggi con qualche ragazza che dopo un po' ignorava, fregandosene di quello che sarebbe successo dopo. Era proprio come se ad un certo punto le volesse respingere, per paura di innamorarsi, e non arrivava mai oltre il sesso, fatto solo per divertimento. Aveva basi disciplinari rigide, era astemio, il massimo che beveva era mezzo bicchiere di alcolico, non fumava, non aveva mai neppure provato, e se mai usciva a qualche festa, la chiamava ogni ora per sapere come andava, dicendogli se sarebbe tornato a casa presto o no, e di chiudere tutte le porte e le finestre prima di andare a dormire.
In parte si sentiva la causa di come era diventato suo fratello. Quando erano più piccoli di qualche anno, in piena adolescenza, si ricordava che moltissime volte Lucas era mancato ad un appuntamento con qualche ragazza solo per colpa sua e della sua pazzia. La doveva tenere sott'occhio ventiquattro ore su ventiquattro, e quelle volte che usciva a comprare qualcosa, la ritrovava sempre in malo modo. Era dovuto crescere più in fretta di lei, diventando un genitore responsabile e severo nei suoi confronti, arrivando delle volte a legarla nel letto pur di non alzare le mani, cosa che non era mai successa. La vita per lui sarebbe stata più semplice se l'avesse portata in un manicomio con la zia Dafne, ma non l'aveva fatto, era rimasto con lei negli ospedali quando era quasi arrivata ad uccidersi se non l'avesse soccorsa, a curarla quando si ammalava saltando la scuola, e a dormire con lei quando faceva gli incubi. Si era rovinato parte degli anni migliori della sua vita, e si era dedicato totalmente alla sorella, mettendola prima di tutto, anche della sua felicità.
Se lei non sarebbe stata così magari ora in quel letto non ci sarebbe stato solo Lucas, nel comodino e sul muro non ci sarebbero state solo foto di lui con gli amici, con lei, o con la famiglia quando erano piccoli. Forse ci sarebbero state anche foto di lui con una ragazza, mentre erano abbracciati, a qualche compleanno di amici e parenti, o in altri posti bellissimi dove erano stati, proprio come quelle che ogni tanto lei si faceva con Lele, e magari non sarebbe stato solo in quel letto, forse ci sarebbe stata una ragazza che si stringeva a lui abbracciandolo, e come era suo solito fare, lui l'avrebbe coccolata fin quando non si fosse addormentata.
Lucas aveva sempre detto che l'amore per lui sarebbe arrivato, che non era colpa di Elodie se si comportava così, e che era felice, ma sapeva che in parte lui ci soffriva. Lucas aveva un cuore troppo grande per non amare nessuno.
Lui si era sempre preso cura di lei, ed era il momento che lei si prendesse cura di lui.
Osservò come era rannicchiato, prendendo le lenzuola che aveva gettato da una parte, e sistemandogliele addosso per non avere freddo, lo baciò sulla fronte, come faceva lui di solito a lei, prima di vederlo girarsi dall'altra parte.
Uscì anche da lì, chiudendo con attenzione la porta bianca, e si avvicinò alle scale accanto alla stanza dei suoi genitori, chiusa a chiave da anni. Da quando era morta la madre non aveva avuto alcuna intenzione di entrarci. In verità era stata lontana da tutto quella che la ricordava, foto, vestiti, perfino il pianoforte che stava in salotto la inquietava, con al foto di famiglia che era appesa nel caminetto, che evitava spesso di osservare. Solo lei sapeva tutti gli spaventi che si era presa quando Lele ogni tanto si metteva a suonarlo, dimenticandosi il fastidio che creava alla ragazza quando suonava qualche canzone che stava nello spartito della madre. Aveva paura che ricordandola sarebbe tornata a soffrire come prima, ed ogni volta che sfiorava i suoi pensieri, subito nella sua mente tornavano le immagini di otto anni prima, con sua madre a terra, il piatto di ceramica rotto in mille pezzi, e lei in lacrime che era solo riuscita a stringere la mano della donna che le diceva che l'avrebbe sempre protetta e osservata dal cielo prima di smettere di respirare. Non era neanche più stata in cimitero dal funerale della mamma. Ma ora che guardava la porta della stanza, forse si sentiva pronta a superare la cosa, nonostante fosse un trauma che le aveva rovinato la vita, ora che si sentiva amata era certa che sarebbe riuscita ad andare avanti; lei avrebbe sempre voluto bene a sua madre, avrebbe sempre cercato di renderla fiera di lei, dopo tutte le delusioni che sicuramente le aveva fatto prendere, e i ricordi sarebbero rimasti tali.
Sfiorò con la mano la porta della camera, scendendo poi le scale silenziosa, fino alla cucina. Si versò un bicchiere d'acqua, per poi prendere lo yogurt alla fragola dal frigo, recuperò un cucchiaino dal portaposate e si sedette su una sedia dell'isolotto a mangiare.
Probabilmente sarebbe rimasta sveglia fino all'alba,ma ciò non la preoccupava; Diede un occhiata al salotto di spalle a lei voltandosi verso la sala,e pensò che per sette giorni: la televisione sarebbe rimasta quasi sempre spenta, il divano sarebbe stato sempre libero e nessun'altro, oltre a lei e il cane, avrebbe fatto sentire i suoi passi all'interno di quelle mura. Il bucato, che era sempre stato pieno, per quei pochi giorni avrebbe contenuto solo qualche suo pantalone e maglietta; sarebbe tornata a casa da lavoro completamente sola, con in tasca sempre il cellulare un po' flippato, che si spegneva da solo; il suo giorno libero avrebbe fatto la solita spesa che faceva nel market vicino a casa, e avrebbe pulito da cima a fondo tutta la casa, e infine avrebbe preso il pullman che portava all'aeroporto per andare a prendere Lele e suo fratello che avrebbe ballato nel video del suo fidanzato.
Avrebbe cercato qualsiasi cosa che avrebbe potuto funzionare come passa tempo, si era ripromessa che avrebbe tenuto il cellulare sempre carico, avrebbe risposto il prima possibile quando Lele l'avrebbe chiamata, spaventandosi quando avrebbe sentito qualche rumore nel cuore della notte, alzandosi con in mano la mazza da baseball per andare a controllare cosa era stato.
Sospirò, mentre girava il cucchiaino dentro il contenitore quasi vuoto, poggiando il viso su una mano. Si osservò il polso sinistro, dove stava il braccialetto con l'inizia del suo nome e quella del ragazzo che amava e sorrise.
Due mani si posarono leggere sulle sue spalle, qualcosa aderì perfettamente alla sua schiena, e due morbide labbra baciarono la sua tempia.
Sobbalzò per lo spavento, poi sorrise leggermente, portando una mano sulla guancia del ragazzo che aveva poggiato una guancia sulla sua, abbracciandola da dietro.
-Non mi piace quando te la svigni dalle mie braccia, soprattutto se te ne vai e non torni subito.- Lele aveva la voce roca e mezzo assonnata e teneva gli occhi socchiusi mentre respirava affondo.
-Scusami se ti ho svegliato, ma non riuscivo a dormire.- Affermò portando le mani sopra quelle del ragazzo, accarezzandole.
-Non mi hai svegliato.- Lele la lasciò, sedendosi accanto a lei.
-Mi stai dicendo che hai finto di dormire tutto il tempo?- Elodie si girò verso di lui alzando un sopracciglio, vedendo il moro sorridere, mentre gli rubò lo yogurt iniziando a mangiarlo.
-Non è facile prendere sonno dopo una notte di pura passione, con il pensiero che il mattino dopo parti, e con la tua ragazza che si rigira nel letto ogni due minuti, mettendoti ansia.- Lele la guardò con un sorrisino inquietante, che ritirò appena la ragazza abbassò lo sguardo.
-Mi dispiace, ma sono agitata per la tua partenza, non volevo farti passare la notte in bianco, davvero.- Elodie lo guardò dispiaciuta, abbassando poi lo sguardo sui suoi piedi scalzi, che dondolavano dallo sgabello troppo alto.
Lele roteò gli occhi, posandoli poi sulla scollatura della maglietta che indossava la ragazza, guardando la pelle bianca.
-Ti senti in colpa per troppe cose, anche insignificanti, sai?- Si avvicinò con lo sgabello a lei, poggiando i gomiti sulla lastra di marmo.
-Anche tu.- Mormorò riprendendosi lo yogurt, e sbuffando quando, guardandone l'interno, lo trovò finito, alzandosi poi a buttarlo nella spazzatura e mettersi a lavare il cucchiaino e il bicchiere che aveva usato, senza voltarsi verso Lele nemmeno una volta.
Il fatto era che entrambi si conoscevano troppo bene; Elodie si sentiva in colpa per tutto, anche per aver schiacciato senza farlo apposta una formica. Era troppo sensibile ed emotiva, cercava di fare tutte le cose da sola, e si metteva contro cose più grandi di lei. Passava le giornate a leggere libri drammatici e romantici, e moriva ogni volta che in televisione c'era l'attore Paul Wesley, del quale Lele era più geloso che mai. Non era mai impazzita per lo shopping, ma passava ore in negozi di musica, o in qualche libreria e si incazzava come una bestia se ne usciva a mani vuote. Metteva se stessa all'ultimo posto, e al primo gli altri, Lele e Lucas in primis, metteva l'anima in ogni cosa che faceva, era pignola, tutto quello che faceva doveva essere perfetto e Lele riteneva di non aver mai visto ragazza più testarda di lei, anche se con lui era la ragazza più dolce del mondo; lo abbracciava ogni tre minuti, ogni volta che stavano sul divano a guardare la tv, e lei era fra le sue braccia, ne approfittava sempre per baciarlo sulla mandibola, sulla guancia e sul collo, e cercava di distrarlo quando guardava le partite, finendo sempre con l'addormentarsi sul divano, abbracciata al bracciolo, e Lele, non importa se fossero a casa sua, o di Elodie, o a dormire da qualche amico, doveva sempre prenderla in braccio e portarla in camera da letto per farla dormire lì, dove, appena anche lui si era sdraiato, lei lo cercava disperatamente con la mano, prima di trovarlo, e accovacciarsi vicino a lui, come una bambina che aveva un disperato bisogno di sentirsi al sicuro.
Lele invece se ne fregava altamente di ogni cosa che non riguardasse lui, e da quando stavano insieme, Elodie. Non aveva pazienza per nulla, e non sopportava per niente i bambini, tranne quando dormivano. Se usciva per comprare una maglietta, tornava a casa con almeno quattro paia di pantaloni nuovi, sei magliette, due giacche e un paio di scarpe. Proteggeva ogni persona che amava, e quando si metteva, era un grandissimo stronzo. Era di poche parole, delle volte più timido di Elodie, e molto ambizioso. Si incazzava come una bestia se i suoi strumenti da pittura erano fuori posto da come li aveva lasciati, o quando le sue cose sparivano, per colpa del fratello più piccolo. Aveva il sonno più pesante di un bue, e se russava, Elodie doveva dargli una gomitata nelle costole per farlo smettere,e in casi estremi, dormire sul divano. Avrebbe passato ore a vedere la sua ragazza dormire, adorava viziarla, ed era gelosissimo. Prima dei sedici anni pensava che l'amore era una trappola mortale, finché anche lui non cadde, amando in ogni modo possibile. Elodie per lui non era solo la sua ragazza, era anche la sua migliore amica, una sorella acquisita. E nei suoi confronti era super protettivo, come un papà che sta dietro la sua bimba per paura che cada e si sbucci il ginocchio.

Secondo Michele, quei due sembravano una coppia di quarantenni sposata.
-Non è vero.- Ribatté il moro mentre osservava la ragazza.
-Stanotte, ti sei sentito in colpa perché il tuo "verme" è entrato nella mia "patata" senza chiedere il permesso.- Mimò le virgolette con le mani, voltandosi verso il ragazzo a petto nudo poggiato sui gomiti. Accennò un sorriso quando lo vide ruotare gli occhi per l'ennesima volta, si spostò verso la dispensa, mettendosi in punta dei piedi per afferrare il barattolo della Nutella.
-Si chiama educazione sessuale, lo sai che a letto sono un signore. - Si morsicò il labbro, mentre fissava Elodie muoversi da una parte all'altra della cucina, con la maglietta che le faceva da vestitino perché troppo grande, lasciando le gambe nude.
-Tu non sei un signore, ma uno stupratore con i sensi di colpa.- Immerse un dito nel barattolo aperto, portandoselo poi nella bocca, lanciando un occhiata veloce al ragazzo, che continuava a fissarla.
-Lo sai che non voglio farti male, voglio solo il piacere reciproco, mischiato al nostro amore.- La guardò sorridendo, fissandola fino al punto di metterla in imbarazzo, Elodie arrossì abbassando lo sguardo sui suoi piedi scalzi. Il suo cuore si squaglio alla dolcezza con cui Lele le parlava ogni volta, facendola sentire il centro del suo mondo. Sorrise anche lei, pensando a quando lo amava, in quel momento l'avrebbe stretto a se riempiendolo di baci, di carezze, come sapeva che gli piaceva essere coccolato, ma era come se avesse paura a mostrare questo suo lato tenero.
Senza rendersene conto, Lele si era messo di fronte a lei, aveva preso il barattolo dalle sue mani mettendolo accanto al lavandino, e fissava il suo collo scoperto, quasi con la voglia di morderlo.
Elodie poggiò delicatamente una mano sul petto nudo del ragazzo, inclinando leggermente il viso come per poterlo osservare meglio, sentendolo sussultare al suo tocco. Il moro con la mano le abbassò la maglietta, scoprendole una spalla.
-Dì qualcosa, parlami.- Sussurrò facendo scendere la mano mentre le sfiorava il braccio.
-Perché ogni volta che siamo così vicini, e mi parli in questo modo, vado in iperventilazione? - Alzò gli occhi per fissarlo meglio, mentre lui si avvicinò di più a lei.
-Perché sei innamorata di me, credo. Tu mi ami, vero?- Lele la guardò ansioso, aspettando, prendendole le mani affusolate, e portandole sul suo petto.
-No.- Affermò guardandolo seria; e Lele per poco non si sentì morire.
-Sono follemente , immensamente, perdutamente, innamorata di te, e non dovresti mai metterlo in dubbio.- Sussurrò sorridendo, mettendogli le braccia attorno al collo.
Si mise in punta dei piedi per baciargli la punta del naso, prima che il ragazzo la prese in braccio portandola sul divano.
- Stanotte non ho fatto una cosa. - Mormorò Lele, osservandola divertito, mentre Elodie cercava di capire cosa intendeva fare.
Osservò dove gli occhi di Lele la fissavano, e come si leccò le labbra. No, non si sarebbe fatta fare un altro succhiotto, ancora aveva i segni di quello che le aveva fatto la prima volta, e non voleva preoccuparsi ogni volta che il foulard che era costretta ad indossare, coprisse bene la macchia.
-Lele, se ci provi soltanto ti stacco il pisello, e non penso che vuoi rimanere senza.- Scivolò via dalle braccia del ragazzo, iniziando a correre verso il bagno.
Non era molto abile nella corsa, infatti, come una cretina, si fece subito acchiappare e mettere spalle al muro.
Lele l'afferrò per le piccole spalle, inserendo una gambe tra le sue cosce magre, e avvicinando il viso al suo.
-Ora che ti ho preso cosa mi fai?- Mormorò con un mezzo sorriso, facendo sfiorare i loro nasi più volte.
La stretta forte, ma allo stesso tempo delicata di Lele, non aiutò il cuore di Elodie a battere forte. Poteva sentirlo pulsare in gola, nello stomaco, addirittura il sangue che pompava sulle mani era forte.
Il moro incollò il suo corpo a quello della ragazza, spostando le mani, per intrecciarle alle sue.
-Niente, assolutamente niente.- Sussurrò fissandogli le labbra.
Erano le labbra più belle che aveva mai visto.
Lele la lasciò con il fiato sospeso, slegando le loro mani, e mordendosi quasi a sangue il labbro inferiore fissandole gli occhi.
-Corri a farti una doccia nel bagno di sopra, e mettiti qualcosa di comodo, usciamo.- Girò i piedi senza dire altro, ed Elodie lanciò un occhiata all'orologio a pendolo.
-Sono quasi le quattro del mattino, dove vuoi andare a quest'ora?- Lo rincorse, aspettando poi che si voltasse.
-In spiaggia, a vedere l'alba, non accetto un no.- E detto ciò, spari dalla stanza.

***

-Sei pronta?- Lele sbucò dal portoncino all'ingresso, con un paio di chiavi in mano.
In quei quindici minuti che era sparito, mentre lei era sotto la doccia, era andato a casa sua a lavarsi, cambiarsi, prendere l'auto della madre e tornare; mentre lei, aveva dovuto anche preparare la borsa da spiaggia, mettendoci dentro il sacco a pelo, qualche asciugamano, e del cibo.
-Si, eccomi, aspetta un attimo.- Affermò salendo in fretta le scale per andare dal fratello.
Entrò nuovamente in punta dei piedi, sedendosi sul letto, agitando un po' la spalla del ragazzo che dormiva.
-Ehi Lucas.- Sussurrò vicino al suo orecchio, ricevendo di risposta un mugolio.
-Io e Lele stiamo uscendo, volevo avvisarti, in caso ti svegliassi e ti chiedessi perché non siamo in casa.- Continuò sbattendo le palpebre più volte.
Lucas fece un cenno di si con la testa, tenendo comunque gli occhi chiusi.
-Allora vado, ti voglio bene.- Gli schioccò un bacio sulla, guancia, prima di osservarlo un ultima volta e andare via.
Lele si poggiò sullo stipite della porta sbuffando, mentre batteva insistentemente il piede, si voltò verso le scale che la ragazza aveva precedentemente percorso, rendendosi conto di non aver neanche fatto in tempo a vedere come si era vestita; fuori c'era vento, e non voleva che si ammalasse.
Era teso, per lui quei sette giorni sarebbero stati infernali, e solo sapere che la sua ragazza sarebbe potuta partire con lui, e lei aveva rifiutato, gli faceva solo male; "non posso lasciare Black solo, poi devo lavorare, e sarei solo di intralcio, mi dispiace" aveva detto appena le aveva chiesto di andare con lui, e senza accorgersene, aveva distrutto emotivamente il ragazzo; non aveva insistito, non l'avrebbe mai costretta a fare qualcosa che lei non voleva, ma c'era davvero rimasto male.
Si tastò le tasche del pantaloni, alla ricerca dell'accendino e del pacchetto delle sigarette, ricordandosi solamente dopo qualche decina di secondi che aveva smesso di fumare; non toccava una sigaretta da quasi un mese, soltanto per Elodie.
Sbuffò per l'ennesima volta, incrociando le braccia, prima che una massa di peli bianchi si mise davanti a lui, muovendo la coda da una parte all'altra.
-Cosa vuoi ora?- Ruotò gli occhi al cielo, mentre guardava il cane che, nonostante fosse enorme, aveva improvvisamente fatto una faccia da cucciolo, quella che faceva sempre alla padrona, con gli occhioni dolci, e qualche mugolio tenero.
Il moro capì al volo il piano malefico che aveva il cane, voleva andare al mare con loro, fare buche ovunque, magari lanciandogli pure sabbia addosso mentre scavava, ed infine, quando si sarebbe annoiato, si sarebbe messo a fare il terzo incomodo rompendogli le scatole per rovinare tutto, ormai lo aveva capito, non era la prima volta che lo faceva. Tantissime altre volte, anche mentre guardavano un film accoccolati sul divano, come una giovane coppietta di innamorati, lui si era messo davanti alla televisione o la spegneva con il muso, dopo aver furtivamente preso il telecomando, scappando via.
Magari lo faceva perché si sentiva solo, come i bambini piccoli, che quando non si sentono calcolati cercano di attirare l'attenzione nei peggiori dei modi, ma non doveva comportarsi così, non ne aveva ragione.
-No Black, stavolta rimani a casa.- Affermò alzando il sopraciglio, rise quando il cane trasformò il suo tenero musetto in quello di un divoratore di umani.
-Senti, potrai stare da solo con Elodie per sette giorni, ti dedicherà tutte le attenzioni del mondo, cosa che già fa, e ti riempirà di coccole, quindi, stasera, lasciala sola con me, poi non me ne frega un cazzo, basta che non sei in calore e cerchi di stuprarla, sfoga i tuoi istinti sessuali da qualche altra parte, altrimenti non li avrai mai più perché te lo taglio, ora sparisci.- Concluse con un sospiro, ma il cane non si mosse nemmeno di un centimetro, al contrario, quasi a dispetto, si sdraiò sul pavimento, osservandolo dal basso verso l'alto.
-Quanto sei rompi cazzo, santo cielo.- Mormorò, voltandosi di nuovo verso le scale, sentendo i passi di Elodie.
Spalancò gli occhi quando vide il vestitino bianco che avvolgeva la ragazza, che arrivava a metà ginocchio, con le spalline strette, e cercò mentalmente di non saltare addosso.
-Cosa porca puttana ti sei messa?- Quasi urlò mentre avanzò verso la ragazza che aveva la borsa in spalla.
La scrutò dalle punte dei capelli fino a quelle dei piedi, mentre Elodie si osservò, chiedendosi se aveva sbagliato abbigliamento.
-Devo cambiarmi?- Chiese, quando Lele era più vicino a lei, che continuava a fissarla.
-Assolutamente no- Affermò afferrandola per una mano, mentre con l'altra, prese in passata dall'attaccapanni una giacchetta.-Sei bellissima amore.-Continuò sorridendo.
Con un balzo scavalcarono il cane sdraiato all'entrata, chiudendo poi il portoncino, avvicinandosi all'auto.
Elodie si fermò un secondo ad osservare la mini-cooper rossa fiammante parcheggiata nel vialetto, lasciò la mano del ragazzo, stringendosi nelle spalle.
Non era più salita in auto con Lele, nel cuore della notte, dal giorno che avevano avuto l'incidente, ed ora, al solo pensiero che sarebbe potuto succedere qualcosa, aveva paura.
Non era stata colpa del ragazzo tutto ciò, però era come se, salendo nell'auto, avrebbe potuto rivivere tutto quanto, e non voleva.
Cercò di trascinarsi i piedi, per arrivare al veicolo, prima che Lele si rigirasse, aspettandola.
-Qualcosa non va?- Chiese osservandola, ed Elodie non sapeva che rispondere.
-No, niente.- Mormorò soffocando le parole, entrando poi in macchina, sospirando.
Gettò la borsa sul sedile posteriore, allacciandosi la cintura, mentre Lele saliva in macchina.
Le gambe le tremarono appena si sentì il rombo del motore che si accendeva.
Chiuse gli occhi deglutendo, stringendo il vestito tra le mani. Riaprì gli occhi quando una mano si strinse nella sua coscia. Il moro la osservava preoccupato, ed Elodie non poté fare altro che stringergli la mano.
-Non succederà niente Elo, la strada è interamente illuminata da lampioni, a due corsie, e noi andremo piano.- Mormorò dandole un sorriso rassicurante.
La ragazza lo guardò negli occhi, capendo che non aveva davvero niente per cui preoccuparsi, accennò un sorriso, accarezzando con il pollice la mano del ragazzo che teneva stretta.
-Lo spero, anche perché nostro figlio nasce tra poco, e voglio prenderlo in braccio.- Rispose cercando di essere ironica, alludendo a tutte le volte che Lele diceva che lei era incinta,di un bambino che in realtà non è mai esistito. Si portò la mano libera sulla pancia massaggiandola, come se fosse veramente in dolce attesa.
-Hai ragione, nostro figlio deve vedere quanto lo abbiamo aspettato, non è vero piccolino?- Il moro portò la mano sulla pancia della ragazza, schioccandoci un bacio sopra, prima di sollevare il capo, e baciare anche le labbra della ragazza.
Si staccò da lei, tirando il freno a mano, e uscendo il retromarcia dal vialetto della casa.
***

-Mi hai portato proprio qui?- Elodie dovette alzare la voce di tre quarti per farsi sentire dal ragazzo e sovrastare il suono delle che si scontravano sulla riva e sugli scogli.
-Si, è la spiaggia più riparata dal vento che c'è- Lele tornò un paio di rocce indietro per raggiungere la ragazza, prendendole la borsa un po' troppo scomoda che aveva in spalla, per aiutarla ad essere più agile nei movimenti.
Elodie sorrise quando, dando la borsa a Lele, quest'ultimo le rubò un bacio a stampo tornando velocemente qualche scoglio più avanti; rimase immobile per qualche istante, fissando al buio le pietre davanti a lei.
Lele era veramente tutto quello di cui aveva bisogno, Ogni piccola cosa di lui, lo rendeva unico e speciale. Ed ogni contatto con lui: un abbraccio, una carezza, e anche un bacio a stampo rubato, proprio come quello che le aveva appena dato, le facevano ricordare quanto poteva amare tutto di lui. Nelle labbra poteva ancora sentire come si erano posate quelle del ragazzo, la pressione che avevano fatto sulle sue, e il desiderio di riaverle ancora appena si era staccata.
Era rimasta con il viso leggermente alzato proprio come l'aveva messa Lele, sollevandoglielo con le dita per arrivare alla sua bocca, mentre lui si era leggermente chinato verso di lei, semplicemente perché era un po' bassa in confronto a lui.
Non importava quante altre migliaia di volte si erano baciati; Elodie avrebbe ricordato sempre ogni sensazione che provava, come fosse stato il loro primo bacio, quello sotto la pioggia di qualche anno prima dato con sorpresa, e tutto l'amore di cui aveva bisogno in quel momento.
-Muovi il culetto Elo, siamo quasi arrivati, non fermarti proprio ora.- L'urlo di Lele, molto lontano da lei, la fece distrarre dai suoi pensieri.
-Arrivo! Dammi il tempo di raggiungerti.- Urlò di ricambio.
Si scalzò per essere più svelta nei movimenti, tenendo le ciabatte con una mano.
Quando le mancava un saltello, per raggiungere il moro, quest'ultimo le tese la sua mano che lei afferrò prontamente, tirandola poi a sé, facendola finire tra le sue braccia, la strinse a sé, come per proteggerla, baciandola sulla fronte.
-Te l'ho detto quanto sei bella?- Inchinò leggermente il viso per guardarla negli occhi, tenendo le labbra socchiuse.
Elodie sorrise, abbracciandolo di più.
-No, ma mi hai detto che con questo vestito sembro una medusa.- Elodie alzò il viso per guardarlo, ricordandosi quello che le aveva detto il ragazzo in macchina, ad un certo punto, quando erano fermi ad un semaforo, ed immaginando, come sarebbe stato essere davvero una medusa.
-Una medusa sexy .- Ribadì stringendola di più.
-Tu invece sei un opossum.- Mormorò, e Lele si staccò per guardarla meglio, con una faccia allibita.
-Ma sono il tuo opossum.- Affermò.
-Si, il mio opossum sexy.- Gli baciò il mento, rise, prima di scappare via superandolo, cercando di raggiungere la piccola spiaggia che si intravedeva, poco distante.
-Ora devi aspettarmi tu!- Lele sorrise, cercando di raggiungerla. Portò una mano sulla tasca del pantalone, per controllare se c'era la scatolina, appena la sentì sotto il suo tocco, il suo sorriso si allargò. Non avrebbe passato notte migliore di quella.

***

-Non fare il tirchio, lo voglio io l'ultimo marshmallow, per favore.- Elodie cercò di afferrare il sacchetto che il moro teneva in mano, ma quest'ultimo la spostò con velocità, portandolo lontano da lei.
-Neanche morto, proprio perché e' l'ultimo rimasto.- Ribadì il ragazzo, voltandosi verso di lei; -Però possiamo dividerlo.- Continuò poi, afferrando con i denti i marshmallow, avvicinandosi poi al viso di Elodie, aspettando che mordesse l'altra parte.
Si leccò le labbra dopo aver ingoiato, sdraiandosi sull'enorme asciugamano dove lui e la ragazza erano seduti.
Il vento era leggero, ma il freddo si sentiva, Elodie afferrò il sacco a pelo dalla borsa, aprendolo, per sistemarlo sopra Lele che la osservava, per poi affiancarsi a lui, stringendosi il sacco a sé.
Il sole non era ancora sorto, e nel cielo, le stelle brillavano come tanti piccoli brillantini; se in città si potevano vedere al massimo quattro stelle, al mare, con la piccola lanterna che si erano portati dietro, potevano vederne a migliaia, come fossero un prato di girasoli.
-Il cielo è bellissimo stasera.- Mormorò continuando ad osservarle.
Lele non rispose, portò semplicemente un braccio attorno alla ragazza, continuando a fissare il cielo stellato.
-Sai una cosa? Ho sempre voluto fare l'amore in spiaggia, in una notte come questa. Prima di stare con te non ci avevo mai pensato a queste cose, invece, da quando sei entrata nella mia vita, non faccio altro che pensare a te, a come potrei dimostrarti quanto ti amo, e a tutte le cose più sdolcinate e romantiche che potremmo fare.- Dopo qualche decina di minuti di silenzio, il moro tornò a parlare guardandola dolcemente.
Elodie si voltò ad osservarlo, sorridendo a trentadue denti, prima di saltargli letteralmente addosso, riempiendolo di baci, continuando a sorridere.
-Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata, sei il cambiamento che mi serviva, l'amore di cui avevo bisogno, il coraggio che non ho mai avuto. Sei tutta la mia vita.- Mormorò baciandolo con ancora più foga.
Al ragazzo quasi scoppiò il cuore a quelle parole, pensò che quel suo piccolo desiderio si sarebbe realizzato in quel momento, quando si ricordò di quello che aveva in tasca.
Avrebbero potuto fare l'amore tantissime altre volte, ma ora no, lui aveva una cosa più importante da fare.
Staccò controvoglia le labbra di Elodie dalle sue, spingendola piano accanto a lei.
-Aspetta, prima c'è una cosa importante che devo fare.- La baciò a stampo un ultima volta, prima di infilare una mano dentro la tasca, ed estrarne una piccola scatolina color carta da zucchero.
Elodie inarcò un sopracciglio nel vedere quella scatola, guardando poi il ragazzo, più agitato che mai, che sospirò cercando di calmarsi.
-Lele cos- Non riuscì a finire di parlare, che una mano le tappò una bocca, zittendola.
-Non dire niente, fammi parlare, per favore.- Non la guardò in faccia, si rigirava tra le mani quella piccola scatolina, come fosse un antistress.
Alzò lo sguardo verso la ragazza e pensò che non c'era cosa più bella di lei, doveva solo far parlare il suo cuore.
-Hai presente quel momento in cui la tua vita ha bisogno di una svolta? Una svolta che ti distrugge il cervello e fa scoppiare il cuore, quella che ti fa fare le pazzie più impensabili, che ti costringe a metterti il mondo intero contro, perfino le persone a cui vuoi bene, e che soprattutto, ti fa amare quelle che non hai mai pensato che occupassero il tuo cuore? Tu per me sei stata questa svolta, e posso giurarti che non avrei mai pensato di innamorarmi di te, non così tanto. Prima di conoscerti, prima di vederti per la prima volta, ti ho sempre considerato una ragazza da evitare; ma poi ti ho visto poggiata sullo stipite di una porta qualche anno fa, e non ho potuto far altro che pensare quanto ti avrei voluto nella mia vita. Non sai quanto mi sono pentito delle parole che avevo detto prima di conoscerti.-Fece un respiro profondo, cercando disperatamente gli occhi di Elodie, fissi a guardare il vuoto, inespressivi, avrebbe voluto andare avanti di quel minuto quando quella strana dichiarazione sarebbe finita, ma era impossibile, e ora non poteva tirarsi indietro.
Sollevò con un dito il viso di Elodie, costringendola a guardarlo, si sciolse quando si suoi occhi lucidi lo fissarono.
-Lucas per primo, appena aveva visto qualcosa tra me e te, aveva cercato di separarci; io ero un coglione, avrei finto di amarti per portarti a letto e poi spezzato il cuore lasciandoti per mettermi con un'altra ragazza che avrebbe fatto la tua stessa fine, sarei dovuto essere io quello che ti avrebbe fatto soffrire; Lui voleva proteggerti da me, senza rendersi conto che sei stata tu, quella che ha fatto soffrire me. Mi hai strappato il cuore senza farmi neppure l'anestesia, e io mi sono innamorato di te in pochissimo tempo. Tu stavi male con te stessa, ed io dovevo aiutarti, perché se stavi male io soffrivo il doppio, e se ti avrei perso.- Riprese il fiato cercando di calmarsi.- Io sarei morto dentro.- Continuò, in un sussurro, con gli occhi lucidi, mentre Elodie a momenti sarebbe scoppiata a piangere.
-Quando abbiamo avuto l'incidente, e tu eri in coma, i medici hanno detto che non ce l'avresti fatta, e mentre tu "dormivi" ti ho fatto tantissime promesse, e le voglio mantenere; e tra queste, se tu lo vorrai, c'è pure in nostro matrimonio.-
La ragazza scoppiò a piangere quando il moro aprì la scatolina, porgendole un piccolo anello in oro bianco, con tre diamanti incastonati.
-Tua fratello mi aveva detto di aspettare, perché le cose potrebbero cambiare con il tempo, ma io sono certo di quello che sto facendo, so che voglio passare tutta la mia vita con te, voglio sapere che se mai farò un tour e tu non potrai venire con me, potrò chiamarti per sentire la tua voce, potrò correre in aeroporto quando tornerò da te, e saltarti letteralmente addosso abbracciandoti, perché mi sembrerà un sogno poterti riavere tra le mie braccia, voglio prenderti in braccio appena ci sposeremo, per varcare la porta di casa. Voglio che tu ci sia a tutte le mie premiazioni, e voglio che tu sia la madre dei miei figli, voglio starti vicino quando starai male per colpa della gravidanza, e voglio stringerti la mano quanto dovrà nascere. Prenderlo in braccio, lasciare che stringa il mio dito troppo grande per la sua manina, e fargli capire che andrà tutto bene, perché lo proteggerò anche al costo della vita.-
Sorrise, mentre la ragazza cercava di asciugarsi le lacrime, finendo soltanto col farne scendere ancora di più.
Lele la fece mettere in piedi, mentre lui si mise in ginocchio, davanti a lei, prendendole la mano sinistra.
-Elodie Di Patrizi, non importa fra quanti anni, ma, mi vuoi sposare?-
La ragazza si portò una mano al viso.
-Sei un pazzo, un grandissimo pazzo.- Mormorò mentre lo fissava dall'alto verso il basso.
Il moro rise, mentre anche a lui gli occhi luccicarono.
-Tu sei innamorata di un pazzo, ed io di un angelo, penso che siamo pari. Allora?-
-Si.- Sussurrò troppo piano, da non riuscire a farsi sentire.
-Cosa?-
-Si, ti voglio sposare.- Affermò, e Lele per poco non esplose dalla gioia.
Le infilò l'anello all'anulare sinistro, alzandosi poi in piedi per abbracciarla, buttandola sul telo.
Ora la sua vita era veramente completa.

I'll be back || Lele Esposito e Elodie Di PatriziDove le storie prendono vita. Scoprilo ora